Quattro storie. Quattro. Il numero della svolta? Si spera. I presupposti ci sono, con una ristampa in memoria di Enzo Biagi, una storia in due puntate (poco importa se era stata originariamente pensata per essere una sola e se è stata la redazione a spezzarla), un episodio di una saga e infine una lunga avventurosa. Niente brevi insulse, o gioia o gaudio. Certo, non tutte le lunghe brillano proprio per la propria bellezza e ci sono ancora delle cose da sistemare, ma è indicativo come la struttura del Topo sia cambiata alquanto velocemente, optando per una struttura meno frammentata e più solida che dovrebbe favorire un incremento qualitativo. Forse è solo un esperimento, forse no, sta di fatto che l’ho molto apprezzato, indipendentemente dai contenuti. Contenuti che iniziano con un Che Aria Tira… (Ziche) nella norma (e che forse sarebbe stato più adatto nel #2706 dove si parlava di HSM) e si prosegue con Topolino e la Memoria Futura (Biagi/Sisti/Scarpa), storia ristampata nella triste occasione della dipartita di Enzo Biagi, storia scritta dal giornalista e poi sceneggiata da Sisti nel 1996. Storia gradevole, forse a tratti un po’ contrita ma ugualmente piacevole, grazie anche al forte messaggio di fondo che accomuna un po’ tutto il lavoro di Biagi (basti pensare anche ad altri sui lavori in campo fumettistico come Storia d’Italia a fumetti e La Storia dei popoli a fumetti) e che vuole ribadire come sia indispensabile la memoria degli avvenimenti passati per costruire un futuro di certo non perfetto, ma che avendo fatto tesoro degli errori precedenti, risulta di sicuro più radioso. Il tutto è impreziosito da alcune simpatiche trovate di Sisti e dai disegni di Scarpa, versatili e dinamici che si adattano ai toni di una storia forse leggermente retorica ma comunque apprezzabile come lo sforzo creativo di tre grandi menti.
La Grande Caccia alla Numero Uno – Zio Paperone e la Caccia all’Oro (Hedman/Gattino): sì, vabbè. Lassù usano dei generatori casuali di colpi scena per scrivere le sceneggiature o cosa? Ormai la saga (ma quale saga, poi? Ci è stata svenduta come tale ma di saga ha ben poco…) ha perso l’occasione di riprendersi pur avendone avuto il tempo. Via, nella spazzatura.
Topolino e il Tesoro di Temugin (Artibani/Dalla Santa): bene, bene, bene. E bene. Perché la storia non è pretenziosa, ma semplice, lineare, eppure spumeggiante e coinvolgente. Un’avventura pura e semplice che richiama ben altri momenti di straordinari impulsi creativi, che sapevano stimolare il lettore proprio perché frutto di un autore motivato. E in questo caso l’autore, pur essendosi allontanato da tempo dalla Disney, sarebbe ancora capace -ne sono certo- di stimolare sé stesso e i suoi lettori. Francesco, torna.
Topolino e la Leggenda dei Robo-Presidenti (Badino/Cavazzano): male, male, male. E male. Perché se sulle prima questo tentativo di Badino di affermarsi con un avventura di ampio respiro non sembra poi così male, devo dire che in seguito si rivela pessimo. Se magari alcune idee potevano anche essere interessanti e alcune battute carine, Badino sprofonda nel baratro degli stereotipi attingendo a palate e palate di clichè banalissimi compromettendo irrimediabilmente le sorti della storia. Macchia Nera, la cui figura era stata riabilitata con tanta fatica da autori come Casty e Savini, viene retrocesso da genio del male a megalomane dall’abissale stupidità, che rivela a Topolino il suo piano prima di attuarlo (piano, inoltre, che ha escogitato sulla base di quanto raccontatogli dal compagno di cella, il massimo dell’originalità), che sciorina battute babbee (e quando sono accettabili le ripete fino alla nausea) e che sul finale si fa battere nel modo più insulso possibile, in modo da perdere la già minima credibilità. Nemmeno un Cavazzano in ottima forma riesce ad addolcire i gravi difetti di questa mediocre ed innaturale storia che va ad aggravare la situazione di un autore che ha sempre un po’ arrancato nella costruzione di efficaci storie lunghe.