I Racconti di Matilde Serao
Mentre si scorrono le pagine de “Il ventre di Napoli” la sensazione è quella di volteggiare nel cielo e con un binocolo guardare il mare, i viali, le vie; scorgere le persone che in questi vicoli camminano, sopravvivono, amano.
Matilde Serao non si limita però, nella sua sconfinata produzione letteraria, ad una visione d'insieme, attraverso i racconti ci porta a conoscerle quelle persone, quei bambini, quei giocatori di lotto, quelle piccole anime smarrite, sconvolte, ma così vere così profonde.
Proprio a causa della grande quantità di racconti scritti mi soffermo su alcuni che sono paradigmatici.
Primo fra tutti “Una fioraia”, struggente quanto breve racconto fatto di disperazione mista a speranza, ciò che più colpisce nello stile così asciutto ed essenziale è la forza del messaggio, la capacità di far emergere dalla fantasia quei corpi, quegli odori e di generare nel lettore un'empatia così forte così profonda da lasciare senza fiato alla conclusione, con il volto rigato di quelle lacrime inutili, ma foriere di un peccato originale, perché troppo attuale è la situazione raccontata, troppo vivido il sentimento generato. Così come in “Canituccia” attraverso un lessico essenziale, ma adatto al racconto si riesce a scorgere quell'anima nascosta, quel sentimento così puro dei bambini, così ricco di buoni propositi, che non ha conosciuto ancora compromessi; non si può non soffrire, non sentire ciò che sente il personaggio, quasi come se la vicenda stesse accadendo al lettore; ma non solo di bimbi si occupa la Serao; in “O Giovannino o la morte” si affronta più o meno lo stesso tema, quello della purezza di un animo, della purezza delle proprie idee; è forse questo il racconto più crudele, quello che più fa riflettere. Nelle poche pagine che lo compongono la protagonista vive emozioni forti, contrastanti; il punto di vista è quello di lei, il lettore vede con i suoi occhi e intuisce, ma non scaccia l'ipotesi, spera fino alla fine, con lei. Tutto è perfetto, i tempi narrativi, scandiscono tutta la vicenda, svelando a poco a poco elementi che conducono alla soluzione, unica e inesorabile; pur girando intorno a tre personaggi, sono indispensabili e ben caratterizzati tutta una serie di vicini di casa, che rappresentano le varie tipologie di persone che si erano incontrati ne “Il ventre di Napoli”, ma si dà loro, qui, un nome e una vita, dei sentimenti.
Incredibile la capacità di plasmare con così poche parole, un dialogo, una battuta oppure un gesto la personalità di un uomo o di una donna, quasi come a sintetizzare un'esistenza in una paradigmatica stigmate.
In “Terno secco” si fondono più fattori, l'eterna ricerca della fortuna, la speranza del lotto e le credenze popolari riguardo ai numeri da giocare e la struggente dignità di una madre, la disperata miseria che conduce a scelte scellerate col senno di poi. Sembra quasi che la Serao giochi col fato, che ponga le condizioni iniziali e poi lasci al destino il compito della prima mossa che pregiudicherà tutta la partita. Niente avviene per caso e spesso nello spazio bianco tra una parola e l'altra si respira la vita della scrittrice, si percepisce il suo vissuto, si vede con i suoi occhi; le immagini che si figurano davanti a noi sono quelle viste da lei, sono quelle bimbe ch'ella ha guardato senza forse riuscire ad aiutare, sono quelle donne che si appostavano davanti ai banchi di pietà, sono quelle giovinette piene di speranze per il proprio avvenire roseo e facile con al fianco la vita che va avanti e mostra tutta la sua disperazione nella vicina di casa con cinque figli e uno in arrivo, tutti affamati, tutti sporchi, tutti senza un avvenire, ma comunque pronti, sempre, ad andare avanti.
Non solo di tinte così cupe si compongono i racconti di Matilde e un esempio ne è “La virtù di Cecchina” in cui si racconta l'avventura di una piccola borghese, moglie di un medico tirchio e ormai privo di interesse verso di lei. Un nobile la vuole come amante e il lettore vive tutti i dubbi, tutte le sensazioni che questa prova. Ciò che rende il racconto molto interessante non è la trama, che è divertente e veloce, ma il punto di vista, ciò che a Cecchina interessa è quel mondo, quegli argenti, quei merletti; insomma tutto quello di cui il marito la priva, ma senza avidità, solo una grande curiosità; non una parola dell'uomo che la desidera così tanto, non si parla di amore, ma si respira l'ansia che la pervade, la voglia di apparire all'altezza e la tensione sale fino ad un finale che non può che lasciare a bocca aperta.
Matilde Serao trova nel racconto una forma narrativa che le si confà, poiché è nella sintesi che riesce a dare il meglio, nel disegnare con poche pennellate personaggi di spessore, con l'assoluta laconicità delle frasi, l'essenzialità delle descrizioni, ma la grandissima forza evocativa del lessico scarno, ma efficace.
Questi cinque racconti sono un paradigma, ma molti altri possono suscitare interesse e far conoscere questa autrice straordinaria che racconta un pezzo della storia della nostra Italia.