Il sublime e la munnezza riunite nello stesso albo. E indovinate chi si becca la copertina? A completare il tutto un Cimino sottotono e un Gervasio impegnato con la pubblicità progresso.
Papertotti e il Segreto del Cucchiaio (Secchi/Turconi): Eccolo qui! Lo sterco! Essendo questo il punto più basso toccato da Topolino negli ultimi mesi è giustamente stato proclamato esempio eccellente, riferimento ufficiale quando si parla della deriva trendy e commerciale del Topo. Una storia che ha alimentato polemiche, malumori, litigi e dissapori in giro per i forum, alle fiere, e persino nei garage e durante i matrimoni. La storia che ha fatto fare il Topo il tutto esaurito nelle edicole romane, che adesso si trova in vendita su ebay a 20 euro il pezzo. Insomma, tutti parlano di Papertotti, il modo più scontato e lampante per descrivere il marcio sul Topo. Ma è veramente così brutta questa storia? Ebbene sì. E’ davvero pessima.
Ma vediamo di analizzarla e capire perché è pessima, al di là di tante indignazioni che finiscono per essere bollate dalle alte sfere come semplice partito preso. Innanzitutto il volersi riferire a tutti i costi ad elementi presi dalla nostra attualità è come sempre un arma a doppio taglio, si può riuscire a nobilitare il fumetto Disney (vedi il Ciao Minnotchka di Scarpa) ma si può fallire miseramente finendo per far invecchiare maluccio la storia (le storie con Nichetti, ad esempio). Ma il caso peggiore è quando si appare ridondanti, patetici. E la Disney è sembrata proprio patetica nel volersi accattivare a tutti i costi le simpatie di gente che il Topo potrà farlo, sì, respirare per un paio di numeri, ma che molto probabilmente lo cestinerà subito per tornare ad occuparsi d’altro. Il senso di fastidio nel vedere il proprio fumetto vendersi in modo così dozzinale però può essere stemprato con qualche accorgimento: è il caso della storia con la Cabello, in cui i nomi dei vj venivano storpiati con umorismo e inventiva. Qui si commette l’errore più rozzo e insopportabile, aggiungendo al semplice nome Totti, l’abusato suffisso Paper, ottenendo così un ibrido poco credibile, banale, facilone, pacchiano e quel che è peggio oggettivamente brutto.
Poi passiamo alla spinosa questione continuity. La continuity nel fumetto Disney non è una chimera, visto che il fumetto Disney nella continuity ci è NATO. Mi riferisco alle strisce di Gottfredson, ma anche al fatto che a differenza dei corti Warner dove i Looney in ogni episodio sembravano non conoscersi, in quelli Disney i legami tra personaggi non svanivano una volta finito il cortometraggio. Molti nomi illustri hanno poi creato un universo coerente e credibile per questi personaggi facendo passi avanti e anche qualcuno indietro. Ma evolvendo e istituzionalizzando questo mondo di fantasia. Nomi come Barks, Scarpa, Casty, Faraci, Sisti, serie come Pk, MM, progetti come quello di Don Rosa, pur con i suoi deplorevoli eccessi, ci hanno consegnato un mondo Disneyano un po’ più coerente di quanto lo sia stato in precedenza. E questo è stato un bene, perché partire da una base comune, con riferimenti canonizzati aiuta a conferire allo scenario quel pizzico di credibilità in più che possa stimolare gli autori a creare capolavori. Nella storia di Papertotti c’è un uso svilente di questi personaggi, immersi in un’ipotetica infanzia che altro non presenta che lo status quo attuale rimpicciolito, neanche si trattasse dei Disney Babies, dei Baby Looney Toones, dei Tom & Jerry o dei Flintstones Kid. Non pretendo chissà quale accorgimento di continuity in una storia fatta per le masse, ma sia questo che Il Giorno Prima degli Esami cadono nello stesso identico errore. Vogliamo giocare a fare i precisi? Di tutti i personaggi in scena nel campetto ben pochi si conoscevano da bambini, e questo non lo affermo prendendo ad esempio le ricostruzioni donrosiane, fatte pedantemente e a posteriori, ma le loro semplici prime apparizioni, in cui si presentavano da zero. Ciccio si presenta alla porta di Paperino solo negli anni 30 nel corto Donald’s Cousin Gus, Paperina conosce Paperino solo negli anni 40 quando trasloca vicino a casa sua nelle strisce di Al Taliaferro, Paperoga conosce Paperino solo negli anni 60. Per non parlare dell’apparizione dei Bassotti da piccoli e di Paperone pre-Monte Orso che scomodano la tradizione barksiana.
A questi presupposti aggiungiamo una paperizzazione di Totti particolarmente sciapa (non graficamente però!) che tira in ballo le barzellette, ammiccando di continuo in modo insopportabile, una caratterizzazione dei baby personaggi degna dei Puffi in cui ognuno di loro deve per forza dire in qualche frase qualcosa di stereotipato che riconduca al ruolo che avrà da adulto, situazioni povere e banali come i ragazzini che cercano di guadagnare la somma necessaria con lavoretti e buffe gag, la femminuccia grintosa che cerca di emergere in uno sport maschile, l’importanza del festeggiare coi propri amici piuttosto che aver successo e infine la spiegazione delle origini del cucchiaio con l’immancabile gag di Ciccio otteniamo la cosa più imbarazzante mai apparsa nelle ultime annate del Topo. Il pensiero che questa porcheria sia stata da Lepore proclamata come “il futuro” e abbia avuto sulla Gazzetta e nei media un richiamo spropositato aiuta a far capire il motivo di tanto astio da parte di chi il fumetto Disney lo ama davvero. Speriamo sia solo un male necessario e che dopo non si ripetano più cose del genere, anche se la presenza pochi numeri dopo del libro di barzellette di Papertotti non fa certo sperare per il meglio.
Topolino e il Mondo Che Verrà - Cap. I: Numeri Misteriosi (Casty): E scatta il capolavoro, ma quello vero, che si dipana in lungo e in largo e in quattro meravigliosi capitoli che raccontano finalmente una signora storia, libera da qualsiasi costrizione, senza limiti di respiro e numero di tavole. Casty si ritrova tra le mani la possibilità di impostare la sua personale saga, in un periodo in cui in Topolino si fa un grande uso di storie a puntate, spesso e volentieri di qualità modesta. Ma Casty fortunatamente ci risparmia l'iniziativa fuffona, pretestuosa, ammiccante e trendy, proponendoci una vera e propria Storia, dalla trama articolata e mai prima d'ora tanto complessa. Una storia che rinuncia alla tendenza in voga di legare tra loro con un filo posticcio tante storielle autoconclusive, ma le cui quattro parti scandiscono quattro diverse fasi di un unico racconto organico.
Insomma mai così complesso, ma anche mai così ossequioso del passato, visto che la storia decide di disegnarsela lui adottando il suo stile scarpagottfredsoniano. E se non bastasse lo stile grafico e narrativo, ecco arrivare i pezzi grossi: Eta Beta nelle file dei buoni, e la Spia Poeta come grande Cattivo. Il primo l'avevamo già visto nella Neve Spazzastoria e conferma qui il suo esser tornato fortunatamente alle origini, dopo decenni di cattivo utilizzo: addirittura la sua genialità ammanatata di flemma è pure di più rispetto alla sua precedente apparizione. Per quanto riguarda il secondo, ritorna dritto dritto dalla splendida storia a strisce Topolino e la Spia Poeta, dove in piena guerra fredda non si faceva alcuno scrupolo a tradire e AMMAZZARE i suoi stessi compagni, salvo poi morire lui stesso annegato dal peso delle sue medaglie. Non c'è da meravigliarsi se Casty abbia deciso di ignorare il ritorno della Spia Poeta, avvenuto negli anni 90, per mano di Asteriti, dove una spia rediviva passava dalla parte del bene e chiedeva a Topolino di trovargli un lavoro onesto, combinando tanti pasticci. Una storia così svilente rovinava e rendeva inservibile quello che era l'avversario di Topolino più pericoloso, forse anche più di Macchia Nera, e l'unico visto finora che senza farsi troppi problemi ricorreva all'omicidio esplicito.