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Che libro c'è sul comodino?

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Cosetta
Brutopiano
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    Re:Che libro c'è sul comodino?
    Risposta #1545: Martedì 12 Giu 2018, 21:25:34
    non ho letto nulla di Hugo
    Beh, allora te lo consiglio vivamente! A volte può risultare un po' prolisso perché intervalla parti narrative ad abbastanza ampie parti storiche e morali, ma ha delle idee eccezionali e un modo di accostare le parole davvero sublime, quando le "maneggia" lui rendono al massimo della loro potenza! Mi è rimasto molto impresso un capitolo di Notre-Dame de Paris intitolato Questo ucciderà quello in cui parlava dell'architettura prima e dopo l'invenzione della stampa. C'era l'immagine, bellissima, di tutti i libri stampati dal 1455 all'epoca della scrittura del romanzo che formano un edificio altissimo, in cui ogni libro, non importa se capolavoro o no, ha il proprio posto. E pensare che Hugo aveva solo 27 anni quando ha scritto Notre-Dame!
    "E innanzi a lor sta ritto l'Alighieri
    Che li punzecchia con la penna in resta
    In punizion dei lor peccati veri!"

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    brigo
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    PolliceSu
      Re:Che libro c'è sul comodino?
      Risposta #1546: Martedì 12 Giu 2018, 23:16:27
      non ho letto nulla di Hugo
      Beh, allora te lo consiglio vivamente!

      Con il tuo nick non potrebbe essere diversamente.  ;)

      Ho letto "I miserabili" l'estate scorsa, è stata un'ottima compagnia. Non so come possa esser stato possibile con uno come me, ma in alcuni frangenti durante la lettura sono riuscito ad emozionarmi fino a, perché no, commuovermi.
      "Notre-Dame de Paris" invece l'ho letto diversi anni fa, e ricordo poco: ricordo però che l'inizio per me (ero adolescente) fu piuttosto ostico, estremamente descrittivo, sembrava non volesse mai entrare nel vivo. Poi ovviamente si inizia ad andare nel vivo e si arriva in fondo tutto d'un fiato.

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        Re:Che libro c'è sul comodino?
        Risposta #1547: Mercoledì 13 Giu 2018, 13:36:50
        Non l'ho letto (non ho letto nulla di Hugo, e dunque apprezzo molto i tuoi consigli) ma ricordo che questa frase:
        Citazione
        La mer était étale, mais le reflux commençait à se faire sentir
        è posta ad epigrafe del libro Étale cohomology di J. Milne.
        Quanto a questo, non ho mai capito perche' nessuno (che io sappia) abbia usato il verso
        To grasp this sorry Scheme of Things entire,
        come epigrafe per qualche testo di geometria. Oltretutto, almeno uno tra i coautori di questo verso se ne intendeva parecchio di matematica (cosa non credo valesse per Hugo).

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        Andy98
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          Re:Che libro c'è sul comodino?
          Risposta #1548: Sabato 23 Giu 2018, 21:46:37
          In questi due mesi, non con poche difficoltà dovute a fattori esterni, mi sono focalizzato esclusivamente su tre autori: Albert Camus, André Gide e Vittorio Alfieri. Chiaramente, non c'era dietro una logica né un percorso prefissato, diciamo che sono andato a seconda dell'inclinazione del momento.

          Di Camus ho letto vari testi, nell'ordine: Lo straniero, Caligola, La caduta, La peste e, in mezzo a tutte queste, Il mito di Sisifo. Complessivamente sono rimasto soddisfatto, in particolar modo dai primi tre: Lo straniero traduce bene in immagini, secondo una scrittura paratattica, molte delle idee espresse forse con troppa foga e poca maturità filosofica ne Il mito di Sisifo, soprattutto il concetto di "assurdo" nell'esistenza umana. Caligola, invece, sembra quasi dar credito alla teoria dell'eterno ritorno di Nietzsche, annullando ogni forma di progresso umano possibile. La caduta è geniale per lo stile, sembra quasi di star dialogando con l'egocentrico protagonista, e rappresenta senza alcun dubbio l'espressione più matura del pensiero di Camus. La peste, infine, è il romanzo più accessibile, e forse proprio per gusto non ne ho apprezzato appieno lo stile; importante, tuttavia, l'atteggiamento che assumono i protagonisti davanti alla tragedia e il fatto che tentino invano di contrastare l'assurdo.
          Avrei voluto leggere anche L'uomo in rivolta, però all'ultimo mi sono tirato indietro per via dell'eccessiva presenza di temi storico-politici: da un punto di vista filosofico non è proprio il mio genere di argomento.

          Gide tra i tre è quello che più mi ha interessato e potrebbe facilmente diventare uno dei miei scrittori preferiti se riuscissi a reperire altre sue opere (purtroppo devo amministrare oculatamente le mie finanze, soprattutto perché ho ricevuto uno smacco lavorativo piuttosto pesante e quindi sono saltati dei potenziali acquisti). I nutrimenti terrestri, il primo che ho letto, eccelle dove D'Annunzio, di cui stavo leggendo Il fuoco che ho poi abbandonato sul cominciare della seconda parte, aveva fallito con la sua scrittura ampollosa: catturare con vitalità le esperienze sensoriali. Un testo eterogeneo nelle forme e all'avanguardia per il periodo in cui è stato scritto (1897), un intenso ditirambo in cui lo scrittore francese riesce a fondere la sensibilità decadente in un prospetto etico-morale.
          Paludi, invece, è un autentico gioco di scatole cinesi, una narrazione dentro la narrazione dove viene presa in giro non solo la società borghese, ma anche e soprattutto la figura dello scrittore convinto di aver trovato l'idea geniale da ciò che è banale allo scopo poi di infarcire il proprio romanzo di citazioni letterarie e di assurde allegorie morali: insomma, l'atteggiamento di chi, alle prime armi, crede che verrà fuori un grande lavoro elevando il mediocre a grandioso con tanto di insegnamento nascosto dietro le righe. Necessita, tuttavia, di un occhio molto attento, è fondamentale riuscire a distinguere le varie voci narranti.
          I sotterranei del Vaticano, infine, è un "sotie" delizioso in cui Gide, tra le varie macchiette, riesce a circoscrivere l'uomo affetto da disturbo di personalità come lo si intenderebbe oggi sui manuali di psicologia. Camus deve molto a questo romanzo: in alcuni punti, infatti, la voce narrante sembra dialogare con il lettore allo stesso modo in cui Clamence si confida ne La caduta, mentre l'immotivato omicidio ricalca quello presente ne Lo straniero, solo contestualizzato nella teoria filosofica dell'assurdo.
          Un testo che vorrei leggere è sicuramente I falsari, solo che dovrò aspettare un bel po' prima di poterlo aggiungere alla mia libreria.

          Venendo ad Alfieri, in principio avevo recuperato uno dei due volumoni in cui si trovavano tutte le sue tragedie e avevo pensato di leggere tutte quelle in esso presenti: fortunatamente, sono poi tornato sui miei passi e ne ho lette solo tre Filippo, Polinice e Antigone, e penso che mi siano bastate a comprendere tematiche e stilemi dell'autore in questione (in realtà pensavo di aver messo le mani sul volume in cui si trovavano Saul e Mirra, e invece non sono stato sufficientemente attento mentre sceglievo in biblioteca).
          In genere sono abbastanza avverso alla lettura dei testi teatrali perché sono concepiti per essere rappresentati e chiaramente leggerli non produce il medesimo effetto. Inoltre, Alfieri non disponeva di una lingua adatta alle tragedie e ne ha dovuta costruire una che non sempre è scorrevole (ma penso che in generale sia un problema della letteratura italiana del Settecento, già Parini era fin troppo aulico per gli argomenti di cui voleva trattare). Nonostante questo, ho apprezzato moltissimo il Filippo, poi le altre due sono diventate troppo pesanti da sostenere, quindi non oso neanche immaginare come mi sarei sentito arrivato alla conclusione del decimo testo. Con questo non nego la grandezza dell'autore (soprattutto nell'uso degli scambi di battute rapidissimi che sono sempre piacevoli da leggere e da immaginare), tuttavia penso che la lettura dei suoi testi debba essere affrontata con la dovuta calma, altrimenti sembra di assistere grossomodo allo stesso canovaccio (in tutti i testi Alfieri si scontra con l'immagine del despota a cui il titanico protagonista si ribella al punto di darsi la morte o di farsi ammazzare).

          Penso che durante quest'estate, oltre a riposarmi non appena terminerà la sessione estiva, approccerò molti più autori, tra letteratura e filosofia.

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            Re:Che libro c'è sul comodino?
            Risposta #1549: Sabato 30 Giu 2018, 11:42:32
            I regni di Nashira

            Da un po' di anni non leggevo qualcosa della mia romanziera preferita... e, appena iniziato, ho subito provato le stesse emozioni, come se il tempo non fosse passato.
            Dopo un prologo di nemmeno tre pagine non sono più riuscito a fermarmi.

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              Re:Che libro c'è sul comodino?
              Risposta #1550: Giovedì 12 Lug 2018, 12:09:40
              Storie del signor Keuner,  Bertolt Brecht

              Parabole,storie, aneddoti, aforismi, che vedono protagonista il signor Keuner, uomo riflessivo, rompiballe,apparentemente cinico, che pone dubbi e domande che inquietano e disturbano, che incrinano le nostre (false) sicurezze... Lettura consigliata a chi non vuole semplicemente distrarsi.
              Ma chi è il signor Keuner? Probabilmente Brecht stesso.


              "Il signor Keuner percorreva una valle, quando improvvisamente notò che i suoi piedi affondavano nell’acqua. Allora capì che la sua valle era in realtà un braccio di mare e che si avvicinava l’ora dell’alta marea. Si fermò subito per guardarsi attorno in cerca di una barca e finché ebbe speranza di trovarla rimase fermo. Ma quando si persuase che non c’erano barche in vista, abbandonò questa speranza e sperò che l’acqua non salisse più. Solo quando l’acqua gli fu arrivata al mento abbandonò anche questa speranza e si mise a nuotare. Aveva capito che egli stesso era una barca."

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                Re:Che libro c'è sul comodino?
                Risposta #1551: Sabato 21 Lug 2018, 00:48:40
                Letto il libro di arrigo sacchi "calcio totale"
                si può dire bene o male di arrighe ma conosce il calcio come pochi al mondo.
                Straordinerio.  ;D ;D

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                  Re:Che libro c'è sul comodino?
                  Risposta #1552: Giovedì 26 Lug 2018, 16:08:15
                  Ho iniziato Tre uomini in barca di Jerome K Jerome perché avevo letto che era considerato un libro molto divertente (e perché ce l'avevo a casa). Devo dire che il fatto che fosse vecchiotto un po' mi preoccupava (è un romanzo breve inglese di fine ottocento). Invece si è rivelato davvero uno di quelli che fanno ridere. Lo consiglio a tutti, anche e in particolare a chi ama i cani perché c'è un cane che, pur essendo un personaggio secondario, è fantastico. Poi a breve dovrei iniziare un libro giallo di cui un amico mi ha parlato bene e che si chiama Precious Ramotswe, detective.

                  *

                  Andy98
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                    Re:Che libro c'è sul comodino?
                    Risposta #1553: Lunedì 30 Lug 2018, 13:40:33
                    Come mi ero promesso, durante questo mese ho approcciato differenti autori tra letteratura e filosofia, anche se il numero non lo reputo piuttosto soddisfacente per un periodo in cui mi sarei dovuto riposare e dedicare all'otium in maniera continuata (a meno dei necessari allenamenti in palestra, si intende). Oltretutto, nonostante sia soddisfatto di queste letture, non sono riuscito a stabilire un rapporto viscerale coi testi in questione, nulla che mi faccia pensare in un futuro di dargli una bella e partecipata rilettura.

                    Andando in ordine, Cose trasparenti di Vladimir Nabokov era rimasto intatto nella biblioteca della mia città, nessuno che avesse mai osato prenderlo e leggerlo, il che mi ha sorpreso non poco. Già prima avevo approcciato Nabokov con Ada, solo che il motivo amoroso si era fatto troppo pesante affinché potessi riuscire a terminarlo, e quindi volevo provare qualcosa di diverso: il libro succitato me l'ha consentito a metà, ovvero: si apre con delle premesse davvero interessanti, con l'intento, cioè, di lasciar emergere il passato di una persona dallo studio degli oggetti ad essa connessi, tuttavia la narrazione, a mio avviso, non è stata proprio all'altezza. Mi aspettavo un testo ben più sofisticato come Ada lo è stato in quelle duecento pagine che sono riuscito a leggere, però si lascia leggere bene, e, soprattutto, con molta attenzione.

                    Rispolverando la libreria, invece, mi sono trovato davanti I Malavoglia di Giovanni Verga e, tra il timore di leggerlo e la curiosità nel farlo, ho deciso di dargli un'opportunità: purtroppo, quando di un certo autore si viene costretti a leggere un testo significativo con tanto di verifica e papabile interrogazione, si finisce per svalutarne l'importanza: così è stato con Mastro-Don Gesualdo. Fortunatamente non è stato toccato il romanzo più significativo dell'autore, altrimenti mi sarei fatto mancare un gioiellino di stile e di narrazione: dopo circa 137 anni vanta una tecnica tutt'ora all'avanguardia, tra personaggi memorabili e una storia che può farsi apprezzare solo pagina dopo pagina, quando si fa propria la poetica verghiana. Bisogna, tuttavia, trovare il tempo per apprezzarlo, infatti sembra di leggere almeno il doppio delle pagine reali, però ne vale la pena. Peccato che sia tra le letture altamente consigliate nei programmi delle scuole superiori: la mia professoressa, per quanto bravissima e appassionatissima di ciò che insegnava, era solita a fare odiose verifiche in cui bisognava riconoscere alcuni passi del libro e commentarli nel dettaglio: non è un caso che abbia cominciato ad aprirmi alla lettura quando dovevo preparare la tesina e leggere testi per conto mio.

                    Ogni tanto mi viene sempre voglia di aprire qualcosina di Gadda, e a questo giro è toccato a La Meccanica, il suo primo e incompiuto romanzo: sarebbe altamente denigrante reputarlo inferiore ai suoi lavori più importanti, infatti Gadda ha imboccato quella strada già posta tra le righe della sua Meditazione Milanese e sta iniziando il suo processo di stravolgimento del romanzo che raggiungerà il suo massimo splendore con La cognizione del dolore e il Pasticciaccio.

                    Gadda, inoltre, ha compiuto un vero e proprio miracolo laico: mi ha convinto a leggere qualcosa di Calvino! Non un suo romanzo, quelli non sono riuscito mai a farmeli piacere, un po' per il problema delle letture obbligate, un po' perché non rientra proprio nei miei gusti, bensì un suo saggio, o meglio una serie di conferenze raccolte in Lezioni americane: infatti, nell'ultimo dei cinque capitoli, Calvino opera un interessante confronto tra Gadda e Musil in quanto autori di romanzi enciclopedici e continuatori di quella ricerca della verità e della conoscenza tipica degli antichi. Tra tanti riferimenti ed esempi, Calvino propone alcuni valori che, a suo avviso, troveranno posto nella letteratura del ventunesimo secolo (Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità, posti in ordine di importanza decrescente). Non sono convinto che questi concetti siano davvero parte della letteratura del nostro tempo (soprattutto se penso ad alcuni "best seller"), però non ho le fonti necessarie per stabilirlo. Inoltre, penso che la "Molteplicità" sia il valore più interessante tra i cinque e anche quello che dovrebbe rivestire un'importanza maggiore, seconda solo alla "Visibilità", che invece dovrebbe godere di una maggiore importanza filosofica (influenze merleaupontiane dietro l'angolo...) per dare la possibilità ai primi tre di emergere tra le pagine della letteratura.

                    Sulla Fosca di Tarchetti e sulla Logica come scienza del concetto puro di Benedetto Croce non ho molto da dire: da una parte c'è un romanzo sì interessante per la sua introspezione psicologica ma un po' meno per lo stile con cui intende affrontarla (è il solito problema, i testi in cui si discorre troppo d'amore non mi aggradano assai), dall'altra c'è un testo di filosofia che ha fatto abbastanza il suo tempo, soprattutto laddove Croce critica il formalismo matematico e la matematica in sé come scienza, su cui non mi trovo per nulla d'accordo, ma posso anche accettare una simile concezione per un libro che è stato scritto durante un periodo critico per la disciplina.

                    Ultimo testo da me letto è stato Candido, o l'ottimismo di Voltaire, già letto e (stranamente apprezzato) durante le superiori e ora ripreso con molto gusto: una satira pungente fa da accompagnamento ad una serie di effetti tragicomici, tra personaggi che in maniera improbabile ricompaiono dopo tanti capitolo e disgrazie su disgrazie che si accumulano e mettono alla berlina l'ottimismo leibniziano. Credo che i momenti di punta siano il primo e l'ultimo capitolo, e in generale la figura di Pangloss con la sua ottusa convinzione di vivere nel migliore dei mondi possibili: Leibniz è stato un grandissimo matematico, ma come filosofo, salvo alcuni concetti che si riallacciano al calcolo infinitesimale come il "principio di identità degli indiscernibili", mi ha sempre fatto sorridere per il sistema che aveva elaborato e per la sua spiegazione sulla teodicea. Nonostante questo, rammento lo squisito saggio di Gilles Deleuze che me ne ha fatto apprezzare maggiormente quei pochi concetti con cui potevo concordare.

                    In lettura, per ora, ci sono Orlando di Virginia Woolf per la letteratura ed Esperienza e natura di John Dewey per la filosofia: probabilmente agosto sarà un mese fruttuoso per le mie speculazioni, quindi accantonerò un po' i romanzi finché non dovrò ritornare in un università.
                    « Ultima modifica: Lunedì 30 Lug 2018, 13:42:55 da Andy98 »

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                    Solomon Cranach
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                      Re:Che libro c'è sul comodino?
                      Risposta #1554: Lunedì 30 Lug 2018, 20:48:52
                      Amo i Malavoglia, e sono contento che lo abbia apprezzato. E la cosa bella è che lo amo nonostante sia stata proprio una di quelle letture estive scolastiche che tu - giustamente, per carità :D - ricordi con dispiacere. Mi approcciai al libro alla fine della quarta liceo, temendo di trovarmi davanti un malloppone (come a scuola lo descrivevano... beh, tutti!), e invece mi feci rapire dalle bellissime atmosfere che Verga crea, pagina dopo pagina. Incredibile quanto racconti, in così poco spazio (è un romanzo piuttosto breve). Sono passati quasi cinque anni da allora, ma ne ricordo ancora molti episodi con vividezza.

                      Mi spiacque molto quando scoprii, al rientro dalle vacanze, che ai miei compagni invece aveva fatto l'effetto "classico", e che nessuno lo aveva apprezzato. E soprattutto mi spiacque molto il fatto che la stessa professoressa di italiano - la quale pure Verga lo apprezzava - fosse in un certo senso "pronta", rassegnata alla reazione, quando ci chiese come l'avevamo trovato...
                      « L'UNICA DIFFERENZA FRA LA FOTOCAMERA E NOI
                      È CHE LA FOTOCAMERA, QUESTA STUPIDA, NON SBAGLIA MAI,
                      MENTRE NOI SBAGLIAMO IN CONTINUAZIONE, IN OGNI DISEGNO.
                      ED È QUESTO CHE CREA LA MAGIA!
                      »

                      J. Giraud

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                        Re:Che libro c'è sul comodino?
                        Risposta #1555: Martedì 31 Lug 2018, 15:13:46
                        Amo i Malavoglia, e sono contento che lo abbia apprezzato. E la cosa bella è che lo amo nonostante sia stata proprio una di quelle letture estive scolastiche che tu - giustamente, per carità :D - ricordi con dispiacere. Mi approcciai al libro alla fine della quarta liceo, temendo di trovarmi davanti un malloppone (come a scuola lo descrivevano... beh, tutti!), e invece mi feci rapire dalle bellissime atmosfere che Verga crea, pagina dopo pagina. Incredibile quanto racconti, in così poco spazio (è un romanzo piuttosto breve). Sono passati quasi cinque anni da allora, ma ne ricordo ancora molti episodi con vividezza.

                        Mi spiacque molto quando scoprii, al rientro dalle vacanze, che ai miei compagni invece aveva fatto l'effetto "classico", e che nessuno lo aveva apprezzato. E soprattutto mi spiacque molto il fatto che la stessa professoressa di italiano - la quale pure Verga lo apprezzava - fosse in un certo senso "pronta", rassegnata alla reazione, quando ci chiese come l'avevamo trovato...

                        Il problema, come tu giustamente sottolinei, è che sono pochi gli studenti in grado di godersi una lettura scolastica, e sono del parere che non tutti gli insegnanti riescano a trasmettere la passione per la lettura, anzi, espedienti quali le verifiche, gli ammonimenti e le interrogazioni finiscono solo per far odiare un'attività che, in primo luogo, dovrebbe essere di puro diletto.

                        Mi ricordo quando la stessa professoressa ci dette da leggere Il consiglio d'Egitto di Sciascia dopo averci letto la potentissima parte in cui uno dei protagonisti subiva una tortura disumana: per via dello stile, nessuno riuscì a farselo piacere nonostante le dovute e stimolanti premesse, e indovinate quale fu la prima preoccupazione di tutti? Chiedere ai rappresentanti di classe di farle sapere che c'erano state delle difficoltà in modo da evitare una verifica che altrimenti avrebbe penalizzato le valutazioni di molti. Amareggiata, la professoressa ammise con profondo dispiacere che molti suoi studenti, negli ultimi anni, trovavano difficoltosa la lettura di Sciascia, e non se ne capacitava proprio. E così era stato lo scorso anno anche per Mastro-Don Gesualdo: la preoccupazione prima o era quella di evitare a tutti i costi la verifica o era quella di dover leggere bene e con attenzione in vista della verifica, mica il ritagliarsi mezz'oretta al giorno per poter adagio adagio assaporare il romanzo, coglierne il messaggio, e, soprattutto, dilettarsi.

                        Mai come oggi si sente la necessità di leggere e di formare un proprio spirito critico, e proprio per questo i professori, non solo di letteratura, dovrebbero trasmettere la passione per l'informazione e la lettura, e invece noto che i mezzucci che vengono adoperati alle superiori, ma anche alle medie a voler essere pignoli, finiscono per generare ripugno dalla gran parte delle persone: e il livello di cultura generale si abbassa, e con esso anche la capacità espressiva delle persone, che soprattutto sul web, a voler mettere da parte l'ortografia, lascia davvero l'amaro in bocca. E parla una persona che fino all'anno scorso odiava leggere, soprattutto sotto costrizione.

                        Chiusa questa parentesi che potrebbe aprirne troppe altre in un ininterrotto flusso di coscienza come me ne vengono quando penso (soprattutto ad alta voce), reputo I Malavoglia un romanzo davvero originale che potrebbe tranquillamente influenzare anche oggi la tecnica di scrittori troppo preoccupati a curare l'intreccio anziché la modalità di espressione: eppure per apprezzarlo fino in fondo e divenire partecipi del piccolo mondo di Aci Trezza, coi suoi personaggi colorati e la sua proverbiale saggezza, bisogna trovare il tempo e la voglia, cosa molto rara negli studenti, e non credo che una verifica possa fare molto a riguardo (anche perché, se non mi sbaglio, tanti o aspettano l'ultimo convinti di potersi leggere tutto un volume in una giornata, di per sé impossibile se uno è poco avvezzo alla lettura, o si cercano i riassuntini capitolo per capitolo online, una cosa che ho sempre detestato).

                        A conclusione di queste mie scarne considerazioni, mi viene da porre l'accento su come la poesia in generale risulti preponderante nei programmi di letteratura a discapito, invece, delle pagine in prosa e dei testi teatrale che, in genere, sono oggetto di letture estive e/o scolastiche, ma questa è giusto un'osservazione che faccio per mia esperienza.

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                          Re:Che libro c'è sul comodino?
                          Risposta #1556: Lunedì 20 Ago 2018, 11:54:10
                          In questo periodo mi è venuta voglia di rileggermi I viaggi di Gulliver

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                            Re:Che libro c'è sul comodino?
                            Risposta #1557: Lunedì 27 Ago 2018, 21:32:50
                            Mi approccio or ora alla saga della Fondazione

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                              Re:Che libro c'è sul comodino?
                              Risposta #1558: Martedì 28 Ago 2018, 11:11:37
                              Mi approccio or ora alla saga della Fondazione

                              Mai scelta fu più saggia, mio bravo. Le mie felicitazioni.

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                                Re:Che libro c'è sul comodino?
                                Risposta #1559: Martedì 28 Ago 2018, 15:09:43
                                Ho seguito il suggerimento di PKAvenger96 e ho accostato ad una rilettura del Simposio di Platone quella del Fedro: il motivo di questo ritorno al suo pensiero è dovuto ad un intervento della dottoressa Chiodo in merito alle origini della nozione occidentale di bellezza, che al di fuori dell'Ippia maggiore può essere ritrovata tra le righe dei due dialoghi sopracitati: pertanto, nel rifare la recensione del primo, tra le varie citazioni da me commentate in merito all'Eros - qualora, pur dubitandone fortemente, voglia approcciarmi a questa tematica - spicca quella estrapolata dal discorso di Diotima sull'educazione al bello che poi verrà ripresa, ad esempio, da Schiller nelle sue Lettere come motivo centrale della sua speculazione filosofica, mentre del secondo mi sono limitato a riportare una lunga ma significativa parte in cui Platone assegna alla bellezza un importante ruolo epistemologico.
                                Tuttavia mi astengo, come sempre, dal fare troppi commenti: è uno spunto su cui dovrò lavorare parecchio e non sono ancora sufficientemente preparano per parlarne a dovere, essendo sempre incentrato sul Novecento.

                                Ho sottoposto ad una rilettura anche Il concetto dell'angoscia di Kierkegaard: soffermarmi sull'Enciclopedia hegeliana è stato particolarmente utile a comprendere i passaggi logici dei primi capitoli, stavolta le righe scorrevano più rapidamente, e con esse il mio pensiero che è riuscito a ritrovare in una semplice ma suggestiva immagine il nucleo delle riflessioni di Kierkegaard sull'angoscia e a farle proprie.

                                Adesso ho sul comodino almeno quattro libri: Sistema dell'Idealismo trascendentale di Schelling, Orlando di Virginia Woolf e La Madonna dei filosofi di Carlo Emilio Gadda per rinvenire dagli speculativi meandri del discorso schellinghiano, ed Esperienza e natura di John Dewey, al momento abbandonato a favore del primo (anche perché i capitoli sono troppo lunghi ed ininterrotti, ed essendo vicini gli esami non posso sprecare interi pomeriggi pur di superare di volta in volta le varie parti).

                                 

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