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L'intervento di Monkey è stato molto interessante, soprattutto perchè sintetizza bene la soluzione di una necessità che al momento è orfana (se non contiamo i Migliori Anni), ovvero quella di avere una testata seriamente filologica, capace di essere di ricerca ma anche aperta a tutti. E queste caratteristiche erano tutte ben presente nei Maestri Disney, testata mai troppo rimpianta. Va ricordato che proprio in quel fatidico febbraio 1997 usciì il primo numero di una collana che faceva del rigore filologico la sua cifra stilistica, supportata da una quantità notevole di articoli, immagini, cronologie e approfondimenti, quasi superiori al numero di tavole a fumetti presenti.
All'epoca era effettivamente una rivoluzione in edicola. Nulla veniva pubblicato in bianco e nero o rispettando la prima edizione: Paperino Mese, i grandi classici, i classici, tutti contenitori generici non diversi da quelli di oggi. Ma i Maestri portavano un nuovo gusto per il rispetto della storia e l'integrità delle opere fumettistiche, educando il pubblico che oggi è più grandicello. Per me all'epoca fu una testata ostica, che seguii a tratti, recuperando solo in seguito i tasselli mancanti. Ma fu veramente un modo per studiare il fumetto disney e i suoi autori, così come Zio Paperone per quello che riguarda la scuola barksiana. Una testa audace e rigorosa, capace di coniugare critica e grande pubblico, con una visione di lungo termine: impensabile che qualcosa di simile si possa riproporre al giorno d'oggi (a meno di auspicabili smentite future), anche perchè i maestri non furono particolarmente longevi.
La nuova serie dei grandi classici, ad una prima impressione, non smentisce affatto la collana: la scelta delle storie è sempre quella, con brevi americane, storie vecchie e un po' più recenti, pubblicando nella sezione superstar storie dimenticate. In questo senso l'inferno censurato non è così sbagliato. In passato venivano pubblicate edizioni volutamente difformi dalla versione originale, proprio per mostrare una diversa sensibilità negli adattamenti. Barks e Gottrefedson sono sempre stati presentati nelle loro versioni spurie uscite all'epoca in modo da adattarsi al formato di topolino libretto. E storie italiane, specie di parodie, arrivavano spesso dalle edizioni manomesse ed accorciate uscite sui classici. Inoltre, nelle storie a due puntate, spesso la prima tavola della seconda puntata saltava, risultando più presente in DAO e nei Migliori Anni.
Insomma, i grandi classici sono stati parzialmente filologici, ma avevano il grandissimo valore di pubblicare storie misconosciute e mai più riviste. Questo concetto verrà portato avanti anche nella seconda serie, ma in versione "tuttocolore". Ecco, questo "dispendio" di energie personalmente lo trovo poco utile. Aggiungere il colore forse permetterà una diffusione maggiore di queste storie, come dice New, ma bisognerà aspettare anni per vederle ristampate (e dove, se non sui grandi classici, con tutte le altre testate che di fatto pubblicano storie post-1970?). Il problema è che, così facendo, si elmina l'unico spazio in cui pubblicare storie nella loro purezza antiquata e in fondo un po' nostalgica. I migliori anni, a parte le storie dall'almanacco, sono tutti a colori, e qualcosa ci sarà su Uack, ma per il resto il bianco e nero scomparirà dalla scena. La ridotta di Alamo capitola, e si va a colpire il lettore un po' più esperto. Per carità, i grandi classici continueranno a pubblicare buone storie, ma il tuttocolore, più che un passo avanti, mi sembra un passo indietro, incapace credo di dare impulso alle vendite.
Infine, per la questione dell'Inferno, ci si è giocati la possibilità di vedere la versione originale, uscita peraltro una sola volta nel 1998, qui:
https://coa.inducks.org/issue.php?c=it/LGP++65#y. L'inferno, un capolavoro fumettistico profondamente calato nella difficile realtà del dopoguerra italico, in quanto a ristampe e filologia, è stato ben sfortunato. Ed anche questa volta non è andata bene. Un'occasione sfumata, un vero peccato. E così, invece di approfittare del restyling per dare più filologia ad una testata già filologica, ne ha tolta, facendo un passo indietro. Molto rumore per nulla, o per peggiorare la situazione. L'aumento di prezzo e la diminuzione di pagine fanno aumentare la beffa, stemperata solo un poco dalla bella copertina di Cavazzano.
Per conto mio, comprerò la variant, contento di avere i due inferni insieme. Ma difficilmente diventerò un lettore abituale, un vero peccato.
Errata corrige: L'edizione integrale usci anche sui primi due numeri di topolino story, 1949 e 1950.