Le interviste del Papersera – Sergio Badino
Strane cose accadono nello studio dove lavora Sergio Badino…
È una delle prime vere giornate estive di sole, e sono atteso a Genova, nello studio dove lavorano Sergio Badino, Francesco D’Ippolito, Andrea Ferraris, Andrea Freccero, Vitale Mangiatordi e Giovanni Bruzzo (Mister No, Brad Barron). C’è anche Enrico Faccini, venuto a fare visita ai colleghi.
L’atmosfera che mi si presenta nello studio è cordiale e festosa: gli autori sono da poco tornati dal meeting dei collaboratori disneyani che si tiene ogni anno all’isola d’Elba, e fanno bella mostra di sé due Topolini (o Topoloni come vengono scherzosamente chiamati) d’oro. Si può dire che gli autori genovesi abbiano fatto incetta di premi, quest’anno: Enrico Faccini ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura, Andrea Ferraris quello per i migliori disegni e Maria Luisa Uggetti il premio alla carriera.
Sfrutto il poco tempo che ho a disposizione nello studio per scambiare due battute e scherzare, ma questo passa in fretta e gli artisti devono tornare al lavoro, mentre con Sergio Badino e Andrea Ferraris (la cui intervista pubblicheremo in seguito) ci dirigiamo in un bar sotto lo studio che a quanto mi dicono frequentano abitualmente e dove terremo la nostra intervista/chiacchierata.
Tommy: Allora, Sergio, innanzitutto illustra la tua carriera ai lettori.
Sergio Badino: Ho iniziato volendo fare il disegnatore e sono stato alla scuola del fumetto di Milano. Lì ho avuto come maestro Alberto Savini, il quale mi ha fatto appassionare alla sceneggiatura e mi ha portato alla Disney dove ho pubblicato le prime cose.
Una vignetta della serie di autoconclusive realizzate da Badino.
La seconda cosa che ho fatto tra l’altro è stata disegnata da Andrea Ferraris: erano tavole autoconclusive di Paperinik, che ha disegnato quando ancora non ci conoscevamo. Una volta successivamente incontrai per caso quando tornavo da Milano in treno lui, Freccero, Mazzarello e un quarto che forse era Francesco (D’Ippolito n.d.r.). Io stavo leggendo “Graphic Storytelling“, il libro di Will Eisner; di fronte a me c’era lui che mi disse: “Ah, bello quel libro, tu cosa fai?” “Guarda… Lo sceneggiatore“. Venne fuori in quel momento che lui aveva disegnato quelle tavole. Pazzesco.
Invece dopo queste prime due storie venni a sapere di un bando per un corso di sceneggiatura all’accademia Disney, tenuto da Sisti. Io non sapevo se doverlo fare o meno, visto che comunque avevo già pubblicato qualcosa, quindi chiesi consiglio in redazione dove mi dissero: “Fallo, tanto male non fa.” In effetti poi mi è servito.
Comunque feci la selezione, la passai feci questo corso. Questi sono gli esordi. Tramite Savini poi ho conosciuto Carlo Chendi e lui insomma è uno dei miei maestri sicuramente e ne sono felice.
T: Qual è il tuo rapporto con Chendi?
SB: Su questo c’è un aneddoto divertente. Ti ho già detto che l’ho conosciuto tramite Alberto Savini che, dopo Giancarlo Berardi, e scusa se è poco, è stato il suo secondo grande allievo. In realtà il primo a presentarmelo “ufficialmente” fu Alberto Ghè, un amico sceneggiatore che ora lavora con Berardi a Julia (ah, che giri!), durante un pranzo da U Giancu.
Da sinistra, Alberto Savini, Carlo Chendi e Sergio Badino.
Ad ogni modo, tra Chendi, Savini (che è stato il mio primo maestro) e me si è creato una specie di “legame multigenerazionale”, professionalmente parlando, tanto che diciamo sempre che io sono figlio di Savini, che a sua volta è figlio di Chendi. Se ne deduce che Chendi è praticamente mio nonno!
Scherzi a parte, tutti e tre siamo molto uniti e, ogni volta che ci troviamo insieme, ai meeting Disney o alle cene della Mostra Internazionale dei Cartoonists di Rapallo piuttosto che in altre occasioni private, ci scattiamo una foto! Ormai ne abbiamo diverse, sono un bel ricordo. Per Carlo nutro un grande affetto, è una persona straordinaria, molto generosa. Mi ha insegnato moltissimo e lo fa ogni volta che lo vedo, soltanto parlando. è una miniera di professionalità e di umanità , che nel nostro mestiere dovrebbero sempre coincidere. Ormai collaboro con lui ogni anno, da diversi anni, alla Mostra Internazionale dei Cartoonists di Rapallo.
T: Hai un autore di riferimento, oltre a quelli già citati?
SB: No, non ce l’ho. Ne ho di preferiti, ma non ne seguo uno in particolare come modello, penso sia sbagliato. Mi piace leggere più cose possibili, vedere, confrontare e studiare stili diversi per farmi una mia idea, ma non concentrarmi su quello di una singola persona, questo no.
T: Quali personaggi preferisci scrivere? Topolinia o Paperopoli?
SB: Ora come ora mi sono più facili i paperi, in particolare Paperino, anche se dall’alto vengono richieste storie dei topi perché c’è sempre meno gente che ci si cimenta.
Obiettivamente viene percepito come più difficile il Topo, però in realtà forse conoscendolo bene e non limitandosi allo stereotipo che ha un po’ incarnato ultimamente si possono trovare anche buone idee anche per Topolino. Sicuramente penso che Paperino sia più semplice perché comunque incarna un po’ l’uomo qualsiasi…
Una delle prossime storie di Badino, disegnata da Freccero, è in dirittura d’arrivo.
T: È più diretto.
SB: è più diretto, più immediato. Topolino teoricamente dovrebbe essere – lo diceva Alberto Savini ieri – un po’ come il James Stewart dei film di Hitchcock: l’uomo qualunque che esce di casa e gli capita un’avventura incredibile, ma non perché gli telefona Basettoni.
T: È stato però un cliché molto usato quello della chiamata di Basettoni…
SB: Sì, ma se ci pensi è assurdo: con tutti i poliziotti che ci sono a Topolinia perché Basettoni quando è in difficoltà dovrebbe chiamare Topolino? è pazzesco…
T: E a chi si dovrebbe rivolgere? A Manetta? 😛
SB: No, però fortunatamente storie del genere non ne vogliono più, e giustamente.
T: Il personaggio che preferisci scrivere è proprio il tuo personaggio preferito?
SB: Mah, ti dico… Non ce ne sono di personaggi che non mi piacciono affatto. Il tutto sta nell’avere idee che possano andare bene per questi personaggi qua. Poi, anzi, se me ne viene qualcuna che possa andare bene per Emy, Ely ed Evy ben venga.
T: E te l’accetterebbero?
SB: Penso di sì. Perché no?
T: Ci sono richieste specifiche da parte della redazione riguardo a tematiche e ambientazione delle storie?
SB: A volte sì, ma nella stragrande maggioranza dei casi sei tu davanti al foglio bianco che ti chiedi che cosa scriverai. Teoricamente non c’è nulla che non si possa fare, basta saper trattare l’argomento in questione in maniera disneyana. Penso alla risposta standard di Ezio Sisto quando gli si chiede se un dato tema possa o non possa essere trattato: “Dipende“, dice lui. E quel “Dipende” è la nostra sfida.
T: Si sentono i “paletti” che i fan riconoscono nella lettura?
SB: I paletti secondo me non vanno visti come un limite, ma come un aiuto. Una cosa che ci disse Alessandro Sisti al primo corso che ho fatto all’Accademia Disney è che, se puoi scrivere tutto finisce che, stringi stringi, non scrivi niente.
I paletti non sono altro che le caratteristiche di cui devi tenere conto per scrivere Disney, e ce ne sono per ogni testata e ogni personaggio. Topolino non potrà fare determinate cose che esulano dal suo modo di agire, così come Dylan Dog o Superman.
È chiaro che nel momento in cui ti metti al servizio di un’icona come il Topo sei al suo servizio in tutti i sensi e devi accettarne le sfaccettature. È assurdo voler dare a tutti i costi la propria impronta al personaggio: quella, inevitabilmente, viene fuori nel momento in cui tu, sceneggiatore, scrivi la tua storia di Topolino. Ma bisogna considerare che questo topo esiste ormai da quasi ottant’anni e la gente lo ama per quello che è e non per quello che tu vorresti che fosse.
Battista e Lusky, due dei personaggi più utilizzati da Badino.
T: Con quale altro autore ti sei trovato meglio?
SB: A livello di disegnatori mi sono piaciute molto le due storie mie che ha disegnato Carlo Limido, una delle due in particolare a cui ero molto attaccato (“Lusky e Battista eroi sempre in pista“). Infatti gliel’ho detto quando l’ho conosciuto. Poi un’altra che deve ancora uscire che ha disegnato Andrea Lucci, che ho conosciuto al meeting passato (non all’ultimo che non c’era), e che poi mi ha mandato le tavole. è una storia su un personaggio nuovo, tra l’altro. Infine sono contento che l’ultima sceneggiatura che ho mandato la stia disegnando Freccero.
T: Qual è la storia preferita tua e di altri autori?
SB: Mi vengono in mente sicuramente un po’ di storie dell’epoca d’oro di Cavazzano, come ad esempio quella della torre di Pisa, di cui non mi ricordo il titolo, “Zio Paperone e l’avventura in Formula 1“, oppure anche di De Vita come “Topolino e l’enigma di Mu“. Storie del genere.
T: E la tua?
SB: Mah, non so… Molte storie devono ancora uscire…
La prima ‘storia lunga’ di Badino pubblicata su Topolino è stata ‘Pluto superstar’.
T: Molti autori si salvano in corner dicendo “quella che uscirà ”…
SB: No, non lo dico. Quella che ho citato prima (“Lusky e Battista eroi sempre in pista“, n.d.r.) mi ha molto soddisfatto.
T: Ti ricordi la tua prima storia?
SB: La prima storia era “Paperino mago degli ombrelli“.
T: Credi che allungare il numero di tavole presenti in una storia (riproponendo le storie a due tempi, per esempio) aiuterebbe la qualità delle stesse, riportando lunghe avventure ben congegnate, e ricreando quell’attesa che si formava tra il primo e il secondo tempo?
SB: Non so perché non ci siano più storie che iniziano in un numero e finiscono in quello successivo. Vedo, però, che ultimamente quelle in due tempi sullo stesso Topolino non mancano.
Tieni presente che dietro decisioni di questo tipo ci sono sempre scelte aziendali e redazionali basate su sondaggi e situazioni del genere: queste cose le sanno loro, non è il nostro mestiere. Il nostro compito è scrivere belle storie, lunghe o corte che siano, ma comunque mettendocela tutta per strappare, se non una risata, almeno un sorrisetto. Mi rendo conto che tutti tendiamo a mitizzare ciò che ci accompagnava durante l’infanzia e quindi noi di conseguenza abbiamo un ricordo quasi leggendario dell’attesa settimanale per leggere la seconda parte di una data storia. Però, chissà , magari i bambini di oggi aspettano con lo stesso spasimo la loro copia del Topo ogni mercoledì…
Uno scontro tra i più classici tra Paperone e Rockerduck.
T: Si sente differenza tra le storie odierne e quelle del passato? Ritieni che queste siano migliori, o piuttosto sono legate all’immaginario?
SB: Da quello che ho potuto capire finora, le storie Disney sono figlie dei tempi in cui vengono realizzate. Nel bene e nel male. Come esempio mi viene in mente una cosa di cui parlammo al corso, ricordi? L’argomento mi sembra vi trovò concordi quasi all’unanimità : non vi piaceva che nelle moderne storie apparisse la tecnologia contemporanea, tipo telefonini, computer. Cosa che invece è più che naturale se non si vuole che questi personaggi rimangano figli di epoche che i nuovi lettori non potranno mai conoscere. C’è molta differenza tra storie odierne e del passato, ma non c’è, secondo me, un “meglio” e un “peggio”. Certo, ci sono le pietre miliari, ma le perle crescono anche nelle nuove colture, se mi passi la metafora.
T: Hai anticipato di aver tenuto un master di soggetto e sceneggiatura quest’anno. Come è nata l’idea?
SB: È nata perché ne avevo già fatto uno, ma non era in realtà un corso di sceneggiatura: erano più che altro due nozioni di sceneggiatura inserite in un corso di disegno, e mi avevano chiamato a dire queste cose qua. Conoscevo invece delle persone che avrebbero volentieri partecipato a un corso di sceneggiatura fatto bene – per grandi – allora da lì ho proposto alle persone del Centro Artistico Art’Intorno che mi avevano contattato in precedenza di fare un corso solo per sceneggiatori.
Fortunatamente c’è stata un’ottima risposta da gente che viene da ogni parte della Liguria, sia da levante che da ponente oltre che da Genova, ed è andata bene pur non essendo stato pubblicizzato in maniera strombazzante, ai quattro venti, ma è partito un po’ in sordina.
Ne sono molto contento anche perché è stato il primo esperimento del genere in Liguria. Non era mai stato fatto.
T: L’impressione che ne hai avuto quindi è buona?
SB: Ottima, anche e soprattutto dal punto di vista dell’arricchimento personale. Perché sembra incredibile constatare quanto ricevi in cambio da un’esperienza del genere oltre ad aver dato qualcosa a chi è venuto al corso, o almeno spero.
Di certo una delle prime qualità di un buon sceneggiatore è quella di saper intrattenere…
T: Continuerai quindi quest’esperienza l’anno prossimo?
SB: Sicuramente si farà .
T: Come ti sei sentito in questo ruolo inedito di insegnante?
SB: Non tanto di insegnante, quanto di persona che prova a trasmettere qualcosa a qualcun altro. E spero di riuscirci.
T: Qual è la prima cosa che deve imparare uno sceneggiatore alle prime armi?
SB: La sintesi. Perché è il fondamento del fumetto. Devi essere sintetico nello scrivere il soggetto e la sceneggiatura dal dialogo alla regia. E anche poi nel disegno.
T: Come interagiscono fra loro uno sceneggiatore e un disegnatore?
SB: In Disney il massimo dell’interazione che ti può capitare è che un disegnatore disegni la tua storia. Per dire: nel mio caso adesso è Freccero a disegnarmi una storia ma è la prima volta, perché bisogna sempre passare attraverso la redazione. Quindi io ho scritto normalmente soggetto e sceneggiatura, poi Freccero l’ha letta per caso, gli è piaciuta, e allora abbiamo chiesto se poteva essere affidata a lui.
Da notare il manifesto di Zio Paperone.
T: Hai dei progetti Disney o extra-Disney nel cassetto?
SB: Innanzitutto bisogna dire che stare in Topolino è una gran cosa. Io ho scritto anche qualcosina per PK, e mi spiace che abbia chiuso perché mi divertivo.
Qualche altro progetto ce l’ho, per esempio uno con Andrea Ferraris. Oltre a questo ne ho uno con Enrico Macchiavello, che è l’autore dello spot della Ceres, e vedremo un po’ se si riesce a farne qualcosa di concreto.
T: C’è una crisi nel mercato fumettistico italiano. Quali sono i problemi visti dagli occhi di un “addetto ai lavori”? In Francia ad esempio il mercato è molto aperto…
SB: La questione è che in Francia il fumetto è considerato al pari – a livello di dignità – degli altri mezzi di comunicazione. Addirittura tramite AfNews avevo letto che nella classifica dei libri più venduti in Francia al quarto posto c’era un fumetto. Una cosa che qua da noi è impensabile.
Poi ti ricordi che c’erano riviste tipo Comic Art, L’Eternauta… Tutte hanno chiuso, e chi prova a riaprire non riesce a resistere sul mercato. Il caso eclatante è stata una rivista per cui io e Macchiavello avevamo realizzato una storia: “Orme” di Silvano Mezzavilla. Questa nostra storia doveva uscire sul numero quattro. Peccato che il numero quattro non uscirà mai perché la rivista ha ufficialmente chiuso con il numero tre.
Secondo me finché il fumetto in Italia non verrà considerato più che una cosa semplicemente da bambini, questo salto sarà impossibile. E questa cosa manca, purtroppo. Purtroppo perché qua è sempre stata considerata una lettura da ragazzini.
T: Per chiudere: quali fumetti o autori non dovrebbero mai mancare nella libreria di un addetto ai lavori o di un appassionato?
SB: Passando da un estremo all’altro direi Frank Miller per quanto riguarda il fumetto realistico, se vogliamo chiamarlo così, e Barks per quanto riguarda l’umorismo. Però se vogliamo stare qua a fare dei nomi ne possiamo fare anche tanti.
Notizie Biografiche
Sergio Badino è nato il 13/4/1979 a Genova, ma frequenta la Scuola del Fumetto di Milano dal 1999 al 2002, dove ha come maestro Alberto Savini. Partecipa ai corsi di sceneggiatura dell’Accademia Disney nel 2002 parallelamente all’ultimo anno di scuola del fumetto. Esordisce su Topolino 2400 con la serie di autoconclusive “Paperoga vigile… Ma non troppo”, assieme a Giovanni Rigano, nel 2001.
Collabora alla terza serie di PK, scrivendo tra l’altro “Serie Zeta”, il numero 21 della serie, in cui ha occasione assieme al disegnatore Marco Gervasio di inserire varie citazioni sul cinema, loro grande passione comune.
Nel 2004, assieme al Centro Artistico Art’Intorno, ha occasione di organizzare un Master in Soggetto e Sceneggiatura di fumetto, primo vero corso di sceneggiatura in Liguria.