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Che libro c'è sul comodino?

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Maximilian
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    Re: Che libro c'è sul comodino?
    Risposta #1470: Giovedì 7 Set 2017, 15:55:19
    A me sono piaciuti proprio tanto..più il sesto del settimo..ma il settimo  mi piace perchè racconta tutta la storia di Silente..il sesto l'ho letto proprio tutto d'un fiato..è bellissimo non riuscivo a staccarmi :)
    Curioso. Il sesto è quello che al contrario io l'ho gradito meno.
    Spoiler: mostra
    I pochi misteri presenti non erano particolarmente complessi e la colpevolezza di Malfoy veniva largamente lasciata intendere fin dall'inizio.


    Ma c'è anche un altro fattore da considerare: tutti i libri li ho aspettati con grande trepidazione e mi sono forse eccessivamente caricato di aspettative (quando ho iniziato a leggere Harry Potter esistevano solo i primi 4). Tu invece li hai trovati tutti già editi e sei passata da uno all'altro con una certa velocità

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      Re: Che libro c'è sul comodino?
      Risposta #1471: Giovedì 7 Set 2017, 18:00:03
      Eh ma nel sesto c'è tutto il racconto
      Spoiler: mostra
      della vita di Voldemort e degli Horcrux
      come fai a dire che non è appassionante?
      E' stato bello scoprire i personaggi..alcuni che facevano solo una breve apparizione nei film (come Kreacher o Dobby per esempio) hanno un ruolo fondamentale nei libri e difficilmente troviamo personaggi "piatti"..tutti hanno una loro personalità con luci e ombre..e sono proprio le ombre che ci sono anche in personaggi come Silente a renderli più interessanti, più reali e ti porta ad affezionarti di più :) 
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        Re: Che libro c'è sul comodino?
        Risposta #1472: Mercoledì 13 Set 2017, 21:07:44
        Gli ultimi due sono gli unici che non ho letto, e, non essendo più in commercio l'edizione che possiedo, dubito che lo farò
        Perchè di questo mondo siamo solo ospiti, fra i tanti. E non i padroni. Insieme abbiamo dimostrato tante cose, ma la più importante è che non esiste l'impossibile. Antidarwinista

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        Andy98
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          Re: Che libro c'è sul comodino?
          Risposta #1473: Giovedì 14 Set 2017, 00:27:26
          Il concetto dell'angoscia - Søren Kierkegaard

          -----------------
          (A questo giro, poi penso che per un po' di tempo non accadrà più, salvo scoperte folgoranti durante future letture, lascio una recensione: Kierkegaard è un filosofo che mi ha segnato, oltre ad essere stato il mio primo contatto con la filosofia stessa, mi ha permesso di guardare me stesso sotto una luce diversa. Se non siete interessati alla lettura delle recensione, sappiate che da questo testo sono partito da una sua citazione per una trattazione sull'angoscia e solo in questo periodo ho potuto leggerlo e apprezzarlo: inutile dire che parlare di angoscia sotto una nuova ottica che non sia quella che scade nella compassione del povero flagellato, è davvero illuminante!)
          ---------------------------
          Il possibile corrisponde perfettamente al futuro. Il possibile è, per la libertà, il futuro, e il futuro, per il tempo, è il possibile. Ad ambedue corrisponde, nella vita individuale, l'angoscia. (Capitolo Terzo - L'angoscia come conseguenza del peccato che è la mancanza della coscienza del peccato, p.90)

          Sotto una traduzione diversa, posi questa citazione di Kierkegaard come punto d'inizio per una trattazione sull'angoscia novecentesca, tuttavia portai come esempio la figura di Abramo analizzata in Timore e tremore, e Il concetto dell'angoscia rimase tra quei libri che avevo comprato e che mi sarei ripromesso, prima o poi, di recuperare e di comprendere pienamente. Sapevo che Kierkegaard aveva qualcosa da dirmi e di cui avrei potuto fare tesoro, il solo fatto che aveva scritto quel testo voleva già dire tanto, un'idea che doveva esprimere e comunicare a chiunque avrebbe trovato la forza di leggerlo.

          Inutile dirlo: è un gioiello che si assapora di pagina in pagina consapevoli della sua notevole difficoltà. Timore e tremore è un ottimo punto di partenza con Kierkegaard, tuttavia è con Il concetto dell'angoscia, e in seguito con La malattia mortale, che si possono scoprire quelle idee che hanno illuminato i grandi filosofi esistenzialisti (Heidegger, Sartre, Merleau-Ponty, Camus, De Beavuoir ecc...) e li hanno portati ad elaborare il concetto di "Essere-gettato-nel-mondo" e di "Essere-in-situazione": il valore del singolo contro il movimento triadico dello spirito hegeliano, e il suo sentimento più caratteristico, ovvero l'angoscia.

          Su questa Kierkegaard ci scrive un intero saggio (poi pubblicato sotto pseudonimo, come parte del suo gioco retorico) e in essa ne riconosce un valore assolutamente positivo ed edificante: un assurdo, si potrebbe pensare di primo acchito, specie se, esplorando nel nostro vissuto interiore, ci raffigurassimo quei momenti in cui eravamo paralizzati davanti ad una data situazione e sentivamo l'angoscia stessa impadronirsi di noi; tuttavia, la paradossalità di ciò ha radici più profonde: Kierkegaard sfida il lettore, sfida gli hegeliani e sfida soprattutto i presuntuosi, li mette davanti a delle verità all'apparenza scomode con una retorica brillante, intrisa di un'ironia tagliente e spietata, e li invita a diventare discepoli di questa angoscia, a riscoprirsi sotto l'insieme delle loro possibilità.

          L'analisi che Kierkegaard conduce non è semplicemente psicologica ma ha fondamento su una originalissima rilettura del peccato originale di Adamo e di come questi possa riflettersi sull'individuo del suo e del nostro tempo: Con la peccaminosità fu posta la sessualità afferma all'inizio del secondo capitolo, dopo aver dedicato il precedente ad analizzare la colpa del primo uomo e a riconoscere nella sua discendenza una innocenza che, per la particolarissima terminologia utilizzata dall'autore, fa sinonimo con ignoranza.

          Acutissima l'analisi dell'angoscia soggettiva, diretta soprattutto sul rapporto uomo-donna, che oltre a qualificare la storia di un individuo (anche Kierkegaard pone l'accento sull'importanza della dimensione sessuale e sulla condotta ad essa connessa), si esprime soprattutto nell'istante:

          Come nel pudore è posta l'angoscia, così essa è presente in ogni godimento erotico, non perché sia peccaminoso, nient'affatto; perciò a nulla serve che il pastore benedica la coppia anche dieci volte. Anche quando il lato erotico si esprime nel modo più bello, più puro e più casto possibile, non turbato nella sua gioia da alcun pensiero voluttuoso, l'angoscia è sempre presente, non però come motivo di turbamento, ma come un momento della situazione. (Capitolo Secondo - L'angoscia come sviluppo del peccato originale, Parte 2. L'angoscia soggettiva , p.70)

          Perché, allora, provare angoscia durante una simile connessione dei corpi? Per paura del peccato. Ora, è chiaro che Kierkegaard parla in termini soprattutto religiosi, tuttavia la sua analisi non si ferma e procede, con modi e terminologie sempre più originali, a scavare attorno a sentimenti come la viltà, l'orgoglio, l'ipocrisia, che esprimono il moto dell'angoscia e il suo farsi viva nella vita del singolo. Farsi viva per lanciarsi un segnale: non dobbiamo avere paura delle nostre scelte, anzi, dobbiamo realizzare che attraverso le nostre possibilità possiamo essere liberi.
          Ecco, allora, la perla: la nostra angoscia ci fa capire che possiamo reagire e dare una svolta alla nostra vita, e soprattutto che possiamo farlo invece di fossilizzarci in sciocche convinzioni senza prendere posizione. Il gioco, tuttavia, è ben lungi dal durare: si vive nell'attimo irripetibile della storia, la nostra soprattutto, ma anche quella di Dio che ce ne dà la possibilità (secondo i credenti ma anche secondo Kierkegaard), e quindi non si può procrastinare in eterno.

          A cosa poi conduca questo pericoloso atto, che per ragioni svariate è sempre più presente nella vita di molte persone, non è compito di questo saggio, ma poco importa: le parole di Kierkegaard sono sufficientemente penetranti a farci capire che, se stiamo dando poco peso alla nostra angoscia, stiamo svalutando solo noi stessi. Non è diventare egocentrici o invidualisti: è riconoscere il nostro valore come singoli che esistono e vivono il fuggente momento della vita.

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          Andy98
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            Re: Che libro c'è sul comodino?
            Risposta #1474: Venerdì 22 Set 2017, 16:08:08
            Avendo fatto più letture in contemporanea durante questa settimana (non ditemi come ci riesca, ma tra un viaggio di andata e uno al ritorno riesco a digerire un gran quantitativo di pagine), tanto vale che le riassuma in un unico post:

            Anzitutto, ho letto un'introduzione critica all'opera di un importante storico e filosofo tedesco, Wilhelm Dilthey. Del manualetto non ho letto tutte le parti perché poi sono riuscito ad adocchiare un'opera che potrei comprare, e a quel punto ho pensato che non valesse più la pena continuare (solitamente arrivo preparato alla lettura dei vari testi, ma i contenuti preferisco leggerli direttamente sui testi stessi). Dilthey è comunque uno di quei filosofi su cui hanno studiato molti esperti ma su cui, di fatto, c'è poco in giro, ed è un peccato perché la sua influenza, inizialmente ignorata, è stata importante per gli sviluppi della filosofia novecentesca: un nome a caso, Max Weber, che è il padre della sociologia moderna, ma non è il solo. Probabilmente dirò qualcosa in più quando avrò fra le mani un suo testo e, giusto per curiosità, tra i filosofi che portai in tesina c'era pure Dilthey: Il male oscuro di Giuseppe Berto può tranquillamente essere letto sotto l'ottica dell'Erlebnis, ossia dell'esperienza vissuta. Lo stesso Carlo Emilio Gadda, nella prefazione al testo di Berto, pone l'accento su questa parola, e il collegamento con Dilthey è inevitabile.

            Altro testo, non totalmente terminato (ma non manca molto) è Minima Moralia di Adorno, su cui ho dei pareri piuttosto contrastanti. Diciamo che della sua produzione non sono interessato ai testi di "teoria critica della società" (per quello ho preferito Marcuse, che ho intenzione di cominciare a leggere più avanti, al momento mi interessa ma non è nelle mie priorità), tuttavia i suoi Minima Moralia hanno catturato la mia attenzione. Mentirei se dicessi che me ne sono pentito: alcuni dei 153 aforismi presenti sono interessanti, soprattutto per gli argomenti di estetica e di morale, tuttavia, nel momento in cui Adorno riflette sulla società e sul periodo critico in cui scrive, la sua riflessione diventa talmente pessimista e apocalittica da risultare indigesta. Aggiungiamoci il fatto che alcuni aforismi sono talmente concentrati da risultare incomprensibili se non si posseggono le conoscenze adeguate e le sue tesi perdono di valore. Forse alcuni aforismi sono decisamente figli del tempo in cui sono stati scritti (1944/1947), tuttavia altri meritano la lettura. Se volete leggerli, vi consiglio un aforisma al giorno, poiché una lettura troppo concentrata come la mia potrebbe non giovare. Spero mi vada meglio col suo prossimo testo.

            L'ultimo testo, invece, rientra più nel mio campo di studio e di lavoro, ossia la matematica, ed è Dimostrazioni e Confutazioni di Imre Lakatos, un libro che, almeno in edizione italiana, è praticamente introvabile, infatti la biblioteca della mia università ne possedeva una sola copia e ne ho approfittato subito senza farmi scrupoli.
            Negli ultimi anni la figura di Lakatos non ha goduto di grande prestigio, soprattutto a causa della scrittrice Januaria Piromallo che ne ha in messo in luce l'oscuro passato, tuttavia egli resta comunque uno dei più grandi filosofi della matematica del secolo scorso, e trovo indigesto pensare che basti così poco ad abbassare l'importanza dei suoi contributi alla filosofia della scienza.
            Il testo è un lungo dialogo ambientato in una classe (i cui studenti sono nominati attraverso le lettere greche) in cui si discute animosamente sulla "congettura di Eulero", e le tesi addotte dal professore e dagli studenti, ragionamenti compresi, sono recuperati dagli scritti di importanti matematici dei secoli precedenti: Lakatos prende tutti i progressi e tutte le teorie fatte intorno alla congettura e le tramanda con una comunicazione chiara e vivace che tiene sempre l'attenzione. Esattamente come Galileo, voleva fare divulgazione di concetti importanti in modo che fossero accessibili ai più: forse sono richieste per alcune parti delle conoscenze di Algebra II (conoscenze che io stesso non posseggo), tuttavia quello che Lakatos vuole dimostrare è cosa voglia dire fare matematica. Se penso a quante persone dicano che la matematica non è un opinione o guardino al matematico come una figura arida, rinchiusa nel suo mondo ideale fatto di formule perfette e costruite a tavolino, direi che una lettura di questo testo non farebbe affatto male, poiché qui dentro si trova la matematica vissuta come è realmente: è confronto e ricerca.
            Chi pensa che la matematica si faccia su attraverso i conti e le formule si sbaglia di grosso, perché essa è prima di tutto apertura all'altro, è partire da dei presupposti e sbattere la testa contro risultati imprevisti, è fare affidamento su delle "regole metodologiche" attraverso cui interrogarsi su determinati argomenti. Spesso si procede proprio tirando ad indovinare, spesso si va a scartare una serie di casistiche ritenute intrattabili, spesso ancora si fa ricorso alla logica e si cerca il linguaggio perfetto. E in tutto questo l'altro acquista un importanza vitale: in fondo, Lakatos ci sta offrendo uno spaccato di cosa voglia dire veramente vivere la matematica.
            Recuperate la versione inglese se volete leggerlo, perché non solo permette di capire come si sia sviluppata la ricerca matematica nei vari secoli, ma soprattutto vi rivelerà degli aspetti inediti di questa materia forse guardata da molti come un picco inarrivabile, riservato ai più: rimarrete sorpresi.
            « Ultima modifica: Sabato 23 Set 2017, 12:52:29 da Andy98 »

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              Re: Che libro c'è sul comodino?
              Risposta #1475: Venerdì 22 Set 2017, 23:11:42
              Camminare, H.D. Thoureau
              Piccolo delizioso libricino.
               Avete deciso di farvi una passeggiata e qualcuno vi ha detto: "Beato te
              che hai tempo da perdere".Nulla di strano in una societa in cui ogni cosa deve avere la sua utilita, deve avere un motivo, e la fretta la fa da padrona e il tempo è denaro.
              E godersi una passeggiata è una perdita di tempo, da "spendere" al massimo nel cosidetto "tempo libero"
              Gia Henry ford, all'epoca del "fordismo", ripeteva ai suoi operai, che ogni lavoratore non doveva spostarsi di un centimetro, perche camminare "non è un attivita produttiva"

              I nostri progenitori vivevano in una condizione atemporale, in cui il mondo non era separato dalla vita, e per loro  "camminare",
              era naturale, spontaneo.
              E' lo stesso Thoreau, in questo breve pamplhet,a definire la camminata una nobile arte,che implica il tempo necessario, la liberta e l'indipendenza.
              Quando Thoreau parla di "camminare" si riferisce ovviamente alle passeggiate nel bosco, a contatto con la natura(e non potrebbe essere altrimenti) e non a quelle in un qualsiasi centro cittadino o parco pubblico,pertanto lontano da qualsiasi pensiero mondano e frastuono cittadino.
              Perche è spesso il nostro corpo a muoversi meccanicamente, piu che la nostra anima( camminare è anche un viaggio interiore,un'avventura dell'anima, alla scoperta di se stessi),assillati come siamo da preoccupazioni che non ci lasciano(o non permettiamo loro di lasciarci), nemmeno quando camminiamo.
              Del resto la nostra vita molto raramente si svolge all'aria aperta, fin dall'inizio veniamo rinchiusi da qualche parte:la scuola,la casa, negozio,chiesa, l'ufficio,l'azienda, in automobile...è una continua prigione , che a volte ci autoinfliggiamo anche.
              E lo spazio dedicato al gusto dell'avventura, dell'avventurarsi, è pochissimo.
              Dove possiamo camminare ? si chiede Thoreau. "Non è indifferente quale strada percorriamo. Esiste una strada giusta, è tutta
              colpa della nostra disattenzione se prendiamo quella sbagliata."

              Questa deliziosa raccolta di pensieri di Thoreau, è dunque un' esaltazione della natura selvaggia e della vita all'aria aperta.
              Il vero "camminatore" è colui che non semplicemente segue e ripete stancamente i propri passi ogni giorno,ma sa staccarsi dai propri pensieri quotidiani e vivere in armonia con la natura e con la parte piu intima e vera di se stessi.
              Camminare diventa quindi un (ri) avvicinamento alla natura, un esperienza lontana dalla corruzione della civilta.

                 
              Tutti i racconti, franz kafka.

              Sempre bello rileggere questi splendidi racconti "kafkiani".
               

                 

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                Re: Che libro c'è sul comodino?
                Risposta #1476: Sabato 23 Set 2017, 11:05:51
                forse sono richieste per alcune parti delle conoscenze di Algebra II
                Che cosa si studia in ALgebra II ?

                Del libro di Lakatos, quel che mi aveva forse colpito di piu' e' come trasmetta la passione che puo' svilupparsi in una discussione di matematica. Quanto alle sue tesi, ci sto ancora riflettendo.

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                  Re: Che libro c'è sul comodino?
                  Risposta #1477: Sabato 23 Set 2017, 12:42:27
                  Che cosa si studia in ALgebra II ?

                  Del libro di Lakatos, quel che mi aveva forse colpito di piu' e' come trasmetta la passione che puo' svilupparsi in una discussione di matematica. Quanto alle sue tesi, ci sto ancora riflettendo.

                  Mi pare matrici, spazi vettoriali e concetti affiliati. Essendo una materia del secondo anno non sono stato a guardare proprio nel dettaglio quali fossero i programmi del corso. Servono comunque delle conoscenze di Algebra per capire la parte più tecnica, ma anche senza di quelle il lettore riuscirebbe comunque a seguire l'intero dialogo senza sentirsi "ignorante", che è poi come si sente uno che afferma di non capire la matematica. Le appendici, invece, richiedono conoscenze di Analisi su serie, continuità, differenziabilità e integrali e sono molto più tecniche.

                  Le tesi espresse sono ancora attuali, anche se hanno come radice di fondo la dialettica hegeliana e risentono comunque del passato comunista di Lakatos (perché chiaramente il metodo della dimostrazioni e delle confutazioni segue un processo dialettico che è piuttosto evidente). Ora, non so quanto Lakatos sia discusso oggi rispetto ai suoi contemporanei Kuhn e Feyerabend, tuttavia mi rendo conto che sia ancora piuttosto diffusa l'idea della matematica come una scienza arida, e con lo stesso occhio si guarda anche il matematico, quindi temo che o abbia pagato la sua morte piuttosto prematura (Contro il Metodo di Feyerabend, in fondo, doveva essere un dialogo a due tra la sua concezione della scienza e quella di Lakatos) o siano state le recenti scoperte sul suo passato ad averne indebolito l'importanza (e la Piromallo nel suo libro, a giudicare da quanto aveva affermato in un'intervista, sembra esserci andata giù pesante per rimarcare le sue colpe).

                  ---------------------

                  Interessante la lettura di Paperock di Thoureau, a giudicare dal suo commento è un testo attualissimo che potrei pensare di leggere: c'è un disprezzo oggi per le cose considerate "inutili" che mi lascia alle volte spiazzato. Peccato che "trovare il tempo per sé stessi" o "coltivare il proprio pensiero" non siano delle cose così "inutili", solo non portano direttamente a qualcosa di concreto.
                  In ogni caso, prenderò in considerazione anche Thoureau in un futuro, adesso ho già una lista piuttosto lunga di testi (filosofici) da spulciare... e non sono letture veloci. ;D
                  « Ultima modifica: Sabato 23 Set 2017, 12:43:40 da Andy98 »

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                    Risposta #1478: Sabato 23 Set 2017, 13:48:47
                    Si merita te lo consiglio, poi puo piacere e non piacere.

                    Tra le tante letture che ho fatto in estate e sto facendo, (tra saggi, romanzi e fumetti) segnalo un'altro libricino di poche pagine ma affascinante.
                    La moda, Georg simmel
                    Simmel , filosofo e sociologo(uno dei fondatori della sociologia), è un autore interessante, e profondo e acuto analizzatore della modernita. Ma quello che mi piace di lui è la sua diversita, il fatto che affronti argomenti che apparentemente non sono filosofici o psicologici, si pensi alla sua monumentale filosofia del denaro..
                    Il tema che affronta in questo piccolo volume è quello della moda, affrontato gia da altri( piu che altro accennato), come per esempio da kant ma anche da leopardi nelle operette morali, ma che Simmel affronta da un' ottica diversa.
                    Il testo  di Simmel( come pure gli altri)  non è facilissimo e percio non me la sento di consigliarlo a tutti.Ma merita.

                     

                    « Ultima modifica: Sabato 23 Set 2017, 13:52:18 da Paperock »

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                      Re: Che libro c'è sul comodino?
                      Risposta #1479: Martedì 26 Set 2017, 15:48:33
                      La Piega - Gilles Deleuze

                      Terminato giusto ieri sera sul tardi, ho letteralmente divorato questo interessantissimo saggio di Deleuze, il primo che leggo dell'autore, su cui ho sentito particolari commenti in merito alla difficoltà del suo ragionamento, capace di abbracciare molte forme del sapere. In realtà, confesso di non aver avuto problemi, probabilmente perché l'argomento trattato era decisamente nelle mie corde.

                      Deleuze dedica questo saggio a Leibniz e alla sua filosofia, ritenuta Barocca per eccellenza poiché, mediante la teoria delle Monadi e l'utilizzo del calcolo differenziale e integrale, largo uso del concetto di "piega", che a detta di Deleuze stesso sussiste ancora oggi nella nostra esistenza.
                      Va detto che a me la teoria di Leibniz sulle monadi è sempre risultata poco verosimile, tuttavia Deleuze riesce a renderla interessante ed estremamente attuale facendo un sapiente uso delle nozioni base dell'analisi: la percezione, ad esempio, è considerata come rapporto di infinitesimi, e proprio in funzione di tale rapporto che si possono cogliere le singole "pieghe" della realtà, tutte le modulazioni di colore, di peso, di intensità; o ancora, l'armonia tra monadi è garantita dall'importantissima serie armonica, e così via.

                      Per tale ragione forse l'opera potrebbe non essere accessibile ai più, e allo stesso modo sarebbe necessaria una conoscenza preliminare del pensiero di Leibniz per districarsi nelle ragionate indagini di Deleuze, tuttavia ha veramente parecchi spunti da offrire, e potrebbe anche costituire un primo ottimo approccio al pensiero multiforme di questo filosofo. Infatti Deleuze, a partire dalle teorie leibniziane, arriva ad individuare nella "piega" la vera essenza del Barocco, e ad indagarne i più molteplici aspetti, nell'arte, nella letteratura e nella musica non solo di quel periodo, ma anche di quello a noi contemporaneo (affascinante, in particolare, la parte legata all'interpretazione del concerto come avvenimento costituito da pieghe di differenti tonalità).

                      Insomma, se conoscete Leibniz e se ancora vi ricordate qualcosa dell'analisi delle superiori e vi interessa Deleuze, questo è il libro che fa per voi.  ;)

                      Ovviamente non è necessario conoscere questi due argomenti, solo aiutano a non perdersi e a mantenere sempre viva l'attenzione per comprendere il ragionamento "rizomatico" di Deleuze.

                      Edit (per  ML-IHJCM): ho preso una botta bella pesante: spazi vettoriali, matrici e robe varie si studiano a Geometria 1 (che sono gli argomenti che sto affrontando in questi giorni), Algebra 1 ed eventualmente 2 offrono solo le strutture necessarie a canonizzare gli argomenti della geometria. Le conoscenze richieste per comprendere appieno la discussione sostenuta nel dialogo sono quelle di Geometria 1 e probabilmente anche 2, per le basi sottese serve invece Algebra.
                      « Ultima modifica: Giovedì 28 Set 2017, 22:35:30 da Andy98 »

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                        Re:Che libro c'è sul comodino?
                        Risposta #1480: Mercoledì 4 Ott 2017, 23:47:26
                        Direi che non c'è topic migliore in cui rifarmi vivo se non quello dedicato ai libri: come ho scritto in firma, sono sempre io, Andy98 (ma penso che si sia capito), a cui è stata cancellata l'email su cui si era registrato col precedente account e... purtroppo, eccomi di nuovo qui (con lo stesso avatar e la stessa firma, in cui lascerò esplicito questo fatto per evitare di essere confuso con un nuovo utente, perché di nuovo, dopo direi 4/5 anni assieme a voi ho ben poco  ;D).

                        Detto ciò, sono in attesa di nuovi libri che arriveranno domani o al massimo dopodomani, alcuni dei quali testi universitari (di cui, ovviamente, mi guarderò bene dal commentarli, vista la mia "avversione" ai manuali troppo astratti), e per di più avrò una preziosissima occasione che mi permetterà, finalmente, di costruirmi la "biblioteca" che desideravo da tempo: ogni libro aggiunto è un gioiello che deve essere consegnato ad un forziere di sapere che intendo fare mio con ogni sforzo, accanto, ovviamente, alla matematica, che oltre a rappresentare il mio futuro ambito lavorativo, è una delle mie più grandi passioni.

                        Questo preambolo non lo faccio a caso, poiché tra le varie chicche mi mancava un testo di sociologia, e arriviamo così a scoprire il libro che ho letto nell'ultima settimana: L'etica protestante e lo spirito del capitalismo di Max Weber. Non a caso mi riferisco, forse un po' con orgoglio e soddisfazione, al mio interesse per la matematica (vi potrei provare che c'è questa strana tensione dei matematici verso le materie umanistiche, sembra quasi "fisiologico"), perché è proprio per questo fare pieno di astrazione che non sono riuscito a goderne appieno la lettura: la sociologia in sé mi risulta proprio distante come disciplina, e seppur è vero che abbia seguito il ragionamento di Weber di pagina in pagina senza molte difficoltà, a lettura conclusa, sul treno, mi sono guardato intorno con una faccia inespressiva. Cosa effettivamente mi aspettavo da questo testo? Non saprei darvi proprio una risposta.

                        Dico, anzitutto, che Weber struttura il saggio in due grandi parti (a loro volta derivate da due differenti trattazioni) con tanto di un'osservazione preliminare, arrivando solo nell'ultimo capitolo, dopo almeno 4/5 del saggio, per intenderci, ad enucleare la tesi che mette in relazione l'ambito religioso con quello economico-sociale. Non che i capitoli precedenti siano inutili, anzi, servono ad inquadrare e a delineare i tratti del problema nel modo più completo possibile, poiché secondo Weber la "razionalità" per cui l'Occidente si distingue da altre realtà ha una radice nel capitalismo, e il capitalismo stesso è connesso alle religioni protestanti e al loro atteggiamento ascetico (anche se è sbagliato affermare che il capitalismo sia stato fondato dai protestanti, bisogna ben distinguere), e quindi ne risulta necessaria un'evoluzione nel contesto storico.

                        Molto chiaro, insomma, ma troppo distante da quello che mi aspettavo o credevo di trovare in un testo di sociologia. Weber, comunque, mi ha convinto quanto basta a riconsiderarne una lettura futura, resta solo da scegliere il testo.

                        --------------

                        Giusto per fare un po' riferimento al mio attuale "comodino" (anche se, purtroppo, non ho un posto fisso in cui mettere i libri che intendo leggere), al momento sto leggendo, tra un viaggio di andata e uno di ritorno, una interessantissima raccolta di saggi di Merleau-Ponty (mentre disperatamente cerco il suo Il visibile e l'invisibile), e dall'altra parte il bellissimo Tractatus Logico-Philosophicus di Wittgenstein, che dalla mia libreria continuava a sussurrarmi più di una volta di leggerlo assieme ad Heidegger (che non mi sento ancora pronto ad aprire, è tipo una questione psicologica  ;D).
                        « Ultima modifica: Mercoledì 4 Ott 2017, 23:57:16 da Andy1998 »
                        N.B. Sono Andy98, mi è stata cancellata l'email e non sono riuscito a recuperare l'account.

                        Se volete visitare la mia libreria su Goodreads e vedere le mie recensioni: https://www.goodreads.com/review/list/69923711?utm_campaign=mybooksnav&utm_content=mybooks_cta&utm_medium=web&utm_source=homepage

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                          Re:Che libro c'è sul comodino?
                          Risposta #1481: Giovedì 5 Ott 2017, 12:54:04
                          Piccola storia dell'inferno, Georges Minois, ed. il mulino

                          Se è vero che il purgatorio, è un'invenzione della teologia cattolica, l'idea di un luogo infernale oltremondano è sempre esisitita, almeno dall'inizio della civilta.Quello che è cambiato, nel corso dei tempi, è la concezione dell'inferno, molta legata alla condizione umana...

                          Georges Minois, in questo saggio di 120 pagine, fa un breve viaggio nella storia dell'inferno dall'antichita ai giorni nostri.



                          Luogo di ombre ,prolungamento triste della vita terrena nell'antichita,(con l'eccezione di lucrezio che gia vede nell'inferno un riflesso delle nostre angosce esistenziali) l'altrove, si trasforma poi con la religione cristiana in un luogo fisico di condanna e sofferenza..

                          Con la secolarizzazione e l'ambivalenza dei concetti di bene e male, l'inferno, nella societa contemporanea, si è spostato dal cielo alla terra, tanto da essere diventata la vita stessa...un inferno.
                          In fondo nessuno sembra credere piu all'esistenza di un inferno come luogo fisico,l'inferno quindi come luogo dell'anima,della nostra mente... Dominati dall'ossessione del successo e dell'autoaffermazine e dai vincoli della pressione sociale, ognuno porta dentro di se il risultato di cio che siamo diventati. L'inferno che abitiamo tutti i giorni...


                          Un classico riletto :.Elogio della follia,Erasmo da Rottedam, Mursia, 160 pagine

                          Il tema della follia era piuttoto presente nella cultura umanistica, un po in tutti in campi, dall'arte alla letteratura. Pensiamo a quadri come quello di Bosh: la nave dei folli, dove si usa l'arma tagliente della satira sociale. Un quadro che ritrae una nave carica di pazzi, persi nel vizio e nei loro ciechi e insensati desideri. .E lo stesso titolo porta anche un famoso poema di Brant, anche qui si parla di una nave di folli. E probabilmente è a quest'opera letteraria che Erasmo si è ispirato nel redigere il suo scritto. Rielaborandolo, naturalmente, in modo originale. Erasmo pertanto mostra ai suoi contempranei lo specchio della follia, sospesa tra satira e ironia. Tra gioco e serieta. E praticamente prende di mira tutti, non risparminando nessuno..La follia, paradossalmente,è la vera saggezza che smaschera tutte le ipocrisie e le assurdita del vivere umano. Un divertente, ironico e tagliente libro che mette in discussione tutto un mondo e un certo assurdo modo di vivere(e di pensare) con le sue coneguenze negative. Il capolavoro di Erasmo è scritto con uno stile secco e brillante , un opera moderna e tutt'ora attualissima,che mantiene intatta la sua vitalita. Da leggere e rileggere.
                             
                          « Ultima modifica: Giovedì 5 Ott 2017, 12:58:12 da Paperock »

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                            Re:Che libro c'è sul comodino?
                            Risposta #1482: Giovedì 5 Ott 2017, 14:08:49
                            [ot]

                            @Andy: prova a rifare il login.
                            Anche con me le vecchie credenziali non funzionavano... fino a questo momento ;)
                            « L'UNICA DIFFERENZA FRA LA FOTOCAMERA E NOI
                            È CHE LA FOTOCAMERA, QUESTA STUPIDA, NON SBAGLIA MAI,
                            MENTRE NOI SBAGLIAMO IN CONTINUAZIONE, IN OGNI DISEGNO.
                            ED È QUESTO CHE CREA LA MAGIA!
                            »

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                              Re:Che libro c'è sul comodino?
                              Risposta #1483: Giovedì 5 Ott 2017, 21:04:34
                              [ot]

                              @Andy: prova a rifare il login.
                              Anche con me le vecchie credenziali non funzionavano... fino a questo momento ;)

                              Ha funzionato, grazie mille per il suggerimento!

                              Aggiungo, per restare in tema, che mi sono arrivati stamattina come un ottimo buongiorno i dodici libri che avevo ordinato più i due testi scolastici, e ho dato una rilettura a L'occhio e lo spirito di Merleau-Ponty, cogliendovi tra le sue dense pagine degli spunti che mi erano sfuggiti durante la prima lettura. Tra questi, la critica ben radicalizzata e di tipico impianto fenomenologico alla scienza, che di primo acchito non avevo percepito come attuale, ma che ora, trovandomi immerso nel mondo universitario, riesco a comprendere più a fondo: Merleau-Ponty ci aveva azzeccato quando cinquantasette anni fa scriveva come introduzione al saggio "La scienza manipola le cose e rinuncia ad abitarle". Purtroppo questa è un'amara verità. Resta solo da scoprire dove Merleau-Ponty intendeva arrivare con la sua ultima ricerca. Speriamo che la signora da cui domani andrò a ritirare un numero sterminato di libri (la sua casa ne è piena) abbia ciò che sto cercando intensamente.

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                                Re:Che libro c'è sul comodino?
                                Risposta #1484: Venerdì 27 Ott 2017, 17:51:55
                                Non pensavo che nel giro di un mese esatto sarei arrivato a leggere ben sei libri, tenendo conto che posso permettermelo quasi solo durante i viaggi in treno, quindi, anziché fare sei post diversi, mi soffermerò molto brevemente su ciascuno, anche se alcuni di questi meriterebbero delle digressioni ben più lunghe. Sono conscio che non capiterà più perché prima della fine dell'anno mi aspettano almeno altre cinque letture a cui voglio dedicare particolare attenzione, cinque testi che ritengo possano lasciarmi parecchio (ovviamente tutti di filosofia, mi riprometto come proposito dell'anno nuovo di ampliare un po' i miei orizzonti e uscire dal Modernismo  ;D).

                                Seguendo un ordine cronologico, il primo testo è, manco a dirlo, di Maurice Merleau-Ponty, il filosofo con cui ormai tendo ad identificarmi e confrontarmi costantemente, poiché tanto ha saputo lasciarmi e tanto saprà ancora darmi in quelle che probabilmente saranno le mie future indagini al di là dell'insegnamento universitario. Segni, il libro in questione, è la raccolta di saggi in cui il filosofo mette a nudo il proprio pensiero per ricominciarlo attraverso almeno due nuclei: uno filosofico, improntato sulla Fenomenologia e sullo Strutturalismo, in particolare sui problemi della visibilità e del linguaggio (anche se diversi saggi affrontano le più disparate tematiche, tra cui un interessante confronto con Einstein e con Freud), e uno invece politico, dedicato alla presa di posizione circa alcuni fatti inerenti alla politica estera della Francia e al marxismo. Ovviamente, trovando abbastanza indigesto il marxismo (anche se Merleau-Ponty sia ormai distante da certe posizioni che avrebbe sostenuto ad esempio in Umanismo e Terrore, che conosco solo a grandi linee perché non l'ho ancora acquistato e al momento non mi voglio occupare di tematiche politiche), apprezzo i suoi interventi e le sue argomentazioni, tuttavia preferisco di gran lunga le parti in cui si interroga su Bergson, Machiavelli, Montaigne oppure rilegge l'arte e la scrittura sotto la forma del "linguaggio indiretto", preparando già quelle analisi che farà nel postumo Il visibile e l'invisibile, che purtroppo non riesco proprio a trovare per quanto mi sforzi (e penso che chi abbia avuto almeno una volta nella vita l'intenzione di voler leggere a tutti i costi un determinato testo mi possa capire benissimo  ;D).

                                Il secondo testo, su cui tanto si è detto e su cui poco si può dire a tutti gli effetti, è il Tractatus Logico-Philosophicus di Ludwig Wittgenstein, un'opera che ho trovato assolutamente straordinaria se accostata ai Quaderni 1914-1916 che mettono a nudo l'atteggiamento estremamente umano del filosofo in questione, che vorrebbe risolvere tutte le ambiguità dell'esistenza e tutte le problematiche ma alla fine se ne conclude dicendo che questi è possibile solo per quei fatti logicamente determinati. Sì, è vero, il Tractatus sembra l'opera di un logico che, ossessionato dai valori di verità delle funzioni proposizionali, intende ad ogni costo trovare il senso univocamente determinato in ogni fatto, eppure Wittgenstein stesso dentro di sé sapeva di non aver davvero detto tutto quello che era necessario da dire in filosofia, e infatti è per questo che esiste il "Secondo Wittgenstein", quello che ripenserà sul riduzionismo logico e deciderà di affrontare le problematiche del linguaggio in altra maniera. Entrare in questo testo è estremamente difficile, e nemmeno io condivido, ad esempio, l'idea di Wittgenstein secondo cui la matematica sia un sottoinsieme della logica (assolutamente falso, magari la matematica dei Principia Mathematica, che dà oltretutto origine a quel formalismo di cui fa ampio uso l'algebra e dentro cui non riesco veramente entrare perché lo ritengo fine a se stesso, potrebbe essere letta sotto quest'ottica, ma in realtà la ricerca matematica, assai più vasta, fonda nella logica il suo linguaggio, e non è nemmeno detto che ci sia un modo univoco di esprimerlo!), tuttavia è nel suo sintetico rigore molto tagliente, riesce a catturare la tua attenzione e a farti ripensare quel linguaggio con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, anche quando si tratta di esprimere ciò che Wittgenstein stesso consegna al "Mistico", l'inesprimibile. Infatti, corrispondenza tra etica ed estetica e logica è impensabile: la bellezza di un oggetto così come la moralità di un azione non possono esser dette con proposizioni infallibili che possono risultare solo vere o false.

                                Poco dirò, invece, su Il Simposio di Platone, che per quanto sia attuale nella sua esposizione e, soprattutto, nel suo contenuto, non incontra il mio gusto a livello di tematiche. Interessanti le varie teorie esposte sull'amore, o più propriamente sull'Eros, tuttavia non mi piace disquisire sull'argomento, e infatti non vi ho nemmeno fatto una recensione particolarmente approfondita, pertanto passerò direttamente al prossimo testo.

                                Vorrei ammettere di aver potuto comprendere le quaranta pagine che ho letto della Critica del Giudizio di Kant, tuttavia avendole digerite passivamente ho pensato che per il momento fosse fuori dalla mia portata. In sua sostituzione, ho deciso di affrontare Educazione Estetica di Schiller,  decisamente ben più organico e meno rigoroso di Kant e, per ora, più godibile. Schiller è un punto di riferimento per chiunque sia interessato all'estetica che è, manco a dirlo, il mio ambito di interesse filosofico preferito, e questo testo raccoglie due dei suoi saggi più importanti sull'argomento: la dimensione estetica per Schiller ha un'importanza capitale perché diventa lo strumento per educare l'uomo in virtù di un ordine politico e morale, e ben si compenetra a tutta l'esperienza dell'esistenza. Sento di appoggiare l'idea di Emilio Garroni secondo cui l'estetica possa veramente dare tanto al di fuori della critica all'arte e al bello, e Schiller ne è la prova calzante, in un periodo in cui le prime moderne teorie estetiche andavano svilupparsi (da Baumgarten, il primo ad elaborare il termine nel senso più a noi noto, non è molto distante). Inoltre, apprezzabilissima la concezione del bello come un qualcosa di dinamico che in tale condizione esprime tutta la sua libertà, e altrettanto suggestiva l'idea della linea spezzata o curva che, nel suo momento, esprime un'unità suggestiva (basta prendere un quadro di Turner per rendersene conto).

                                Dirò poco anche sul Breviario di Estetica di Croce, una lettura non sgradita, ma che sostanzialmente serve ad entrare meglio nell'ambito della disciplina e non altro. Leggerlo, tuttavia, è piuttosto complicato per il fatto che, nonostante Croce non giri intorno sull'argomento e subito definisca l'arte come visione ed intuizione, la sua prosa è decisamente articolata e può scoraggiare gli inesperti. Per il resto, dà i suoi spunti ma non è quella lettura che mi ha cambiato la vita, per intenderci.

                                In ultima analisi, Esperienza Vissuta e Poesia di Wilhelm Dilthey è il testo appena terminato che mi ha tenuto piuttosto occupato per via della sua prolissità. Dilthey è un filosofo che mi ha sempre interessato, come avevo già detto, ho provato a rileggere, sotto suggerimento di Gadda, Il male oscuro di Giuseppe Berto nell'ottica dell'Erlebnis, dell'esperienza vissuta, e in questo testo la si ritrova nel contesto della poesia, interpretata come la più alta espressione estetica a disposizione dell'uomo per esprimere la cosiddetta "Weltanschauung", il mondo delle visioni. Se chiedete a me, Dilthey non mi ha convinto che la poesia sia superiore alla pittura e alla visione, tuttavia le quattro monografie, rispettivamente su Lessing, Goethe, Novalis e Hölderlin, sono veramente ben scritte e molto enfatiche. Non è per tutti, cioè non troverete Dilthey che enuncia la propria filosofia se non dietro le righe di queste monografie, quindi leggetelo solo se vi interessano i quattro autori presi in esame, altrimenti l'essenziale sul suo contenuto filosofico si spoglia ben facilmente e ben altrettanto lo si può condensare in poche righe. Spero di trovare altri testi di Dilthey, in giro c'è veramente troppo poco... e non penso di essere disposto a pagarmi un corso di tedesco per leggerle  ;D

                                Bene, e con questa mi attendono gli ultimi cinque libri: speriamo di farcela prima della fine dell'anno!
                                « Ultima modifica: Sabato 28 Ott 2017, 13:01:24 da Andy98 »

                                 

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