Paperino e la leggenda dello «Scozzese Volante»
Immagine promozionale per il volume dedicato alla storia, uscito nel marzo 2024
In quegli anni non potevo acquistare facilmente e con costanza il mensile, non essendo presente nelle edicole del mio paese, per cui lo trovavo solo quelle volte in cui accompagnavo i miei genitori nell’ipermercato alle porte del capoluogo di provincia, con giornalaio debitamente fornito.
E ricordo che nel tragitto in macchina, tornando a casa, mi tenevo sempre stretta la copia appena recuperata (talvolta anche delle Raccolte che incollavano insieme tre numeri alla volta): in quel settembre, sul sedile del passeggero di fianco a mio padre che guidava, la cover di Rota mi si impresse nella memoria grazie all’evocatività che sprigionava e all’inquadratura così inconsueta, con i paperi visti di spalle.
Poi, nella mia cameretta, lessi pure la storia; e da allora lo feci molte altre volte.
Tutta l’eccentricità di Paperone in una tavola
Me la godetti per quello che era. Oggi conosco e posso osservare il filo rosso che lega la caratterizzazione di questo Paperone con quella di altre celebri storie di Romano Scarpa, comprendo quanto l’artista abbia osservato il personaggio del vecchio avaro attraverso le pieghe della personalità costruita sapientemente da Carl Barks, ammiro la pulizia della sceneggiatura che parte da un elemento molto umano e dalla dimensione urbana per poi portare a un’avventura a tutti gli effetti, lontano da Paperopoli e nel bel mezzo di misteri e pericoli.
Diciotto anni fa avevo molte meno nozioni e fonti – a parte l’utilissimo articolo di Luca Boschi che precedeva la storia – e mi innamorai della storia semplicemente perché mi entusiasmava, perché Zio Paperone si comportava in maniera comicamente esagerata e quindi mi divertiva seguirlo nei suoi affanni per sfamare un uccellino molto esigente in fatto di cibo, oppure vederlo autoinfliggersi la pena carceraria. Al contempo, però, appariva realistico proprio per queste reazioni viscerali e quindi umane, al netto delle iperboli disneyane.
E poi c’era l’avventura, il viaggio dello Zione insieme a Paperino e Qui, Quo, Qua per risolvere il problema di turno. Nel fare questo il contesto si apre ulteriormente verso orizzonti più ampi, fino a toccare i territori della fantastico con un misterioso vascello in grado di solcare i cieli.
La leggenda dello «Scozzese Volante» è quasi un manuale sulla perfetta storia con il magnate protagonista (e questo a dispetto del fatto che il racconto non sia intitolato a lui ma al nipote!), che del resto attinge come concetto-base a tante avventure barksiane tra le più riuscite e ricordate: il meccanismo costituito dal partire da un punto per poi dipanare la trama verso una direzione imprevista e più grande di quella di partenza.
Una situazione domestica…
Anche per quanto riguarda i disegni siamo dalle parti dell’eccellenza. Nel 1957 il tratto di Scarpa era molto “rotondo”, i personaggi apparivano piacevolmente pienotti nella loro corporatura senza per questo risultare poco dinamici, anzi tutt’altro.
Al di là di questo segnale di stile, che presentava i paperi in forma smagliante, sono notevoli diverse soluzioni stilistiche più raffinate che appaiono in diverse occasioni: le pupille di Paperone che diventano a forma di sardina, ghette-cilindro-bastone che volano fuori dall’emporio dopo aver sentito il prezzo dei kaibì, le espressioni complici tra Paperino e il vecchio zio quando tentano di ingannare l’uccello, l’ondata di sardine che investe l’imbarcazione dei paperi, la scena di inseguimento di tutti i presenti al porto dietro a un gatto con un pesce in bocca… Tante piccole trovate o scene irresistibili che divertono e colpiscono immediatamente, al di là del contesto narrativo in cui sono poste. Immediatezza comunicativa del disegno.
… ma l’avventura è dietro l’angolo!
Ancor più significativa è infatti l’ultima tavola, nella quale Paperone fa trapelare la propria bontà d’animo – che cela dietro il carattere burbero e indurito dagli anni e dal lavoro – tramite una buona azione verso il proprio antenato. In questo frangente, non solo l’autore guarda a quanto fatto analogamente da Barks nel finale di Zio Paperone e la Stella del Polo, ma riesce anche a replicare l’estrema dolcezza e sottigliezza con cui l’Uomo dei Paperi aveva mostrato questo spiraglio dietro la corazza dell’arido finanziere. In entrambi i casi questa vena altruista non viene ostentata o mostrata ammiccando forzatamente al lettore, ma solo suggerita con grazia e sensibilità.
È soprattutto in accenni come questi che Scarpa dimostra di essersi fieramente posto nel solco della tradizione barksiana, per quanto concerne la narrazione dei paperi Disney.