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Che libro c'è sul comodino?

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Pato_Donald
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    Re:Che libro c'è sul comodino?
    Risposta #1485: Sabato 28 Ott 2017, 09:49:38
    In questo momento sto leggendo 'Il codice Da Vinci' ci sono arrivato con moolti anni di ritardo e non ho mai visto il film e infatti il libro mi sta piacendo... Ma in coda ci sono tantissimi libri da leggere ma il tempo è sempre tiranno... Finito questo mi sono fissato che voglio leggere IT per vedere le differenze e le mancanze non citate nei film

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      Re:Che libro c'è sul comodino?
      Risposta #1486: Sabato 28 Ott 2017, 16:57:40
      l'idea di Wittgenstein secondo cui la matematica sia un sottoinsieme della logica
      Supporrei che Wittgenstein avesse preso quest'idea da Russel (e forse entrambi l'avevano ereditata da qualcun altro). Ma non conosco lo sviluppo storico e potrei sbagliarmi.

      Citazione
      la matematica dei Principia Mathematica, che dà oltretutto origine a quel formalismo di cui fa ampio uso l'algebra

      Davvero? (Domanda non retorica: propenderei per una risposta negativa, ma non sono affatto sicuro che sarebbe corretta; anche perche' non mi e' ben chiaro cosa tu intenda.)

      Citazione
      dentro cui non riesco veramente entrare perché lo ritengo fine a se stesso

      Parli dell'algebra? Dai tuoi interventi precedenti, la mia impressione e' che al momento ne hai una conoscenza ancora estremamente povera. Puo' darsi che fra qualche anno avrai cambiato idea.
      (Senza pensarci troppo, direi che l'algebra svolge due ruoli fondamentali nella matematica moderna. Da un lato, fornisce delle cornici entro cui e' piu' facile e naturale formulare molti dei concetti piu' importanti della matematica superiore. Dall'altro, ci educa a guardare il mondo matematico in una certa luce, un'ottica che porta con se', oltre a potenti metodi di dimostrazione, anche un intuito diverso e complementare a quelli offerti da analisi, topologia, geometria, probabilita', combinatorica, etc.; avere almeno un'infarinatura di tutti questi punti di vista e' indispensabile per comprendere un minimo della matematica contemporanea.
      Quanto alla logica - se invece ti riferivi a quest'ultima - ammetto di non saperne quasi nulla. La mia impressione e' che si tratti di un'area rispettata e rispettabile, ma al momento un po' isolata - nonostante interessanti connessioni con parti dell'algebra, della teoria dei numeri, dell'analisi e della geometria; nonche' con campi quali l'informatica e - credo - la linguistica. Esiterei a dire che si tratti di uno studio fine a se' stesso, ma sospetto che la maggior parte dei matematici praticanti parli pochissimo coi logici.)

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      Maximilian
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        Re:Che libro c'è sul comodino?
        Risposta #1487: Sabato 28 Ott 2017, 18:02:59
        Frankenstain, ovvero il moderno Prometeo

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          Re:Che libro c'è sul comodino?
          Risposta #1488: Sabato 28 Ott 2017, 18:27:56
          Parli dell'algebra? Dai tuoi interventi precedenti, la mia impressione e' che al momento ne hai una conoscenza ancora estremamente povera. Puo' darsi che fra qualche anno avrai cambiato idea.
          (Senza pensarci troppo, direi che l'algebra svolge due ruoli fondamentali nella matematica moderna. Da un lato, fornisce delle cornici entro cui e' piu' facile e naturale formulare molti dei concetti piu' importanti della matematica superiore. Dall'altro, ci educa a guardare il mondo matematico in una certa luce, un'ottica che porta con se', oltre a potenti metodi di dimostrazione, anche un intuito diverso e complementare a quelli offerti da analisi, topologia, geometria, probabilita', combinatorica, etc.; avere almeno un'infarinatura di tutti questi punti di vista e' indispensabile per comprendere un minimo della matematica contemporanea.
          Quanto alla logica - se invece ti riferivi a quest'ultima - ammetto di non saperne quasi nulla. La mia impressione e' che si tratti di un'area rispettata e rispettabile, ma al momento un po' isolata - nonostante interessanti connessioni con parti dell'algebra, della teoria dei numeri, dell'analisi e della geometria; nonche' con campi quali l'informatica e - credo - la linguistica. Esiterei a dire che si tratti di uno studio fine a se' stesso, ma sospetto che la maggior parte dei matematici praticanti parli pochissimo coi logici.)

          Purtroppo mi riferisco proprio all'algebra, ma penso che la mia posizione radicale sia dettata dal fatto che in università non stanno facendo assolutamente nulla per farmela piacere né io stesso disponga degli strumenti necessari per entrarci e poterla apprezzare, a differenza, invece, di materie come analisi e geometria che invece mi coinvolgono tanto anche personalmente (ho l'ambizione di insegnare analisi, per intenderci). Tuttavia l'algebra, come giustamente dici tu, è la struttura su cui si basa tutta la matematica che studiamo, quindi, e forse parlo da un punto di vista personalissimo, mi scoccia vedere come venga insegnata e mi è sembrato; e leggendo il Tractatus di Wittgenstein, di ritrovare lo stesso atteggiamento: una manipolazione assolutamente arbitraria di simboli che finisce solo per confondere le idee a chi le osserva (e ci sono stato parecchio a cercare di comprendere il significato di quel simbolismo). Però, ripeto, magari ho questa opinione perché sono deluso dall'insegnamento, e dal fatto che tutto ci venga detto come se fosse scontatissimo ed evidente senza molte spiegazioni, quando sicuramente c'è una logica sottesa e uno spirito che possono essere compresi solo col duro sforzo. Insomma, Wittgenstein mi ha quasi dato la conferma di una "delusione" che colpisce il mio spirito e amore per la matematica, forse una "ferita" che avrà bisogno del suo tempo per essere completamente rigenerata.

          Citazione
          Davvero? (Domanda non retorica: propenderei per una risposta negativa, ma non sono affatto sicuro che sarebbe corretta; anche perche' non mi e' ben chiaro cosa tu intenda.)

          Non proprio, nel senso che mi sono spiegato molto molto male nel mio post precedente: Frege e Russell hanno tentato con le proprie opere di ridurre la matematica alla logica (e Wittgenstein ha preso le mosse da loro, muovendogli poi tutte le critiche sottese nel Tractatus), e questi tentativi formali hanno ben giocato un ruolo di capitale importanza nella formulazione, ad esempio, della teoria degli insiemi. Soprattutto Frege, forse ritenuto il più grande logico assieme ad Aristotele, ha elaborato le tavole della verità che sono implicitamente nascoste in tutte le dimostrazioni dei teoremi e in tutte le forme di ragionamento utilizzate per risolvere ogni tipo di problema. La logica in sé, per sollevare l'altro punto in cui sono sembrato ambiguo, è un'area rispettabilissima e necessaria, ma, e per questo criticavo in particolar modo una proposizione di Wittgenstein, non può contenere l'intera matematica. Se così fosse, allora, l'algebra, almeno quella che ho studiato io, che ancora non è quella dei gruppi degli anelli e dei campi, bensì quella della teoria degli insiemi, delle funzioni e delle relazioni, sarebbe esattamente fine a se stessa e sarebbe identica a come mi viene attualmente insegnata. Ma ancora, per rinforzare il fatto che la mia è un'opinione personalissima e rischiosa, probabilmente parlo per "delusione" e accetto il tuo suggerimento di ripensarci tra qualche anno, sperando che le cose possano migliorare.

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            Re:Che libro c'è sul comodino?
            Risposta #1489: Lunedì 30 Ott 2017, 10:02:19
            Io e Kim abbiamo fatto molte gite in montagna e abbiamo visitato molti luoghi che portano ancora i segni della grande Guerra e dei suoi morti. Abbiamo visitato il il monte Cengio, il Pasubio con le sue 52 gallerie (percorso bellissimo e che consiglio a tutti),  e il suo Ossario (impressionante vedere non solo il numero dei caduti, ma la loro età..la maggior parte erano giovani di 19 anni al massimo), siamo poi stati sull'Ortigara e a Cima Caldiera (quest'anno ricorre anche il centesimo anniversario della famosa battaglia dove l'esercito italiano ha avuto migliaia di morti) e infine sul monte Piana (dove le vittime sono state 14000). Ho letto poi, (ormai interessata all'argomento) Un anno sull'altipiano di Lussu.. Credevo fosse un libro lontano dal mio genere, invece è stato proprio bello. Lussu, che la Guerra l'ha vissuta al fronte, riesce a descriverla in modo preciso, drammatico ma al tempo stesso ironico e riesce a dare testimonianza della follia che molte volte animava i generali e che costava la vita a molti soldati. Riesce al tempo stesso a descrivere il misero stato dei soldati semplici, che per i superiori valevano poco ed erano visti come pedine in mano ai superiori. Lussu riesce a far capire quanto poco contasse la vita, ma lo fa riuscendo ad unire il dramma all'ironia e ti strappa molto sconcerto e qualche sorriso amaro. E' un libro che consiglio, perchè è molto scorrevole, di facile lettura e adatto a tutti quelli che vogliono avvicinarsi all'argomento.
            "Un libro es un espejo y solo podemos encontrar en él lo que ya llevamos dentro"
            - Carlos Ruiz Zafón -

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              Re:Che libro c'è sul comodino?
              Risposta #1490: Martedì 7 Nov 2017, 17:36:47
              Citazione
              Poco dirò, invece, su Il Simposio di Platone, che per quanto sia attuale nella sua esposizione e, soprattutto, nel suo contenuto, non incontra il mio gusto a livello di tematiche. Interessanti le varie teorie esposte sull'amore, o più propriamente sull'Eros, tuttavia non mi piace disquisire sull'argomento, e infatti non vi ho nemmeno fatto una recensione particolarmente approfondita, pertanto passerò direttamente al prossimo testo.

              Premesso che non ho ancora avuto modo di leggere il Simposio di Platone, ritengo poco opportuno liquidare così le tematiche platoniche; per quanto riguarda il tema dell'Eros, dovresti assolutamente, se non l'hai già fatto, integrare la lettura del Convito con quella del Fedro , probabilmente il dialogo più bello che abbia letto, in cui da un lato si affronta il tema dell'amore come philia (piuttosto lontano dalla mentalità odierna, basta leggere le prime pagine per rendersene conto) e, dall'altro, Socrate attua un'interessantissima (anche dal punto di vista logico) decostruzione e confutazione del discorso di Fedro, giungendo ad elaborare una concezione dell'amore che trascende ampiamente il limitato contesto in cui è ambientata l'opera, pervenendo a un esito di validità-concedetemi-"universale". Ti parlo del Fedro perché ho dovuto portarlo per il programma di storia della filosofia antica (al I anno) e ha rappresentato la parte più interessante di quel corso, oltre che una sorpresa graditissima, visto che perfino l'intellettualistica teoria delle idee, all'interno di quel dialogo, diventa di piacevole lettura.

              P.S: Per quanto riguarda Kant, leggere le tre Critiche senza una previa infarinatura manualistica (di livello universitario) e, ancor di più, senza il supporto di un corso introduttivo, a mio avviso avrà come unico risultato possibile la resa incondizionata del povero lettore ;D
              Purtroppo Kant non riusciva mai a scrivere libri di facile lettura; anche un testo relativamente più semplice come la Fondazione della metafisica dei costumi , per esempio, presenta passaggi piuttosto intricati, lo so per esperienza personale...

              P.P.S: Cambiando argomento, in questi ultimi tempi mi sto dedicando alla lettura del Bhagavadgita , testo che non finisce mai di sorprendere, devo dire.
              « Ultima modifica: Martedì 7 Nov 2017, 18:11:02 da PkAvenger96 »
              Chi sa di aver già vinto, non combatte.
              Solo chi deve rovesciare la sorte, lotta fino all'ultimo!

              Un supereroe solitario e silenzioso!  Posso almeno fischiettare? (Magari la Marcia di Topolino?)

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              Andy98
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                Re:Che libro c'è sul comodino?
                Risposta #1491: Martedì 7 Nov 2017, 22:04:15
                Premesso che non ho ancora avuto modo di leggere il Simposio di Platone, ritengo poco opportuno liquidare così le tematiche platoniche; per quanto riguarda il tema dell'Eros, dovresti assolutamente, se non l'hai già fatto, integrare la lettura del Convito con quella del Fedro , probabilmente il dialogo più bello che abbia letto, in cui da un lato si affronta il tema dell'amore come philia (piuttosto lontano dalla mentalità odierna, basta leggere le prime pagine per rendersene conto) e, dall'altro, Socrate attua un'interessantissima (anche dal punto di vista logico) decostruzione e confutazione del discorso di Fedro, giungendo ad elaborare una concezione dell'amore che trascende ampiamente il limitato contesto in cui è ambientata l'opera, pervenendo a un esito di validità-concedetemi-"universale". Ti parlo del Fedro perché ho dovuto portarlo per il programma di storia della filosofia antica (al I anno) e ha rappresentato la parte più interessante di quel corso, oltre che una sorpresa graditissima, visto che perfino l'intellettualistica teoria delle idee, all'interno di quel dialogo, diventa di piacevole lettura.

                P.S: Per quanto riguarda Kant, leggere le tre Critiche senza una previa infarinatura manualistica (di livello universitario) e, ancor di più, senza il supporto di un corso introduttivo, a mio avviso avrà come unico risultato possibile la resa incondizionata del povero lettore ;D
                Purtroppo Kant non riusciva mai a scrivere libri di facile lettura; anche un testo relativamente più semplice come la Fondazione della metafisica dei costumi , per esempio, presenta passaggi piuttosto intricati, lo so per esperienza personale...

                Hai perfettamente ragione, tuttavia non ho le competenze necessarie per disquisire o dire qualcosa di "intelligente" sulle teorie di un filosofo del calibro di Platone, e in più sono piuttosto "parato" sulla tematica dell'amore in senso lato, quindi preferisco non parlarne. Il mio primo interesse era di entrare in contatto con Platone, Il Fedro mi intrigava parecchio, avendo io stesso sentito di una trattazione estetica che ne citava alcuni passi e li commentava, però tutti consigliavano Il Simposio e allora me lo sono comprato e letto anche piuttosto agevolmente (sapendo, ovviamente, quale fosse l'argomento del dialogo), ma proprio per il tipo di tematica non mi ha potuto, purtroppo, lasciare qualcosa di significativo.
                In ogni caso, reperire delle opere di Platone non è nemmeno difficile e si trovano anche ad un prezzo molto conveniente, quindi, se non fosse per il fatto che ho già in programma altre cinque letture, sarei già corso a recuperare altri suoi dialoghi, Il Fedro in primis: Platone è attualissimo e ancora oggi merita di essere letto, sia mai che una rilettura de Il Simposio tra un bel po' di tempo possa darmi molto di più. Tutto dipende dall'ultima lettura che farò prima della fine dell'anno (Ce l'ho da maggio nella libreria, mesi di "preparazione spirituale"), da quella vedrò se al momento fermarmi un attimo con i testi di filosofia e riprendere in mano Gadda, la Woolf e qualche altro autore del secolo scorso, se no potrei subito provvedere a recuperare qualcosa di Platone, mi interessa proprio.

                Per quanto riguarda Kant, penso che, oltre ad un problema di preparazione (fatto in quarta nel giro di un mese senza poter cogliere nemmeno un briciolo della sua importanza, perfino la parte del giudizio estetico, che era quella che più mi interessava da appassionato di estetica, è stata liquidata come se fosse cosa di poco conto, peccato che poi Schiller e altri ci abbiano discusso intorno e a quel punto anche farsi altre letture in cui viene citato Kant può mettere in difficoltà su certi passaggi), sia anche legato al rigore con cui scrive, per cui è soprattutto necessaria una lettura partecipata. Tuttavia, se posso permettermelo, Adorno è anche peggio, con quelle paratassi densissime che fondono assieme anche tre o quattro concetti diversi per sintetizzarne uno che potrebbe magari essere detto in una maniera non dico più banale, ma comunque più lineare. Tra tutti i filosofi di cui ho letto qualcosa (Kant compreso, escludo le quattro righe di Hegel che finirono in un compito di quinta tratte dall'Enciclopedia), è probabilmente quello che meno incontra il mio gusto a livello di scelte stilistiche. In ogni caso, quando verrà il momento giusto, affronterò nuovamente la lettura di Kant e mi lascerò coinvolgere da suoi rigorosi ragionamenti, solo non lo ritengo uno scrittore insormontabile, a differenza, appunto, di Adorno.

                E già che ci sono, parlo un attimo dei due libri che attualmente sto leggendo, rispettivamente uno durante la settimana tra un viaggio e l'altro, e uno invece nei buchi del weekend in cui ho bisogno di staccare la spina da tutto e tutti. Il primo è Teoria Estetica di Adorno, in cui, nonostante la già commentata densità di scrittura (come già lamentai parlando dei Minima Moralia), sto trovando tantissimi spunti interessanti: è un peccato che sia un'opera postuma ed incompiuta, però c'è anche da ammettere che da quelle righe così impenetrabili trapela una bella sincerità, al punto che, nonostante l'impegno nella lettura, riesce a lasciarmi molto più di quanto abbia fatto criticando la società e i suoi consumi (vedasi sempre i Minima Moralia per questo riferimento). Il secondo, invece, è Filosofia della Rivelazione di Schelling. Quando sono andato in biblioteca a ritirarlo mi hanno guardato con una faccia sorpresa, eppure la lettura, al momento, nonostante diverse osservazioni piuttosto dotte e argute, non mi sembra così impossibile: non chiedetemi come ma Schelling è stato uno dei pochi filosofi che hanno catturato la mia attenzione durante i tempi del liceo, e per contro sto pure leggendo un testo che non appartiene alla sua fase "idealista"  ;D Mi spiace solo che in italiano ci sia ben poco sul suo conto, ero molto interessato alle sue teorie estetiche e al momento non ho trovato niente, per questo ho optato per tutt'altra direzione.
                « Ultima modifica: Martedì 7 Nov 2017, 22:08:35 da Andy98 »

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                  Re:Che libro c'è sul comodino?
                  Risposta #1492: Martedì 7 Nov 2017, 22:13:50
                  Kant mi sta abbastanza sulle palle come filosofo. Settando un canone, ha distrutto la filosofia, rendendola sterile, poichè la filosofia è libera speculazione e dunque il concetto di canone le è del tutto estraneo
                  Perchè di questo mondo siamo solo ospiti, fra i tanti. E non i padroni. Insieme abbiamo dimostrato tante cose, ma la più importante è che non esiste l'impossibile. Antidarwinista

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                    Re:Che libro c'è sul comodino?
                    Risposta #1493: Domenica 12 Nov 2017, 20:49:52
                    Settando un canone, ha distrutto la filosofia, rendendola sterile

                    Perdonami, non l'ho mica capita. ???



                    Vorrei contestualmente far presente che mi farebbe davvero tanto piacere partecipare alle conversazioni che ultimamente stanno fiorendo in questo topic attorno alle letture di Andy. Purtroppo il tempo è l'ultima cosa che ho in questo periodo, e sono passati i tempi in cui mi concedevo il lusso di infliggere all'uditorio post chilometrici di varia umanità... Scusate... (anche se in realtà è perlopiù una buona notizia... ;D)
                    « Ultima modifica: Domenica 12 Nov 2017, 20:52:37 da Dominatore delle Nuvole »

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                      Re:Che libro c'è sul comodino?
                      Risposta #1494: Domenica 12 Nov 2017, 21:08:16
                      Dicevo che visto che la filosofia in origine è libera speculazione, se imposti un canone la snaturi
                      Perchè di questo mondo siamo solo ospiti, fra i tanti. E non i padroni. Insieme abbiamo dimostrato tante cose, ma la più importante è che non esiste l'impossibile. Antidarwinista

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                        Re:Che libro c'è sul comodino?
                        Risposta #1495: Domenica 12 Nov 2017, 21:09:13
                        Dicevo che visto che la filosofia in origine è libera speculazione, se imposti un canone la snaturi

                        Sì, quello mi è chiaro. :) Non capivo di preciso cosa intendessi con "canone".

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                          Re:Che libro c'è sul comodino?
                          Risposta #1496: Lunedì 13 Nov 2017, 22:57:45
                          Kant mi sta abbastanza sulle palle come filosofo. Settando un canone, ha distrutto la filosofia, rendendola sterile, poichè la filosofia è libera speculazione e dunque il concetto di canone le è del tutto estraneo
                          Dicevo che visto che la filosofia in origine è libera speculazione, se imposti un canone la snaturi

                          Ammetto che questo è un tema spinoso, e che in effetti il lògos filosofico, nel corso dei secoli, ha perso parte del suo libero fluire dialettico (interessanti, a tal proposito, le prospettive del nuovo pensiero ebraico (Rosenzweig su tutti) e di P.Florenskij ("Stupore e dialettica", testo di piacevole lettura, anche per i nemici giurati del platonismo1 :D)-cito queste figure per non parlare dei soliti noti). Secondo me, tuttavia, il giudizio su Kant espresso da Hero of Sky era troppo lapidario e ingeneroso: così ci si accaniva troppo su di un singolo filosofo, dimenticando che di canoni e rigidi sistemi razionalistici la storia del pensiero filosofico ne è costellata; forse sono di parte perchè a me Kant piace molto...

                          O.T: Concedetemi un'ulteriore riflessione personale: oggi, il vero problema della filosofia (leggi: italiana) è la sua degenerazione in senso televisivo-mainstream e teoretico-complottistico (leggi: frullato di marxismo, neoidealismo gentiliano, teoresi rossobruna e complottismo sic et simpliciter); in questa prospettiva, il distruttore della filosofia certo non è il canone kantiano... anzi, Kant è quasi un salvatore, visto che almeno-questo è innegabile-possedeva un profondo rigore nell'esposizione delle proprie argomentazioni, cosa di cui oggi avremmo davvero molto, molto bisogno... Riconosciamo al filosofo prussiano anche i suoi meriti!   
                          Perdonatemi, ma certe cose ispirano il mio lato cattivo  >:(  Fine O:T. 2

                          1: così questo post è un po' più In Topic.
                          2: sottolineo che non voglio deviare troppo dal topic principale; chi volesse rispondermi mi mandi un MP.
                          « Ultima modifica: Lunedì 13 Nov 2017, 23:05:30 da PkAvenger96 »
                          Chi sa di aver già vinto, non combatte.
                          Solo chi deve rovesciare la sorte, lotta fino all'ultimo!

                          Un supereroe solitario e silenzioso!  Posso almeno fischiettare? (Magari la Marcia di Topolino?)

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                            Re:Che libro c'è sul comodino?
                            Risposta #1497: Sabato 25 Nov 2017, 13:29:12
                            LEGGENDE E RACCONTI POPOLARI DI NAPOLI, A. Matassa

                             Eccellente raccolta di fiabe, miti e tradizioni popolari, di cui
                            sono un grande appassionato.
                            Gran parte del materiale proviene dall'opera di G.Basile,
                            Il cunto de li cunti (1600), altrimenti conosciuto come Il Pentamerone.
                            Si tratta della piu grande e antica(molte risalgono al medioevo) raccolta
                            di fiabe e leggende partenopee e il titolo allude all'opera di Boccaccio , e in
                            effetti, proprio come il Decameron, l'opera è inserita in una cornice, dove, per cinque giorni,

                            dieci vecchiette raccontano fiabe. Molte fiabe, per la loro maliziosità,
                            ricordano certe novelle del Boccaccio.Siamo dunque davanti a un opera
                            non certa nata per dilettare i piu piccoli.
                            Il Basile recupera un mondo magico, un mondo ormai perduto e lo rielabora
                            creativamente, nello stile e nel linguaggio.Le fiabe sono caratterizzate
                            da un linguaggio fantasioso, allusivo, metaforico, barocco.

                            Benedetto Croce lo considerava un capolavoro del barocco,"un libro vivo,
                            che non ha a che vdere con una mera raccolta di fiabe siciliane, toscane
                            e veneziane, piuttosto si ricongiunge idealmente alla letteratura italiana
                            d'arte che aveva col Pulci,, col Folengo,e per alcuni aspetti
                            col Boiardo e con l'Ariosto, preso a rifoggiare la materia dei romanzi
                            cavallreschi e della letteratura popolare .Il tutto trasferito nell'ambiente del 600"

                            Eppure si tratta(come si dice anche nella prefazione) di un opera
                            piu nota all'estero che in italia. Ammirata dai fratelli grimm e da Perrault, fu
                            per loro fonte d'ispirazione.
                            La fiaba Gatta cenerentola(presente nella raccolta) ricorda chiaramente quella famosa di cenerentola. Sono in doppia versione, in dialetto napoletano e tradotte in italiano.
                            E' qui presente solo una seleziona delle fiabe,completano il libro
                            le leggende napoletane di Matilde Serao e una serie di leggende e racconti di tradizioni orali
                            tramandate di generazione in generazione. ... 
                            « Ultima modifica: Sabato 25 Nov 2017, 13:32:36 da Paperock »

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                              Re:Che libro c'è sul comodino?
                              Risposta #1498: Sabato 25 Nov 2017, 14:38:36
                              Teoria Estetica Theodor W. Adorno

                              Senza ombra di dubbio l'opera più complessa che abbia mai letto finora.

                              Opera postuma ed incompiuta di Adorno, il testo è un considerevole "frammento" di cinquecento pagine circa in cui il filosofo compie un tortuoso ed incessante viaggio alla scoperta dell'arte del XX secolo, intrisa di paradossi, contraddizioni ed ambiguità. Il suo pensiero è asistematico, segue una struttura spiraliforme simile alla logica concettualizzata da Hegel: lo scopo è quello di spingere dall'interno l'arte fino a far emergere quale sia la sua essenza e il suo scopo, tuttavia tra un tentativo e l'altro molti concetti si accorpano, si perdono, si ritrovano, e il discorso assume una forma complessa, pesante e, nonostante questo, estremamente illuminante.

                              Pur non sopportando la paratassi adorniana e il suo continuo costruire barriere concettuali capaci di scoraggiare chi non è all'altezza dei suoi lavori, devo ammettere che, nonostante certi picchi di difficoltà legati alla mia non completa conoscenza di Kant, Hegel e Benjamin (i tre filosofi a cui Adorno strizza l'occhio durante quasi tutto il percorso intrapreso), sia riuscito comunque a trovare tantissimi spunti per letture in ambito estetico, dove Adorno stesso è un vero maestro, più di quanto lo sia stato in termini di critica sociale (a cui penso che preferirò Marcuse, tuttavia se ne riparlerà quando avrò finalmente tempo di leggere qualche suo testo): sconvolgente, ma nonostante questo profondamente veritiera l'idea secondo cui "quanto più comprendiamo di un'opera d'arte tanto meno ne trarremo godimento dalla sua contemplazione", forse il concetto che più mi è rimasto impresso tra i tanti proposti dal filosofo. Effettivamente, se ripenso ai suggestivi quadri di De Chirico o di Dalì ciò diventa ancora più interessante: non condivido l'idea di contemplazione passiva - che invece sospetto sia spalleggiata da Adorno, dal momento che lungo il testo scrive l'arte non è concepita per generare soddisfazione in chi la osserva - pertanto credo che l'opera d'arte necessiti assolutamente di una partecipazione da parte dell'altro, di una reazione, quantomeno.

                              Potrei approfondire molti altri punti, ad esempio il ruolo che l'arte ricopre nella società, la sua mercificazione, le allusioni evidenti a Duchamp e al condurre il concetto a diventare opera d'arte a scapito della realizzazione, le dissertazioni sul bello naturale e artistico, il concetto di "tecnica", la dialettica dell'arte tra particolare ed universale, cosa siano il soggetto e l'oggetto nelle opere artistiche e così via, tuttavia questo richiederebbe un quantitativo di tempo e, soprattutto, di righe, che potrebbero a lungo annoiare chiunque stia leggendo queste mie considerazioni (dal momento che una recensione su un simile lavoro può solo essere meditata col tempo e non scritta di getto), di conseguenza vi invito caldamente a leggerlo mettendovi in guardia: la preparazione filosofica e artistica richiesta è alta e probabilmente lungo la lettura perderete di vista le tracce del cammino disseminate di Adorno. Nonostante ciò, godetevi quei momenti in cui riuscirete a trovare degli spunti perché questo testo merita tutta l'attenzione di coloro che sono interessati all'estetica. Quando avrò scritto la recensione, editerò il post con una serie di periodi che mi hanno incuriosito e che vi propongo come stimolo alla lettura di un vero e proprio capolavoro della filosofia novecentesca. Rimediterete sicuramente la vostra concezione dell'arte.
                              « Ultima modifica: Sabato 25 Nov 2017, 14:40:51 da Andy98 »

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                              Andy98
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                                Re:Che libro c'è sul comodino?
                                Risposta #1499: Mercoledì 6 Dic 2017, 15:51:59
                                La struttura del comportamento - Maurice Merleau-Ponty

                                Sono i pittori - certi pittori - che ci hanno insegnato, secondo le parole di Cézanne, a vedere i volti come pietre. Il significato umano è dato anteriormente ai pretesi segni sensibili. Un volto è un centro di espressione umana, l'involucro trasparente delle tendenze e dei desideri altrui, il luogo di comparsa, il punto di appoggio appena materiale di una quantità di intenzioni. Di qui viene l'impossibilità, per noi, di considerare un volto o un corpo anche morto come una cosa. Si tratta di entità consacrate, non di "dati visibili". Si potrebbe essere portati ad affermare che, dopo il corpo dell'uomo, sono gli oggetti d'uso creati dall'uomo che compongono il campo della percezione iniziale. E difatti stupisce la loro preponderanza nell'uomo adulto. La realtà ordinaria è per lui una realtà umana, e quando avviene che degli oggetti d'uso - un guanto, una scarpa, col loro carattere umano, posti in mezzo ad oggetti naturali, sono visti per la prima volta come come - quando gli avvenimenti della strada - un assembramento di persone, un incidente - guardati dai vetri di una finestra che ne trattengono il rumore, sono ridotti alla condizione di puro spettacolo, e rivestiti da una specie di eternità, abbiamo l'impressione di penetrare in un altro mondo, in una realtà surreale, perché si rompe per la prima volta la solidarietà che ci lega al mondo umano, e al di là di esso scorgiamo una natura in sé. (III. L'ordine fisico, l'ordine vitale, l'ordine umano, p.183)

                                Un testo che, nonostante l'edizione italiana piena di refusi sciocchi, meriterebbe di essere letto anche da parte dei non amanti della filosofia: in esso Merleau-Ponty compie, confrontandosi con le dottrine psicologiche del secolo scorso, quel lungo e tortuoso viaggio alla ricerca dell'intrinseco significato della percezione, tracciando un orizzonte filosofico mai come oggi attuale e profondamente veritiero. Non è ovviamente ai livelli della ben più profonda Fenomenologia della Percezione, in cui la ricerca filosofica la si vive totalmente senza esporla soltanto al lettore, tuttavia è in grado allo stesso modo di restituire a chi legge l'importanza di un filosofo i cui studi stanno, fortunatamente, acquisendo un rilievo sempre più grande e in contrapposizione con Sartre (quando invece Merleau-Ponty veniva affrontato esclusivamente come un contemporaneo di Sartre che gli differiva per alcune questioni speculative, complice la prematura scomparsa e il lungo silenzio sul suo conto tra gli anni '60 e gli anni '80, ma fortunatamente abbiamo in Italia studiosi come Mauro Carbone che tanto si sono impegnati a diffonderne il pensiero).

                                Faccio giusto una riflessione personale, un qualcosa che ho provato personalmente leggendo l'estratto che ho riportato sopra e poi quello che vi lascerò come conclusione a questo mio commento: molte persone oggi hanno davvero perso la consapevolezza di quanto sia importante vivere il proprio corpo in senso lato. O lo si trascura, nel senso che non se ne coglie l'importanza e il rilievo che può giocare per migliorare la nostra vita, oppure lo si vive nel modo sbagliato, o ancora lo si sostituisce a tutto ciò che è certo, razionale e dato, o infine lo si considera inferiore rispetto alla sfera emotiva, ritenuta senza motivo come qualcosa di più profondo rispetto a tutto ciò che è fisico o connesso ai sensi. Ci sono tanti errori che si compiono, io stesso per alcuni versi non ho compreso fino in fondo questa importanza, eppure sento che Merleau-Ponty sia riuscito a lasciare in me e ad altri un segnale e una possibilità per essere più sereni e in sintonia con noi stessi e il mondo in cui siamo immersi. Non voglio tediarvi in lungo e in largo con considerazioni che oggettivamente sono troppo complicate per essere riassunte in due righe come sto facendo ancora (giacché si rischia di passare per superficiali, tralasciando un'infinità certamente non numerabile di casi e sfaccettatura), però vi invito caldamente a meditare su questo passo: potrete non essere d'accordo, però sono certo che prenderete un'opinione a riflettere comunque sul significato della percezione.

                                La prospettiva non appare a me come una deformazione soggettiva delle cose, ma al contrario come una delle loro proprietà, forse la loro proprietà essenziale. È la prospettiva che fa sì che si che il percepito possegga in sé una ricchezza nascosta e inesauribile, che si presenti come una "cosa". In altre parole, quando, si parla del prospettivismo della coscienza, l’espressione è equivoca. Può significare che alla conoscenza primitiva sarebbe dato soltanto la proiezione prospettiva degli oggetti, e in questo senso l’espressione è inesatta, poiché le prime reazioni del bambino sono adattate per esempio alla distanza degli oggetti; il che esclude l’idea di un mondo fenomenico che si mostri, all’origine, privo di profondità. Il prospettivismo non è qualcosa di subito, ma qualcosa che fin dall’inizio è conosciuto come tale. Anziché attribuire alla percezione un coefficiente di soggettività, le conferisce al contrario la garanzia di comunicare con un mondo più ricco di quella parte dell’oggetto che noi conosciamo, cioè con un mondo reale. I profili della mia scrivania non si danno direttamente alla coscienza come apparenze prive di valore, ma come "manifestazioni" della scrivania. Così, quantunque la coscienza ingenua non confonda mai la cosa con il mondo in cui essa ci appare, e anzi proprio perché non fa mai questa riproduzione soggettiva. La coscienza ingenua non immagina che il corpo o "rappresentazioni" mentali siano come uno schermo tra sé e la realtà. Il percepito viene colto in modo indivisibile come "in sé", cioè come dotato di un contenuto che non potrei mai esaurire, e come "per me", cioè come dato in carne ed ossa attraverso i suoi aspetti momentanei.(IV. Le relazioni tra l’anima e il corpo e il problema della coscienza percettiva, p.204)

                                 

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