Topolino e la dimensione Delta
È innegabile che una buona parte delle storie a cui siamo più legati siano quelle che abbiamo letto nella nostra infanzia, a cui oltre che una passione dovuta alla bellezza stessa della storia, siamo legati anche da un certo affetto che spesso ci fa dimenticare gli eventuali difetti che quella storia possiede.
La vignetta del titolo della storia, con la “famosa” didascalia di apertura.
Poi invece ci sono quelle storie che “fulminano”, che indipendentemente dal luogo e dal momento, mentre le leggi ti accorgi di trovarti di fronte ad un Capolavoro.
Io Topolino e la Dimensione Delta l’ho letta per la prima volta a 16 anni dentro ad un supermercato, seduto sopra un carrello. Scena abbastanza comica, se vogliamo, anche se bisogna specificare che il carrello era molto grosso e molto basso, simile a quelli degli aeroporti, ed io ero talmente immerso nella lettura che altrimenti non sarei riuscito a restare dietro a mia madre, che avrei dovuto accompagnare negli acquisti.
Ma andiamo con ordine.
Tutto comincia quando, trascinato da mia madre in questo oramai fantomatico supermercato, sullo scaffale dedicato ai periodici da edicola (scaffale che ora, tra le altre cose, non c’è neanche più) arraffo il numero dei Grandi Classici in quel momento in edicola, il 212, per sfogliarlo e passare un po’ il tempo, quando vedo che in apertura c’è quella storia che da tempo era in cima delle storie da leggere! D’altronde non era solo una storia del mio autore preferito, o una storia con uno dei miei personaggi preferiti (Atomino), no, era LA PRIMA STORIA con Atomino. Non potevo credere ai miei occhi: finalmente, dopo averla cercata tanto, avevo la possibilità di leggerla, e giustamente iniziai immediatamente.
Quindi la Dimensione Delta, nella mia strana esperienza, non aveva contro l’avanzare dell’età e la perdita di quel sense of wonder proprio dei bambini, ma ha dovuto combattere anche contro la mostruosa aspettativa che mi ero creato da quando avevo saputo della sua esistenza. E ha trionfato: mi sono immediatamente reso conto che mi trovavo davanti ad un vero e proprio capolavoro.
Quella grandissima aspettativa che avevo venne già da subito ampiamente ripagata, infatti, non ci si può non immergere completamente (e fin troppo, nel mio caso) nell’incredibile mix di mistero e divertimento che questa avventura porta con sé.
Forse non erano solo ciambelle…?
La divisione in due parti sancisce una separazione che non è solo fisica ma anche concettuale: la storia effettivamente si compone di due sezioni che somigliano quasi a due avventure distinte, benché naturalmente strettamente collegate: quello che potremmo definire “il mistero delle nevicate” e l’avventura nella Dimensione Delta vera e propria.
A tal proposito grande è stata la mia sorpresa quando, anni dopo la prima lettura, nella collana del Corsera dedicata all’autore, ho scoperto che il primo titolo a cui aveva pensato Scarpa era proprio “Topolino e il mistero della neve luminosa“, a sancire l’importanza che questa parte ha all’interno della narrazione.
La grande idea di Scarpa è stata proprio nel lasciar la risoluzione dell’arcano nella seconda metà della storia, assieme all’azione vera e propria, facendola precedere da un giallo misterioso ed entusiasmante.
L’inquietudine traspare già dalle prime tavole, con Topolinia che viene colpita da stranissime precipitazioni nevose, la cui origine ben presto si rivela essere indecifrabile. Si tratta dell’inizio un terribile ricatto, con la minaccia di nuove e ben più mortifere nevicate, se non verranno versate all’ignoto ricattatore somme di denaro sempre più ingenti e insostenibili. Il pericolo è tangibile e Scarpa è bravissimo nel stemperarlo con una serie di vignette di stampo prettamente comico che forniscono anche un contesto a tutta la vicenda (le reazioni più disparate dei topolinesi nei confronti degli inusitati fenomeni atmosferici, la gag alla stazione radio, le infruttuose ricerche del misterioso attentatore). Interessante notare la gag visiva del latte versato fuori dal pentolino nella settima e nell’ottava tavola, che permette all’autore di rappresentare il soliloquio e una lunga telefonata di Topolino, senza aver così bisogno di inserire baloon troppo grandi e senza risultare noioso, come magari sarebbe stato con l’utilizzo di banali primi piani.
“E’ scaltro!”
In questo modo Scarpa riesce, meravigliosamente, dapprima a non svilire il commissario, che mantiene la sua dignità anche se non riesce a risolvere un caso che evidentemente va oltre la sua (e la nostra) capacità di comprensione; ma allo stesso tempo non rende odioso Topolino, il quale ha l’umiltà di entrare nella vicenda dalla porta di servizio, grazie alla sua intelligenza e alle sue capacità . Vicenda che non avrebbe saputo risolvere nemmeno lui, senza qualche piccolo aiuto. Il rapporto tra i due personaggi è sincero è credibile, Topolino dimostra un grandissimo rispetto per il commissario e per il suo ruolo, e allo stesso tempo Basettoni non fa nulla per nascondere la stima e l’affetto che prova per questo “scaltro ragazzo”.
“Nello stesso momento, in un posto inaccessibile, né in città , né fuori città ” è la celebre didascalia con cui l’autore ci introduce alla Dimensione Delta. In realtà non sappiamo ancora dove sono ambientate queste misteriose vignette dove due oscuri personaggi, che Scarpa per il momento non ci presenta né ci mostra in volto, confabulano fra di loro. Tutto questo non fa altro che aumentare nel lettore la curiosità e l’indecifrabilità della vicenda. Tra i due il più particolare è un personaggio che ha la forma di un bimbetto, un ragazzino con delle strane palline sopra la testa, e che incontriamo anche qualche pagina dopo, alle prese con Minni, quando lo scopriamo possedere strani poteri.
Il momento dell’incontro tra Topolino e Atomino Bip-Bip non manca di “sorprendere” il nostro eroe…
E finalmente anche noi, assieme a Topolino, con grande sorpresa facciamo la sua conoscenza: è Atomino Bip-Bip, un atomo ingrandito due birilliardi di volte, dagli straordinari poteri, come ad esempio il flusso di mesoni, capace di tramutare una materia in un’altra. La sua entrata definitiva in scena sancisce anche la divisione fra le due parti della storia. Come vero e proprio Deus Ex Machina permette a Topolino e al lettore di capire cosa è successo fino a quel punto, ci trasporta nella fantastica Dimensione Delta (un infinito spazio vuoto) dove Mickey rincontra un vecchio amico, di Gottfredsoniana memoria: il Dr. Enigm, l’uomo nuvola e pioniere dell’era atomica, che Scarpa ripesca per l’occasione. Dopo un primo momento in cui Topolino sospetta addirittura del suo amico, la situazione diventa chiara: c’è un secondo atomo, Bep- Bep, che è, non da solo, responsabile dei problemi che affliggono Topolinia, e Atomino si offre di tornare sulla dimensione terra con Topolino per aiutare il nostro eroe. Resta solo da capire quale sia la mente criminale dietro tutta la vicenda. Che, con un secondo viaggio nella dimensione delta, scopriamo essere nientemeno che il vecchio Pietro Gambadilegno, crudele e megalomane come non mai, deciso a conquistare il mondo. Un lontanissimo parente del ladruncolo da quattro soldi che purtroppo, Casty a parte, siamo abituati a vedere negli ultimi anni. La scena in cui Bep-Bep, non cattivo ma ingenuo e strumentalizzato da Pietro, viene riportato alle dimensioni di atomo è fortissima, forse la cosa che più si avvicina a un omicidio in tutto il fumetto Disney.
Il tutto poi come sempre viene accompagnato da divertentissimi siparietti tra i due mortali nemici, ricordo la scena in cui Topolino viene scambiato da Gambadilegno per un “pregevole dipinto“, oppure quando Mickey medica Pietro: “non sopporto la vista del sangue… del MIO sangue, naturalmente“, nel bel mezzo di un duello fra i due che è passato alla storia.
Cos’altro aggiungere? Posso solo ribadire che questa storia è un capolavoro e che, senza dubbio alcuno, se io sono e sono rimasto un grande appassionato di fumetto Disney una gran parte del merito è di Romano Scarpa e di questa storia qui.