<<Sì, di certo, se domani farà bel tempo,>> disse la signora Ramsay. <<Ma bisognerà che ti levi al canto del gallo,>> soggiunse.
In cerca di autori che trattassero la complessa e ambigua interiorità umana, nelle sue poliedriche e contraddittorie sfaccettature, mi sono interessato al Modernismo: i primi due incontri durante le lezioni di letteratura italiana (il finale de L'Ulisse di James Joyce) e di letteratura inglese (una parte iniziale de La signora Dalloway di Virginia Woolf). La prima lettura personale (non solo funzionale alla tesina) con Gita al Faro proprio di Virginia Woolf, che tanto mi ha impressionato per la vita, la visione dell'esistenza e, soprattutto, dell'interiorità, fino a giungere alla lucidissima e interessantissima lettera di commiato al marito Leonard.
Gita al Faro è stato un affascinante e pericoloso incontro con la letteratura modernista e con l'opera di Woolf (da sempre ritenuto tra i più difficili da leggere): dopo le prime difficili pagine, posso dire di essere entrato in quasi totale sintonia con lo stile della scrittrice, mai banale, ricchissimo di particolari, soprattutto nel tratteggiare emozioni e immagini liriche, e con la sua "missione", quella, cioè, di indagare meticolosamente i vari personaggi attraverso il flusso interminabile, continuo e atemporale dei loro pensieri, sotto una trama essenziale ma simbolica, un percorso scandito da un tempo interiore, attraverso la raffinatissima tecnica del flusso di coscienza che, a differenza di Joyce, non vuole rinunciare pienamente alla sintassi e alla costruzione ricercatissima dei periodi.
Tre parti, di cui la prima e la terza distanti l'una dall'altra dieci anni e raccordate da un brillantissimo intermedio in cui la Woolf riassume la distruzione dell'unità della famiglia Ramsay, già di per sé frastagliata e piena di tormenti, attraverso il deteriorarsi della dimora col passare degli anni. E la gita al Faro tanto promessa all'inizio del romanzo sembra non arrivare mai: il tempo interiore dilata quello esteriore, e la Woolf ci fa scoprire a tocchi i vari personaggi, mostrandoci che dietro le apparenze di quello che essi sembrano, si nascondono tutte le angosce e le ansie di una vita a cui si guarda con disincanto e disillusione; e non potrebbe essere altrimenti, visto il riferimento al dramma del Primo Conflitto Mondiale.
Un romanzo che esplora a fondo, con eleganza e raffinatezza, l'interiorità della vita, con una narrazione che ha bisogno del suo tempo per essere veramente apprezzata, nel senso che diventa necessario dimenticarsi che siamo soggetti ad un tempo esterno per poterci immergere in una dimensione che è regolata dal proprio tempo e dal proprio ritmo, ed è tanto dolce quanto sincera e profondamente veritiera. Un riconoscente e affettuoso grazie a Virginia Woolf per questa perla, veramente!
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P.S. So che a suo tempo stavo leggendo Aut-Aut del danese Soren Kierkegaard - il mio primo incontro con la filosofia - e conto di terminarne la lettura in questi giorni (altro testo veramente illuminante, seppur nella mia edizione manchi la prima parte, quella più propriamente dedicata all'estetica). Tuttavia, ho già ordinato l'altro suo più grande capolavoro, Timore e Tremore, che spero possa darmi non solo spunti più particolari per la tesina, ma anche e soprattutto per me, visto che affronta il delicatissimo tema della fede in relazione alle possibilità umane, e quindi all'angoscia, il sentimento più proprio del singolo.