Ed è uscito anche il secondo volume, e per questa settimana l'ho preso ancora. Questa volta le store sono tre, di cui una imprevista e a sorpresa, e sono tutte e tre legate da un tema comune, e cioè i poemi omerici. Segnalo con mio disappunto come la qualità dell'apparato redazionale questa volta lasci un po' a desiderare, non proponendo affatto articoli che narrino la nascita di queste storie, ma banali - e fin troppo dettagliati - riassunti delle opere originali. Sinceramente avrei preferito che questi riassunti occupassero un box all'interno dell'articolo, e che proponessero un raffronto tra opera originale e parodia allo scopo di apprezzarla meglio.
Paperodissea (Dalmasso-Martina/P.L. De Vita): E non si capisce bene il motivo per cui abbiano ancora una volta scelto la storia più corta (delle due principali) per titolare il volume. Oltre ad essere qualitativamente inferiore alla Paperiade, la Paperodissea andava inserita dopo anche solo per rispettare la successione dei poemi omerici, ma probabilmente quelli del marketing avranno pensato che avrebbe attirato più pubblico un volume intitolato con
paper + nome originale dell'opera, piuttosto che l'"enigmatica" contrazione di
Paperiade. Ma vabbè, non sottilizziamo troppo. Paperodissea è una storia molto strana. Innanzitutto Dalmasso traspone l'Odissea in modo molto libero, ricalcandone a grandissime linee la trama, in secondo luogo non è facile capire se si tratta o meno di una storia in costume: a parte la scelta strana di ambientare il tutto in uno scenario western anzichè nella Grecia antica o nella Paperopoli moderna, è un po' fastidioso il fatto che alcuni personaggi conservino il loro abituale abbigliamento. Tutto questo rende la storia tremendemente raffazzonata e confusa e più di una volta viene da chiedersi quale sia la reale ambientazione. Se a questo aggiungiamo alcune incoerenze interne come i nipotini che aspettano lo zio da dieci anni eppure ricordano la loro vita quando lui c'era, Pippo che entra al palazzo de Paperoni per poi scomparire e riapparire in macchina oppure Paperino che da una vignetta all'altra smette i panni del sodato per riprendere i soliti, o alcune caratterizzazioni al limite dell'incredibile come il Paperino imbecille che si mangia alla roulette i soldi che Nonna papera gli ha dato per pagare i debiti, si ottiene una storia deludente. I disegni di De Vita padre invece a me sono piaciuti, e benché spesso scadano, sanno anche regalare Paperini espressivissimi. Certo che si nota come il disegno umoristico non sia ciò per cui è nato, quantomeno osservando gli indiani a cavallo in ombra della prima vignetta.
Paperiade (Martina/Bottaro): E qui si inizia a ragionare. Una classica storia Martiniana in cui i paperi si fronteggiano odiandosi l'un l'altro, il che è propedeutico a una parodia di una storia di guerra. La mano "colta" del professore la si vede già dalla prima tavola in cui tre sestine introducono la storia. Storia che è lunga, forse un tantinello troppo, protraendosi per tre puntate, contro le due della
Paperodissea.
L'amore di Martina per i mischiotti non risparmia neanche questa storia in cui appaiono, oltre a un discreto cast paperesco, anche Pippo e Capitan Uncino. E se la presenza di Pippo è più che giustificata, Capitan Uncino appare un po' fuori posto, benché tecnicamente non sia poi così forzato il volerlo ricondurre in un contesto Calisotiano. E poi c'è Bottaro, che disegna da Dio e sperimenta il suo celebre sincretismo che tende a fondere stili diversi. Ecco quindi i paperi in tutto e per tutto simili ai modelli Barksiani, modelli da cui si ricava l'energumeno suino, novello Porco de Lardo, che se la prende con Paperino. C'è poi l'eccezione di Paperina, ritratta invece in pure stile Taliaferriano, quella della ciurma di Capitan Uncino, assai fedele al look che ha nel film e soprattutto Pippo, più gottfredsoniano che mai. E per finire gli indigeni dell'isola sono ricalcati dalla gottfredsoniana
Topolino e la Mosca Tzig-Tzag. Un panorama piuttosto stimolante per un disneyano, che fa perdonare alcuni punti morti all'interno della storia. Una parodia più che buona in definitiva, fedele all'opera originale più per una serie di analogie che per un seguirla pedissequamente.
Topolino e il Ritorno del Cavallo di Troia (Langhans/Ferioli): E qui ci si incazza. Perchè non è possibile che con il ben di Dio di disegnatori che hanno alla Egmont, si ostinino a continuare la linea di ricalco dei modelli barksiani e murryani. Eggià perchè questa storia non si discosta per nulla dai tipici cliché delle banali storielle americane disegnate da Murry che tanto hanno contribuito a distruggere nell'immaginario popolare il mito di Topolino. E qui gli elementi ci sono tutti: una vacanza di finto riposo, un Pippo più stupido che mai, il solito professorone meteora, Sgrinfia, Gambadilegno
vestito da capitano. Ci abbiamo messo anni per liberarci da queste banalità ed ecco che in Egmont continuano a propinarcele. Vabbè che la storia è del 92, ma dubito leggendo Zio paperone che le cose siano troppo cambiate. Mi auguro solo che le cose in Danimarca cambino in fretta, perchè non vorrei vedere un talento come quello di Ferioli venir sprecato come è successo con il povero Branca.
Un volume inferiore, sicuramente. Ma dalla prossima settimana arriva l'Inferno...
da
La Tana del Sollazzo