La Grande Dinastia dei Paperi 71953-54L’albo più equilibrato finora grazie all’omogeneo equilibrio di lunghe, brevi ed autoconclusive. Molto interessanti gli articoli che presentano anche uno stimolante filo conduttore che si affaccia su un’ampia panoramica sui topos della narrazione barksiana paragonandoli pure a quelli di Gottfredson, in un intelligente parallelo che sottende un ben più ampio discorso sui diversi codici linguistici adottati da due Maestri della Nona Arte (uno alle prese con i
comic book e l’altro con le
strip).
Ma anche se non ci fosse tutto questo apparato critico (che davvero accresce di molto il valore dell’iniziativa) l’intero volume dovrebbe essere acquistato solo per
Zio Paperone pesca lo Skirillione (
Uncle Scrooge and Donald Duck – Secret of Atlantis), tra i picchi più alti dell’Età d’Oro dell’Uomo dei Paperi che vanta una magistrale regia magicamente coniugata ad un tratto che ha raggiunto il culmine. La varietà di tematiche e scene è impressionante ed è un mistero come la trama riesca a scorrere con naturalezza nelle sue 32 tavole senza una forzatura o un intoppo che possano anche minimamente far avvertire il continuo susseguirsi di ambienti e sequenze, che scaturisce da un incipit quasi banale come la (divertentissima) riscossione di un debito di ben dieci centesimi per poi confluire in un crescendo di situazioni irresistibilmente comiche (tra l’altro anche lontanamente imparentate con
Il Pezzo da Venti) il cui
climax è raggiunto in una classica ma rocambolesca battaglia a torte in faccia; e non è ancora il momento di allentare la tensione che si scioglie solo alla vista di un quarto di dollaro spiattellato da uno schiacciasassi il cui passaggio sembra quasi regolato da un fato beffardo e giocherellone. Nemmeno una tavola per tirare il fiato ed ecco che l’azione riparte facendosi sempre più avvincente grazie ad un’invidiabile padronanza dei ritmi narrativi che insieme all’idea portante è il vero punto forte della storia e che basterebbero da sola a renderla magnifica: ma non pago, Barks fa entrare i Paperi in contatto con il Mito facendoli capitare nella subacquea Atlantide di cui, tra una gag e un colpo di scena, ci viene anche spiegata l’origine, inverosimile ma perfettamente adatta al contesto. Esilarante poi la trovata dei Juke-Box (che ispirerà l’altro celebre titolo dell’avventura,
Juke-Box ad Atlantide) i cui ritmi travolgenti sapranno conquistare gli atlantidei (e anche sciogliere il rigoroso precettore cui era stata affidata l’educazione dei Paperi) dimostrando come Barks prediliga sempre mantenere i toni sul farsesco lasciando intravedere tuttavia spiragli di drammaticità tramite, ad esempio, la supplica del Sovrano di Atlantide, assai ricca di
pathos e accolta dai caritatevoli e savi nipotini, che fungono da
deus ex machina senza fare sfoggio tuttavia di insopportabile saccenza ma incarnando la spensieratezza barksiana.
E’ proprio questa a fare la differenza sostanziale: la spensieratezza con la quale Carl Barks gestisce sempre il suo comico e anche un patetico mondo i cui protagonisti sono continuamente burlati da una puntuale e mattacchiona legge divina che intreccia al meglio una commedia leggera ma profonda, con molteplici livelli di lettura che ha sempre qualcosa da insegnare. Magari con una superba e disarmante gag sul finale.
Zio Paperone – L’Ospite Giusto (
Uncle Scrooge): divertente autoconclusiva in cui Paperone, dopo l’imbeccata di un Paperino schiavo della mentalità borghese, cerca di affermare il proprio
status simbol anche se nel suo personalissimo modo.
Paperino e la Fabbrica del Vento (
Donald Duck): guerra familiare un po’ diversa dal solito visto l’oggetto del contendere. Nonostante tutto l’
happy end diventa possibile: nessuna punizione del fato si abbatte sugli inconsapevoli e subito pentiti nipotini che cedono volentieri la sede del loro club per farla diventare un centro ricreativo gratuito. Da notare come il compratore si convinca all’acquisto dopo aver subito una bufera artificiale scatenata dai paperini. Nulla di strano: essendo, come dichiara, di Chicago, città famosa per le sue violente folate, non poteva non apprezzare il vento a lui familiare!
Paperino Geografo Insuperabile (
Donald Duck): simpatica
ten pages in cui Donald si comporta da severissimo educatore anche se in realtà predica bene e razzola male. Alla fine non può che arrendersi all’evidenza dei fatti e fare ammenda insieme ai nipotini, rei di aver tentato di marinare la scuola.
Paperino semina Vento e raccoglie Tempesta (
Donald Duck): uh! I lavori di Paperino. Pretesto magnifico per descriverne la sfaccettata personalità, le cui tendenze autodistruttive hanno spesso e volentieri conseguenze catastrofiche che rovinano la carriera che verte su svariati mestieri (a volte strambissimi, come in questo caso). In questo caso notevole la personificazione della gelosia di Paperino, che scatenerà la catastrofe, e che ha le sembianze di un demonico ed abbruttito Donald.
Paperino e la Scala d’Oro (
Donald Duck): un po’ sconclusionata, anche per i rimaneggiamenti editoriali. La sfida generazionale e l’insegnamento sul significato della ricchezza vengono a perdersi fino ad estinguersi totalmente nell’invalidante finale (che, tuttavia, è preferibile a quello originariamente previsto). Ottima occasione di osservare i virtuosismi grafici di Barks, alle prese con aspri paesaggi rocciosi e soprattutto con una bella carrellata delle fiere più disparate.
Paperino e le Api Scolastiche (
Donald Duck): gradevolissima sfilza di gag, tra cui le improbabili deformazioni del volto paperiniesco nella prima tavola e la quadrupla dal grande impatto grafico. Brillante il diverbio con il poliziotto.
Paperino e i Fuochi Fatui (
Donald Duck): altra breve, ultima storia dell’ottimo 1953, che da guerra familiare assume tinte demenzialmente macabre il cui culmine è raggiunto con la fantascientifica e suggestiva creazione di Wispy Willie.
Paperino e il Cammello Natalizio (
Donald Duck): la prima storia del 1954 è sublime nella sua spensierata e per nulla pretenziosa ironia. Di fronte ad un sbalorditivo regalo natalizio degli ingenui nipotini al loro tutore, il Natale con tutti i suoi significati (come spesso accade in Barks) viene bruscamente messo da parte in favore del ben più concreto consumismo: ed ecco l’antitesi perfetta delle festività natalizie, un deserto che sostituisce alla classica neve sabbie aride, ai regali la (vana) speranza di trovare del prezioso uranio e alle pittoresche renne uno strambissimo cammello dalle inusitate peculiarità.
Paperino e l’Aspirapolvere (
Donald Duck): insolita storia per il filone dei mestieri di Paperino: se di solito il palmipede eccelle in qualcosa per poi peccare di superbia provocando la propria rovina, qui non eccelle affatto, anzi fin da subito si dimostra negato e combina guai su guai in un’escalation che ricorda assai gag da cortometraggio. L’insegnamento è semplice: non pretendere di essere più di quel che si è, senza alcuna competenza ed anzi armato unicamente di insopportabile presunzione.