I gusti non si discutono, ed è difficile razionalizzare le cause di una preferenza estetica, se di cause si può parlare.
Ciononostante, ancora non mi spiego come tanti qui preferiscano la noiosa variant a questa copertina.
Più la guardo, più mi pare una delle cover più belle che io abbia mai visto.
Un'immagine che sintetizza magistralmente quell'
eleganza dinamica che era il marchio di fabbrica del primo Carl Barks.
Globalmente il disegno riesce a veicolare al contempo movimento e staticità, come se il papero fosse stato immortalato (da una macchina fotografica) nell'istante pivot della caduta. Lo vediamo cadere e
al contempo è come se si fermasse a realizzare che sta cadendo: la mimica facciale è espressivissima pur nella sua semplicità. Le braccia allargate a riempire lo spazio in maniera naturale.
Per capirci, se questa fosse stata una sequenza di un corto d'animazione, questo frame qui non lo avrebbero lasciato a un morto di fame in-betweener (come era Barks), l'avrebbe disegnata un capo disegnatore.
Il tratto delle zampe (che non a caso quando leggo il Barks degli anni '40 mi fermo ad ammirare quasi ad ogni maledetta vignetta) è d'un curvilineo da paura.
Rota, Cavazzano, Jippes - teoricamente artisti più dotati di Barks, e in ogni caso i tre giganti assoluti della
dinamicità nel fumetto Disney - una cosa così non ve la sanno fare.
Vignetta del '44 poi (da una storia che non conosco, e mi dispiace un poco averla scoperta prima di essermela trovata di fronte sulla tavola): questa immagine immortala quasi il momento in cui Barks - consapevole o meno - inizia a fare sul serio.
Vogliamo poi parlare della sequenza di quattro vignette da cui è tratta, postata qui sopra da Anders And? Una transizione quasi action-to-action perfetta. Roba da appendere alle pareti di ogni classe di sceneggiatura del fumetto.