15.10.2005
Direzione Udc, Follini dà le dimissioni:
la politica è passione, non è interessedi red.
«Il presidente del Consiglio ha spiegato agli italiani l'altra sera alla tv che io avrei una sola passione, la politica. Personalmente ho qualche passione in più, ma politicamente gli do ragione. La politica è passione fredda, lucida e composta. Ma è passione, non è interesse». A dirlo è il segretario dell'Udc, Marco Follini, nel suo intervento alla direzione nazionale del partito in cui ha rassegnato le sue dimissioni da segretario.
Alleati e avversari gli hanno sempre riconosciuto il dono della sintesi. E nel passaggio più delicato della sua vita politica, Marco Follini non smentisce la sua fama. Alle 10 in punto, davanti alla direzione dell'Udc all'hotel Minerva, ha letto un testo di appena due cartelle e mezza, scritto da giorni, in cui ha ribadito punto per punto la sua linea. E ha costatato la distanza che la separa da quella che sembra prevalere nel partito. Un intervento breve ed emotivamente molto intenso per spiegare in modo secco che il partito che ha guidato dalla fondazione, nel dicembre del 2002, leale ma non succube a Berlusconi, non è più lo stesso.
Lo strappo si è consumato su un tema caro all'Udc, il ritorno alla proporzionale. Per l'insieme del partito la riforma approvata dalla Camera è un successo fondamentale. Per Follini, invece, non è così. Ma anche la decisione di rinviare la direzione a dopo il voto a Montecitorio, spiegherà, testimonia la volontà di non intralciare, anzi di agevolare il percorso del testo. Al di là della qualità della riforma, più o meno salvifica per il paese, sosterrà, il tema è più generale e riguarda la linea del partito.
In maniera puntigliosa Follini osserva che l'Udc è ormai riposizionato, e che è un partito che nelle ultime settimane ha intrapreso una strada diversa da quella scelta al congresso di luglio, quello che lo ha acclamato segretario: una forza politica pronta a dare il via libera a provvedimenti sui quali in passato ha invece espresso perplessità, basti pensare al caso della proposta di abolire la par condicio.
Ad una linea politica diversa, conclude Follini, non può che corrispondere un diverso segretario in grado di interpretarla al meglio. Con buona pace di Berlusconi, ironizzano amaramente alcuni deputati a lui vicini, che solo pochi giorni fa escludeva tale evenienza, bollando il leader centrista come «un democristiano immarcescibile».
Follini sottolinea quindi come la sua concezione della politica prevede una netta distinzione tra i rapporti personali e le questioni politiche. Per quanto riguarda il partito, il segretario dice che non intende creare spaccature o scissioni. Tocca alla direzione stabilire la data in cui convocare il Consiglio nazionale, che dovrà decidere chi sarà a guidare il partito nei prossimi mesi. Sarà quella la sede per stabilire se ci sarà un direttorio, un reggente transitorio, o addirittura la convocazione di un congresso a gennaio, prima del voto.
In due cartelle e mezza, insomma, una relazione choc per rendere chiaro a tutti l'indisponibilità a gestire una fase di sfarinamento del partito, magari in un nuovo contenitore dei moderati: tesi cara a Casini, considerato sempre di più tra i post-Dc la risorsa su cui puntare nella partita della leadership del centrodestra. Così come non è disponibile a firmare il risultato elettorale del 2006 sulla "nuova" linea.
Il distinguo sul futuro dell'Udc tra Follini e Casini non è di oggi: già al termine del congresso di luglio, dopo che il segretario aveva annunciato orgoglioso che quelle non sarebbero state le ultime assise del partito, il presidente della Camera aveva rilanciato la prospettiva di una grande forza dei moderati. Una distanza politica che nemmeno un'amicizia pluridecennale è riuscita a colmare. Non è un caso che ieri sera, al termine della lunga giornata d'Aula, nel suo studio a Montecitorio, il presidente della Camera abbia incontrato i tre ministri centristi. Anche a loro Casini avrebbe detto che sino all'ultimo momento, non solo per motivi di amicizia personale ma soprattutto per ragioni di opportunità politica, era necessario tentare di convincere Follini a non abbandonare il suo incarico.
Diversa la sensibilità espressa dai ministri, resa evidente dalle parole con cui Giovanardi, oggi, implicitamente sancisce la rottura: «La linea dell'Udc sulla riforma elettorale è molto chiara e compresa dalla opinione pubblica ed è una grande vittoria politica. Ora tocca a Follini nella direzione di domani chiarire il perchè delle sue perplessità sia sulla proporzionale sia sulla devolution». Ma Mario Baccini si è fatto carico di esperire il tentativo auspicato da Casini con un appello alla responsabilità ed un ammonimento: «Nessuno può assumersi la responsabilità di rompere il giocattolo». Il chiarimento domani non sarà indolore.
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