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Che libro c'è sul comodino?

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alec
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    Re: Che libro c'è sul comodino?
    Risposta #915: Domenica 6 Ott 2013, 13:37:37
    Dopo la lettura del libro di Cardini su Castel del Monte, sono passato a "Federico II, ragione e fortuna", di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri. Accuratissimo viaggio nel XIII secolo italiano ed europeo: un imperatore diviso tra oriente ed occidente, colto e raffinato ma anche astuto e talvolta spietato. Storicamente ineccepibile, lo consiglio a tutti.

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      Re: Che libro c'è sul comodino?
      Risposta #916: Domenica 6 Ott 2013, 13:56:08
      Dopo la lettura del libro di Cardini su Castel del Monte, sono passato a "Federico II, ragione e fortuna", di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri. Accuratissimo viaggio nel XIII secolo italiano ed europeo: un imperatore diviso tra oriente ed occidente, colto e raffinato ma anche astuto e talvolta spietato. Storicamente ineccepibile, lo consiglio a tutti.
      Ti consiglio allora i due capisaldi del dibattito scientifico su Federico II, soprattutto per il diverso approccio degli autori alla figura dell'imperatore:

      -E. K[size=10]ANTOROWICZ[/size], Federico II imperatore, Garzanti 1988
      -D. A[size=10]BULAFIA[/size], Federico II, Einaudi 2006

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        Re: Che libro c'è sul comodino?
        Risposta #917: Domenica 6 Ott 2013, 14:37:22
        Ho finito Lupo Grigio e Abbaiare Stanca!
        Il secondo mi è piaciuto di più!

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          Re: Che libro c'è sul comodino?
          Risposta #918: Domenica 6 Ott 2013, 14:41:00
          Mastro-Don Gesualdo Giovanni Verga

          Dagherrotipi e immagini ambrate affollano la mente quand'essa corre a Vizzini, quando gli occhi scorrono le pagine di Mastro Don Gesualdo; quel piccolo libro che si porta addosso colpe che non ha, imposizioni liceali, furti di caldi e spensierati pomeriggi estivi; nel ricordo, quel piccolo, libro ha un peso specifico immenso, simile al piombo, ma uguale al platino e come questo dopo anni il suo valore appare aumentato, la sua prosa perfetta, il piacere penetrante e indelebile.
          Ciò che accompagna il lettore per tutto il tempo è un rumore di fondo che pervade l'aria, colori, suoni e immagini si compongono; la Sicilia si confessa, mette a nudo tutta la sua vivacità, tutte le sue contraddizioni.
          Infiniti i piani di lettura e gli spunti di riflessione che si posso fare sul contenuto di quest'opera, ma ciò che colpisce in modo violento è la freschezza dello stile che non ha risentito per niente dello scorrere del tempo.
          Il lessico è sempre coerente coi personaggi, così come il registro, più aulico nei palazzi nobiliari, più volgare e rozzo tra i contadini dimostrando quanto Verga riesca a interpretare i vari personaggi quanto conosca l'attualità del suo tempo e come riesca ad analizzarla.
          Verga era un teoreta della letteratura e Mastro Don Gesualdo fa parte di un progetto molto ambizioso che non verrà mai alla luce in tutto il suo splendore, ma che racchiude in sé tutto il potenziale inespresso, tassello di un mosaico ambizioso.
          Come in un teatro, quando si spengono le luci e lo spettacolo sta per iniziare, i riflettori illuminano la scena, così Verga squarcia il buio con la descrizione del fuoco in casa Trao, che distrugge e scopre una nobiltà decaduta, una morale ormai corrotta, una verità scomoda, ma figlia del suo tempo e destinata ad invadere e modificare i millenari equilibri di una terra abituata ai suoi ritmi e non ancora pronta a sovvertire la sua struttura.
          Fin dalle prime pagine i protagonisti vengono caratterizzati e presentati in tutti i loro tratti essenziali, con poche pennellate si evidenziano i lati che fondano la loro personalità e i comportamenti che ne seguiranno saranno solo la normale conseguenza di essi.
          Mastro Don Gesulado e Bianca Trao non sono che i paradigmi di un'Italia che inizia a cambiare, evolvere nel caso dell'uomo, scomparire nel caso della donna; il volgo che prende potenza, la nobiltà che la perde; ma non è solo una sorta di cronaca giornalistica di un'epoca, è la prima rappresentazione di un benessere che inizia a crescere, di una presa di coscienza del proprio valore da parte dei contadini, ma anche uno svelare la meschinità degli animi, il ricacciare i pochi buoni sentimenti in fondo al cuore, in nome della “roba” o in modo più eterogeneo del possesso.
          La “roba” si fa succedaneo degli affetti, ogni zolla di terra diviene un figlio, la prole, legittima o meno, mezzo di riscatto sociale o vergogna da tenere nascosta, di cui disinteressarsi; la “roba” è consolazione, rifugio sicuro dove riposare, preoccupazione per il suo futuro, per la sua felicità.
          La “roba” diviene personaggio, quasi in carne ed ossa, c'è più fedeltà da parte di essa che di qualunque altro, continua a dare i suoi frutti, restituisce la fatica attraverso rigogliose fioriture, solo Diodata, serva del padrone, orfanella, madre dei suoi due figli ha le stesse caratteristiche, è stata presa in carico dal padrone e ad esso sarà sempre fedele, sempre riconoscente, unico personaggio davvero positivo di tutto il romanzo.
          Ciò che anche dopo tanti anni questo romanzo regala è un'emozione incredibile, un'empatia così profonda per quella vita fatta di stenti, ma di soddisfazioni, di quella nascente voglia di riscatto che porta però a contaminare la propria essenza generando qualcosa di irriconoscibile e per questo non gestibile e foriero di infelicità e di ingratitudine.
          Un libro questo che non può mancare nel bagaglio culturale di  nessuno, per molti motivi, non per ultimo la descrizione delle radici in cui affonda la nostra società moderna, ma soprattutto perché è scritto bene, le parole si fanno arabeschi che formano immagini dolci e grevi insieme, volteggi semantici che fanno vibrare le corde dei sentimenti e lasciano una dolce musica echeggiare nei meandri della mente dove, forse, gettano un piccolo seme che si spera un giorno fiorirà, generando la passione per i classici della nostra bellissima lingua.

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          Nebulina
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            Re: Che libro c'è sul comodino?
            Risposta #919: Domenica 6 Ott 2013, 18:11:32
            Resistere non serve a niente – Walter Siti

            Una incredibile sorpresa questo romanzo di Walter Siti che non può lasciare indifferenti, soprattutto, ma non solo, per la propria forza evocativa e comunicativa.
            Anche se il contenuto è interessante, non comune e molto crudo è il registro ad essere originale e accattivante.
            Ci sono due false partenze, con una veste tipografica diversa, che incuriosiscono ed esercitano una forza magnetica sul lettore che non può staccare gli occhi dal libro e non può uscire dalla libreria senza possedere quel volume.
            Le pagine scorrono veloci, così come le immagini evocate, i colori plumbei della borgata romana e le luci sfavillanti della ribalta, il tintinnare di flute, il brusio di party, la frenesia dei grafici, dei rialzi e dei ribassi in borsa e così in un vortice che attanaglia che ci trascina in un baratro di cui abbiamo l'intuizione, ma che non ne immaginiamo la profondità.
            Siti si sforza di raccontare una zona grigia che divide il bianco dal nero, in cui si decidono i colori che popolano la realtà che viviamo, una centrale da cui di dipanano i fili che comandano il mondo, ognuno dei quali si crede fondamentale, ma nessuno lo è.
            Il lessico è crudo, le immagini disturbanti, così come impenetrabile è il protagonista: Tommaso un giocoliere della finanza di umili origini, un ragazzo che ce l'ha fatta grazie alla propria intelligenza, ai proprio sforzi, approda nel paradiso dei ricchi rimanendo comunque ancorato alle proprie origini... o forse no, non è questo il romanzo che commissiona, o meglio dovrebbe esserlo, ma via via che lo scrittore da lui assoldato per scriverlo, in una sorta di meta-scrittura in cui un complicato gioco di specchi tramuta la realtà in finzione e viceversa, ricostruisce il puzzle della sua vita, il quadro si fa più complicato, la personalità più sfaccettata, i desideri e i bisogni sempre più incomprensibili; ma questa non è la storia di Tommaso o meglio lo è nella misura in cui egli vive la realtà che gli sta intorno e che attraverso lui conosciamo e impariamo a comprendere.
            Un senso di fastidio, di disperazione ci avvolge nel leggere quelle pagine, nel rendersi conto di quanto sia reale quel mondo e seppur così lontano dal nostro quotidiano, quanto condizioni ogni nostra azione per renderci schiavi di un padrone invisibile, servi inconsapevoli di colonne colorate negli schermi di un computer.
            Un romanzo non solo bello, ma anche importante per capire, con il filtro della finzione, anche se poi la sensazione alla fine è quella che non ci sia molto di fantasioso in tutta la vicenda, il mondo che ci circonda, il sovvertimento dei valori e allo stesso tempo il bisogno di ridefinirli per poterli vivere: così ci troviamo di fronte ai broker che speculano sulle stragi senza provare rimorso perché spersonalizzano le persone che colpiscono o le escort che vendono il proprio corpo, ma si sentono pure perché non vendono l'anima, che concepiscono una prestazione sessuale come un colloquio di lavoro brillante, ancora il mafioso di nuovo corso che non si sporca le mani di sangue, ma allo stesso modo stritola gli avversari a suon di speculazioni finanziare che non si sente così diverso da un chirurgo che opera a prezzi folli sfruttando la paura della morte: così si assolvono così portano avanti una vita che non necessita della approvazione della coscienza; mentre si leggono queste cose, oltre a sentirsi minuscoli come formiche, pedine al servizio di altri, non ci si può non interrogare su ciò che facciamo ogni giorno, in tante piccole cose, di come nel nostro piccolo ci comportiamo e chiedersi, privi della mano consolatrice dell'autore, che rimane sempre super partes, nella posizione di colui che racconta ma non giudica, cosa faremmo se all'improvviso ci trovassimo in quel mondo, quanto la nostra moralità sarebbe forte e quanto non si farebbe seppellire da gioielli e ricchezza prima e dal potere che quella ricchezza compra poi.
            Questo romanzo agisce a tantissimi livelli, pone un'infinità di dubbi, si entra nelle pagine sicuri di noi stessi e se ne esce un po' meno forti, un po' più dubbiosi, ma di sicuro arricchiti di un'opera che lascia il segno nella letteratura contemporanea.

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            Chen Dai-Lem
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              Re: Che libro c'è sul comodino?
              Risposta #920: Lunedì 7 Ott 2013, 14:39:43
              Appena finito di leggere "Lèonie" e devo dire che Sveva Casati Modignani è..Sveva Casati Modignani :)!!! Il suo stile è sempre riconoscibilissimo così pure le sue storie. Magari dal punto di vista prettamente culturale non lascia moltissimo..ma i suoi sono comunque libri leggibilissimi..ti spingono ad andare avanti e a vedere il finale.. Questo è uno di quelli che mi è piaciuto di più..
              Ora sto completando "Lettere a Brambilla" di Buzzati che avevo iniziato ma che non ero riuscita a finire per dare la precedenza ad altri..sono molto fiduciosa :)
              "Un libro es un espejo y solo podemos encontrar en él lo que ya llevamos dentro"
              - Carlos Ruiz Zafón -

                Re: Che libro c'è sul comodino?
                Risposta #921: Lunedì 7 Ott 2013, 22:52:32
                Sto leggendo, per la redazione di un altro sito su cui collaboro, "Palazzo Sogliano"... devo dire che deve essere peggiorata parecchio, perché è veramente un libro che non solo non lascia nulla da un punto di vista culturale, non sarebbe un male, esistono anche i libri di intrattenimento, ma non crea niente, né un'atmosfera, i personaggi non hanno spessore, sono bidimensionali....

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                  Re: Che libro c'è sul comodino?
                  Risposta #922: Lunedì 7 Ott 2013, 23:08:41
                  Sto leggendo, per la redazione di un altro sito su cui collaboro, "Palazzo Sogliano"... devo dire che deve essere peggiorata parecchio, perché è veramente un libro che non solo non lascia nulla da un punto di vista culturale, non sarebbe un male, esistono anche i libri di intrattenimento, ma non crea niente, né un'atmosfera, i personaggi non hanno spessore, sono bidimensionali....
                  Ne hai letti altri di suoi?
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                  - Carlos Ruiz Zafón -

                    Re: Che libro c'è sul comodino?
                    Risposta #923: Martedì 8 Ott 2013, 08:54:07
                    No, è il primo, quindi un po' pochino per dare un giudizio globale sull'autrice.

                    Magari in futuro cercherò di leggerne uno migliore :-) quale mi consigli?

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                      Re: Che libro c'è sul comodino?
                      Risposta #924: Martedì 8 Ott 2013, 09:16:12
                      No, è il primo, quindi un po' pochino per dare un giudizio globale sull'autrice.

                      Magari in futuro cercherò di leggerne uno migliore :-) quale mi consigli?
                      Ricordo che "Lezione di tango" mi era piaciuto e mi sembra che guardando in internet un po' le opinioni delle lettrici fosse quello più amato..
                      Io sono convinta che non ci si trovi di fronte a capolavori assoluti..ma non so xchè lo stile narrativo che ha (fatto anche di capitoli molto brevi) facilita la lettura e in qualche modo ti tiene incollato..poi sono storie d'amore che si somigliano anche molto..ma prova quello o "Léonie" e poi fammi sapere..probabilmente ti sembreranno simili a "Palazzo sogliano" (non l'ho letto ma ci scommetto)..ma volevo sapere se mantenevi la tua idea disastrosa :)
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                        Re: Che libro c'è sul comodino?
                        Risposta #925: Mercoledì 9 Ott 2013, 17:23:19
                        Palazzo Sogliano – Sveva Casati Modignani

                        C'è una sola parola che sintetizza al meglio questo romanzo: vuoto; vuoto di contenuti, di stile, di caratterizzazione, di atmosfera.
                        Avvicinandosi a questo libro è necessario un grande sforzo per ed effettuare la sospensione dell'incredulità, ma in molte occasioni non è sufficiente, nonostante tutto si ha l'impressione di essere in un mondo di cartapesta.
                        La trama è banale, ma non è questo che rende povero il lavoro, poiché la storia narrata non è così fondamentale, ma lo sono altri parametri.
                        Analizzando le varie componenti che formano il testo ci troviamo a dover far i conti con gli innumerevoli personaggi che compongono la famiglia Sogliano e nessuno di essi è caratterizzato in modo convincente, non la protagonista che appare di una superficialità quasi irritante, lascia che gli eventi si avvicendano senza interagire, come una spettatrice passiva; la sua personalità non è descritta e non si evince dalle azioni, non un moto di passione, pur essendo descritta come una donna forte e volitiva; anche il di lei marito defunto ci appare come un corpo senza anima, anche nei racconti in cui è vivo, un uomo buono, ma senza carattere, pur essendo descritto come la prova in terra della virilità e della perfezione; così potremo continuare per ogni singolo personaggio, corallaro o ciabattino, milanese o napoletano, adulto o bambino, americano o cinese.
                        La sensazione è quella che la Modignani abbia distribuito delle parti a degli attori che non sono riusciti ad interpretarle, che non siano in alcun modo riusciti a trasmettere le sensazioni che li caratterizzavano, ognuno di essi è bidimensionale, non ha sfaccettature è tagliato di netto senza alcun passaggio dolce tra il bianco e il nero.
                        Altra enorme mancanza è la totale assenza di atmosfera, ogni evento viene narrato sempre con lo stesso tono, in una sorta di distorsione temporale che rende le vicende avvolte da una patina ovattante e rallentante.
                        Giungiamo poi alla nota più stonata: lo stile; monocorde, privo di ritmo e di dinamicità, quasi da cronaca rosa più che da romanzo. Il lessico è povero, i periodi semplici, le subordinate quasi inesistenti, l'aggettivazione tanto ricca quanto inutile, le descrizioni limitate ai personaggi e non agli ambienti o alla psicologia; ma la cosa che appare più disastrosa sono i dialoghi del tutto improbabili e inverosimili.
                        La sensazione che si ha leggendo è quella di star ascoltando un romanzo radiofonico di Pedro Camacho* tradotto in italiano.
                        Eppure è il libro più venduto in Italia ed è difficile non porsi delle domande.
                        Il lettore cerca in questo libro l'identificazione, il lieto fine, la perfezione di una famiglia che pur avendo qualche piccolo peccattuccio da farsi perdonare è comunque sempre dalla parte del bene o in ogni caso tende ad esso e prima o poi lo raggiungerà.
                        Il lettore è coccolato e rassicurato, fin dalle prime pagine sa che tutto finirà ne migliore dei modi e così evade dalla realtà per rifugiarsi in una fittizia, il che, se il tutto fosse scritto in un modo più convincente potrebbe anche essere tollerato.

                        Romanzo che può benissimo lasciare il passo a molti altri che seppur d'intrattenimento appaiono meglio strutturati e più articolati.

                        * Vedi “La zia Julia e lo scribacchino” di Llosa

                        *

                        piccolobush
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                          Re: Che libro c'è sul comodino?
                          Risposta #926: Mercoledì 9 Ott 2013, 23:00:51
                          Palazzo Sogliano – Sveva Casati Modignani
                          Ma è vero che sveva etc... non esiste veramente ma è uno pesudonimo di più autori? O è soltanto una leggenda metropolitana?

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                            Re: Che libro c'è sul comodino?
                            Risposta #927: Mercoledì 9 Ott 2013, 23:05:32
                            Ma è vero che sveva etc... non esiste veramente ma è uno pesudonimo di più autori? O è soltanto una leggenda metropolitana?
                            È un nome d'arte ma lei esiste..so che scriveva col marito prima che morisse..
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                              Re: Che libro c'è sul comodino?
                              Risposta #928: Giovedì 10 Ott 2013, 00:25:45
                              E' lo speudonimo che usavano con il marito, infatti prima della di lui dipartita i libri erano a quattro mani...poi ne son rimaste due e a giudicare da questa sua ultima fatica non mi sembra un gran guadagno!

                              *

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                                Re: Che libro c'è sul comodino?
                                Risposta #929: Giovedì 10 Ott 2013, 00:30:50
                                E' lo speudonimo che usavano con il marito, infatti prima della di lui dipartita i libri erano a quattro mani...poi ne son rimaste due e a giudicare da questa sua ultima fatica non mi sembra un gran guadagno!
                                Ahahahahah leggendo la tua recensione ho riconosciuto esattamente tutte le caratteristiche dei suoi romanzi..la mancanza di subordinate mi ha letteralmente fatta morire dal ridere..in effetti ti dico mentre leggevo Léonie mi sentivo super intelligente e MOLTO rassicurata..si ha la certezza che tutto andrà bene..zero subordinate..capitoli brevi..parole scritte in grande..non so che pubblico abbia ma io credo siano signore di una certa età :)
                                "Un libro es un espejo y solo podemos encontrar en él lo que ya llevamos dentro"
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