Addio Amore Matilde Serao
Una miriade di sentimenti si susseguono veloci nella lettura di questo romanzo e ognuno diviene il suo contrario nello spazio di poche pagine.
La Serao mette a disposizione una trama semplice, un melodramma classico, senza colpi di scena, senza eccessivi virtuosismi narrativi e lo fa con uno stile così particolare da rendere l'atmosfera rarefatta e ironica.
La storia è ambientata nella Napoli di fine ottocento e già dalle prime pagine le descrizioni degli abiti, del mobilio, delle carrozze è così vivido da risultare quasi reale, da manifestarsi davanti agli occhi, ma ciò che rende il romanzo degno di essere letto è la caratterizzazione dei personaggi.
Come già aveva fatto nei racconti, dove in ogni caso risulta più a suo agio, quest'autrice riesce a delineare la personalità di ogni attore in modo quasi perfetto, con pochi tratti.
La protagonista Anna, nome scelto forse non a caso, è la tipica donna viziata e preda delle proprie passioni, con il melodramma nel sangue, che non riesce a fare a meno di fare scene per ogni cosa, di portare tutto all'estremo, di diventare vittima: dell'amore in primo luogo, della società, ma soprattutto di se stessa; il primo sentimento è di antipatia per questa donna così testarda, di una testardaggine fine a se stessa, inutile e priva di un oggetto, se non un bisogno spasmodico di amare ed essere riamata, il secondo è di totale incomprensione. La sorella Laura è forse il capolavoro della Serao, un personaggio enigmatico, quasi accennato, ma presente in ogni respiro, in ogni alito di vento, costante; Cesare Dias il tutore che muove tutta la vicenda.
Come sempre accade con le opere della Serao l'inizio è in sordina, l'impressione è quella di leggere un romanzo rosa, gli ingredienti ci sono sempre tutti, la donzella di ricca famiglia che vive un amore contrastato con un poveretto, ma quando ci si aspetterebbe che l'amore debba prevalere su tutto ecco che tutto prende una strada diversa e ci porta a percorrere una vita alternativa, in cui nulla va nella direzione prevista; la Serao riesce ad utilizzare in un modo magistrale, che in pochissime altre autrici è presente, l'ironia verso il genere femminile del suo tempo, descrive donne che fanno del melodramma la loro ragione di vita e donne perfide, donne calcolatrice e donne ingenue, ma di tutte ha compassione, quasi pena e tutte vengono prese in giro dalla tagliente penna che niente perdona alle donne borghesi, piene di oggetti, ma prive di spessore, prive di quella profondità d'animo che invece si scorge nelle popolane, nelle figure descritte ne “Il ventre di Napoli”.
Discorso opposto per le figure maschili che sono, come in questo caso, odiose e ciniche o almeno dovrebbero esserlo, ma sono rese in modo così schietto, prive di qualsiasi velo o maschera che non si possono non adorare, non si può non sorridere della loro non sempre corretta condotta.
Un altro piano di lettura oltre a quello narrativo e sociologico è possibile ed è quello psicologico; infatti le azioni di ognuno dei personaggi principali sono in qualche modo giustificate dal loro passato, che non è descritto in modo pedissequo, ma sempre accennato e comunque inserito in contesti adeguati, mai ridondante o invadente.
Un romanzo complesso pur nella sua apparente semplicità, che può apparire frivolo e leggero, ma che nasconde nelle pieghe del melodramma tanta ironia che lo eleva a opera più che valida e che merita di essere letto.