Che aria tira… (Ziche): STONK! Ragazzi, che scivolone. Sarà che una vignetta ispirata a Papere alla Deriva non poteva essere granché divertente, ma la gag è davvero tra le peggiori cose mai uscite dalla penna di Silvia Ziche. E invece il disegno è tra quanto di meglio scaturito dalla matita dell’artista, con un disegno espressivo condito da una fantastica gamma di colori caldi e avvolgenti di grande effetto. Insomma, che i testi migliorino, che i disegni restino. Sbavissimo.
Tutti i Milioni di Paperone – Il mio quinto milione (Vitaliano/De Lorenzi): se Il mio quarto milione era indebolito da un’eccessiva prevedibilità, questo episodio rischia di far calare ancora maggiormente la qualità della saga. Infatti, pur meno scontato del precedente, è indubbiamente meno appassionante e più banale. Partendo dalla spalla, Horb, che si dimostra assai più stereotipato dei vari Digger, Jones, Flop e Wreck. Non che fossero assai carismatici, ma avevano un carattere piuttosto originale e agivano esaltando lo spirito e le abilità dello Zione. Le gag improntate su Horb sono fin troppo banali e non esprimono al massimo la brillantezza vitalianica e la trama risulta un po’ dispersiva. Il piccolo espediente finale, per quanto efficace, non riscatta la trama mentre il modo in cui Paperone racimola il quinto milione non è particolarmente esaltante come negli scorsi episodi. Non mi pare che Fausto voglia scoraggiare l’inno alla perseveranza che Don Rosa ha inserito in Life and Times, ma che voglia sottolineare come la fortuna sia parte integrante del successo, ammesso che si sia saputo guadagnarsela. Non gradisco particolarmente De Lorenzi, che non riesce a fornire l’adatto imprinting d’epoca in ambienti e costumi; avrei preferito un disegnatore dall’appeal meno moderno, ma più abile in questo senso, come un Dalla Santa. Insomma, non episodio brutt,o ma eccessivamente debole e piatto, con troppe falle.
Paperinik e il Ritorno di Mister Invisibile (Salati/Vian): toh, meglio delle aspettative. Personalmente credo che il merito sia da attribuire tutto al bravo Salati, che oltre a regalarci una sceneggiatura con un’ironia dal sapore PKNAico (forse un tantino ridondante, ma neanche tanto) tra le didascalie il cui utilizzo nei fumetti Disney si deve a Tito Faraci. Sebbene la storia non sia il massimo della vita, offre i suoi bei momenti, come il finale. Bravo l’iconico Vian, degno esponente della scuola grafica italiana.
Papere alla Deriva (Bosco/Ziche): Ziche fantastica si ritrova a ritrarre in modo dinamico ed espressivo quest’ultimo fiacco episodio di una saga che non ha convinto e, anzi, ha deluso. Una saga che non ha aggiunto né ha tolto alla qualità del Topo, ma che sicuramente ha influito sulla mia personale considerazione di Bosco. Un’altra grande occasione sprecata dopo i due WoM e Paperinik contro Tutti…
Topolino e il Sigillo di Vladimir Zeta (Artibani/Dalla Santa): Artibani, quanto tempo… che questa storia possa preludere a un suo prolifico ritorno sulle pagine di Topolino? Vista la qualità di questa frizzante avventura verrebbe proprio da augurarselo. Perché non capita di vederne tanti, di prodotti di così elevata fattura che tra l’altro riportano il filone della Macchina del Tempo agli antichi fasti dopo le delusioni de La Deriva Ucronica e la recente La Coppa di Terracotta. Una storia sobria, rilassata e ce tuttavia ci riserva bei colpi di scena, eludendo gli schemi e rivelandosi emozionante e dinamica, per non dire tremendamente coinvolgente. L’unica pecca è riscontrabile in certi passi che sembrano essere stati addolciti (perché allontanare Topolino e Pippo a Bombay, con il rischio che ritornino, invece di eliminarli? E perché un uomo come Frisson dovrebbe farsi degli scrupoli a far saltare in aria dei marinai?) anche se non ci è dato sapere se da Artibani stesso o dalla redazione. Gli aspetti più adulti non mancano, comunque: spari, bombardamenti, zuffe e lame abbondano. Ottima anche la caratterizzazione di un Topolino acuto e smaliziato (Bah! Tipi come Poulet riescono sempre a stare a galla! è una frase bellissima) e il carismatico Vladmir Zeta (che vanta una splendida resa grafica); suggestivo e affascinante il segreto che lo riguarda.
Dalla Santa in forma, abilissimo nelle ricostruzioni storiche ottocentesche riesce a imprimere forti tinte d’epoca e un’atmosfera di suggestivo mistero (stupendo il veicolo di Zeta da lui realizzato). Un ottimo autore su cui si può ancora investire di più.
Ecco, vorrei più storie come questa. Non nulla di straordinariamente artificioso. Semplicemente belle.