Trent’anni di voci spezzate: i gialli di Silvano Mezzavilla
Silvano Mezzavilla visto da Giorgio Cavazzano
Nel corso degli anni, sulle pagine del settimanale, abbiamo visto Topolino utilizzato in vari ruoli e da diversi autori, in innumerevoli situazioni. Ma l’aspetto per cui il personaggio è probabilmente più noto è quello dell’investigatore, ruolo che il topo più famoso del mondo ha ricoperto in tantissime storie in cui è spesso impegnato a risolvere casi difficili in aiuto del Commissariato di Polizia di Topolinia; un ruolo che ha contribuito a far nascere diverse celebri avventure ritenute fra le più belle mai pubblicate.
Uno degli autori che maggiormente ha sfruttato in questo modo il personaggio portando il genere del giallo ai più alti livelli nel corso degli anni Novanta, è sicuramente Silvano Mezzavilla. Sceneggiatore per diverse riviste non solo Disney e curatore di mostre del fumetto e rassegne cinematografiche, Mezzavilla nasce a Gradisca di Sedegliano, in provincia di Udine il 31 gennaio 1944. Si trasferisce ben presto a Treviso e inizia ad appassionarsi alla poesia, alla musica e alla cinematografia; dopo alcune esperienze lavorative non direttamente collegate al mondo letterario, inizia a scrivere le prime sceneggiature fumettistiche nel 1976.
Principalmente Mezzavilla predilige l’utilizzo del personaggio di Topolino, che promuove a protagonista di veri e propri romanzi gialli. Trame che mantengono strutture che, pur nel ristretto limite di durata di una storia a fumetti, ricordano quasi le avventure di Poirot, dove il ruolo centrale è svolto da un brillante detective in grado di risolvere le situazioni più intricate. Mezzavilla fa spesso ricorso infatti al classico espediente narrativo del protagonista che, dopo aver risolto il mistero, si trova a spiegarlo, nelle pagine finali, ad un pubblico in trepidante attesa (pubblico non soltanto di personaggi del fumetto, ma composto anche dagli stessi lettori).
Suspense e tensione come nella migliore tradizione giallistica
Le storie di questo autore si caratterizzano inoltre per le trame dense di mistero, per le situazioni intricate e per una certa maturità dei temi che vengono proposti: aspetti insoliti per un fumetto Disney. Come lettori, possiamo infatti assistere a rapimenti effettuati anche con violenza, tentativi di omicidio, il passare inesorabile del tempo e altro ancora. Tipiche poi sono le atmosfere che l’autore ricrea, con storie spesso ambientate di notte, o in condizioni meteorologiche avverse che contribuiscono a ricreare il giusto alone di mistero; buona parte di questo merito è anche dato dai disegnatori che mettono in scena le sceneggiature, tra i quali, come vedremo, Giorgio Cavazzano sarà uno dei più ricorrenti e significativi.
Mezzavilla fa il suo esordio sulle pagine del settimanale nel 1987, su Topolino 1647, con un’avventura che, analizzando l’intera produzione, si potrebbe definire quasi anomala per i suoi standard per via della sua ambientazione e dei personaggi utilizzati. In Paperino e la penuria ferrosa infatti, l’autore si cimenta col mondo di Paperopoli in cui, per motivi ignoti, il fondamentale metallo sembra essere scomparso, mettendo in crisi le industrie di Paperone. Così, il vecchio zio decide di mandare lo sventurato nipote nello spazio a recuperare ferro dai satelliti in orbita, in un viaggio che, in seguito ad una tempesta spaziale, porterà Paperino su un fantascientifico pianeta dominato dalle macchine e ricoperto di metallo. Un’avventura classica, con un’affascinante aliena che farà battere il cuore del protagonista, il quale, una volta tornato sulla Terra, pur avendo risolto il problema si ritroverà a dover scappare dalle ire dello zio e da quelle della fidanzata gelosa. È una delle poche volte che lo sceneggiatore si cimenta con il mondo dei paperi, trovando poi in Topolinia e nelle atmosfere noir la sua consacrazione.
Ma è con la sua seconda storia, pubblicata quasi quattro anni dopo l’esordio, che Mezzavilla inaugura un filone di trame destinate ad avere un notevole seguito fra i lettori. È Topolino e il mistero della voce spezzata, un giallo dalle atmosfere noir che segna l’esordio dell’autore nell’universo di Topolinia, con una vicenda che vede impegnato il celebre investigatore dalle grandi orecchie in uno dei suoi casi più difficili.
Tutto inizia con una misteriosa telefonata giunta in una notte di tempesta a numerosi telefoni in città, che contiene una bizzarra richiesta di soccorso: «Aiotto! Aiotto!». La Polizia pensa ad uno scherzo, ma Topolino da buon detective non è convinto e inizia l’indagine, mettendosi sulle tracce di uno scienziato scomparso (o rapito?) un anno prima. Mezzavilla costruisce un intreccio perfetto, con la giusta dose di suspense che cattura il lettore fino alle ultime pagine. Protagonista assoluto è Topolino, riportato ai fasti di un tempo, stavolta impegnato in un difficile lavoro di investigazione in solitaria, senza comprimari, con Basettoni e Manetta a fare da contorno e chiamati ad intervenire solo quando l’investigatore ha brillantemente districato la matassa.
Il finale è come nel più classico dei gialli, quasi a ricordare le opere di Agatha Christie, con l’arguto detective che di fronte ad una folla di giornalisti (e ai curiosissimi lettori!) illustra la stupefacente soluzione del caso. Impreziosiscono la storia i disegni di Giorgio Cavazzano, che rende al meglio le atmosfere tenebrose della vicenda, mostrandoci una Topolinia scura, piovosa, colpita da un forte temporale, e una villetta abbandonata dall’aspetto sinistro. Si notano inoltre le espressioni dubbiose e a tratti sconfortate di Topolino, mentre con le sue capacità deduttive cerca di venire a capo dell’enigma. Atmosfere peraltro adatte ad una storia che tratta un tema non molto presente su Topolino, ovvero quello del rapimento e di un sequestro durato addirittura un anno, come fosse un fatto di cronaca nera avvenuto nella realtà.
A trent’anni dalla sua prima pubblicazione, Topolino e il mistero della voce spezzata è con ogni probabilità la storia più rappresentativa di Mezzavilla, o addirittura il suo capolavoro: ancora oggi è uno dei gialli più amati nella storia del settimanale e rappresenta l’essenza stessa del Topolino detective, con l’esclamazione «Aiotto» diventata ormai celebre fra i fan. Un grande successo, tanto che nel 1999 sarà tra le storie riproposte su Topolino 2264, il volume celebrativo dei 50 anni di storia della rivista, selezionata come l’avventura più rappresentativa degli anni Novanta.
Nella terza storia sceneggiata da Mezzavilla, Gambadilegno e il ritorno a Legcity, l’autore cambia nuovamente il protagonista. Questa volta è il celebre ladro a dominare la scena. Pietro, in crisi per diversi colpi non riusciti, si ritrova nel suo vecchio collegio, invitato dagli ex compagni, dove coglie subito l’occasione per rifarsi di tanti insuccessi pianificando il furto di un diamante. Qui l’autore delinea una trama che non si svolge come un vero e proprio giallo, ma ricorda più un appassionante thriller in due tempi. La trama, semplice ma coinvolgente, invita i lettori a seguire le gesta di un Gambadilegno in gran forma, con diversi colpi di scena e la presenza di un protagonista atipico che, anche se fallirà nel suo intento, non ne uscirà totalmente sconfitto. Anche in questa storia predominano le atmosfere notturne meravigliosamente rese ancora una volta da Cavazzano. La particolarità di questa avventura è data proprio dall’utilizzo di Gambadilegno, che l’autore ci presenta con uno spaccato quasi nostalgico grazie ai ricordi della gioventù del criminale.
Un anno dopo Mezzavilla ritorna a scrivere per le pagine di Topolino con un’altra storia lunga in due tempi: Topolino e l’enigma del faro, un ritorno al giallo nella sua forma più classica, con ancora una volta Giorgio Cavazzano a impreziosire la storia con i suoi disegni, accentuando con la sua perfezione stilistica le atmosfere cupe da classico noir tanto amate da Mezzavilla. La storia si apre con diverse tavole in notturna, che ci trasportano subito in un’atmosfera inquietante: un misterioso ladro, nel buio, si introduce furtivo in un’abitazione. La vicenda poi ci porta subito avanti di qualche mese, con la Polizia che organizza un’asta di beneficenza per vendere alcuni oggetti smarriti e mai più reclamati dai legittimi proprietari. Fra questi figura una statuetta, apparentemente di nessun valore ma alquanto preziosa per una coppia di coniugi che si rivolgeranno a Topolino in persona per cercare di recuperarla e per scoprire chi possa essere il misterioso acquirente.
In questa occasione Mezzavilla orchestra una trama avvincente, una sorta di riproduzione magistrale di un romanzo giallo su un albo a fumetti, che si dipana su due piani narrativi in contemporanea: da una parte i coniugi Brown alle prese con l’ignoto ladro, dall’altra Topolino e la Polizia che indagano. La narrazione parallela delle due vicende, intrecciandosi pagina dopo pagina e interrompendosi l’un l’altra, contribuisce a mantenere alta la suspense e a conferire un serrato ritmo alla narrazione. Ma il punto di svolta arriva nuovamente grazie alle capacità deduttive di Topolino che, tornato a casa dopo una lunga giornata alla ricerca di indizi, mette insieme i pezzi e arriva finalmente a risolvere l’intricato enigma della statuetta a forma di faro. Così come già visto in Topolino e il mistero della voce spezzata, il nostro eroe riuscirà a far arrestare i colpevoli e, nuovamente nel tipico stile del romanzo di genere, si ritroverà a spiegare ai lettori la soluzione del mistero della statuetta. In questa situazione lo sceneggiatore utilizza l’espediente del racconto dei fatti a Minni durante una cenetta romantica, dato che quella organizzata la sera prima era stata interrotta a causa dei drammatici eventi.
Manetta coprotagonista di spessore
Nell’agosto del 1993 vi è il ritorno di Mezzavilla sul numero 1967 di Topolino, con una storia nuovamente ambientata a Topolinia e intitolata Basettoni e il grande caldo. Questa volta, come già si intuisce dal titolo, al centro della vicenda vi è per la prima volta il commissario, che si trova a gestire una drammatica emergenza senza l’aiuto di Topolino. Mickey infatti non compare mai poiché, con un espediente narrativo, è stato “inviato” dall’autore in una lontana spedizione polare. Mentre Topolinia è in piena estate e i cittadini sono spossati da un’asfissiante cappa di calore, in una località montana ad una certa distanza dalla città Gambadilegno e Trudy assistono alla caduta di un meteorite che si rivelerà in realtà un satellite artificiale.
Per puro caso, Gambadilegno preleva un pezzo dal rottame scoprendo le sue incredibili proprietà. Ha così inizio una serie di strani avvenimenti causati da un misterioso “Signore delle Macchine” che inizia a ricattare la città minacciando devastanti conseguenze se le sue onerose e bizzarre richieste non verranno accolte. Pur non essendo un giallo nel senso stretto del termine, considerando che l’identità del terribile nemico è nota fin dall’inizio ai lettori, Il grande caldo è un thriller di ampio respiro, in due tempi, che ci mostra un Basettoni alle prese con fatti apparentemente inspiegabili, più volte sconfitto e messo in dubbio nella sua professionalità. Il commissario dimostra però tutta la propria tenacia: determinato e risoluto, riesce alla fine ad assicurare i criminali alla giustizia.
Lo stesso Gambadilegno si rivela un cattivo di tutto rispetto, capace di elaborare un piano diabolico ed efficace, che fallirà più per sfortuna o propria vanità che per incapacità dello stesso criminale. Coprotagonista della storia è anche Manetta, prezioso aiutante per il suo commissario, arrivando a compiere un atto di estremo coraggio. Con questa storia, Mezzavilla rende onore al Dipartimento di Polizia di Topolinia, e in particolare a Basettoni che spesso, nelle storie precedenti, non era stato che un personaggio di sfondo, limitandosi ad intervenire per arrestare i delinquenti solo dopo che Topolino era brillantemente venuto a capo di un qualche mistero.
È con Gambadilegno e il rapimento di Topolino che Mezzavilla
20 GEN 2021