Zironi non dice una cosa sbagliata (ma guarda un po', nemmeno io riesco più a battibeccare: Peppino, stiamo invecchiando…). Il sarcasmo e l'ironia, nelle sue più varie sfumature (da quella tagliente a quella acida, fino ad arrivare alla battuta volutamente cattiva) è certamente una risorsa per chi scrive (nel nostro caso) fumetto umoristico. Ma è altrettanto sicuramente un'arma a doppio taglio. Potendo parlare solo per me, confesso di sentire di tanto in tanto anch'io stanchezza per il ricorso che faccio di questi registri. Cerco di variare, quando posso e quando mi viene. Ma poi fatalmente ci ricasco. Il problema - parlo sempre per me - è che in questo genere di narrazione ci siamo tutti dentro fino al collo. È l'umorismo tipicamente americano, delle serie TV e del cinema USA. È difficile sfuggirci. Non so se sia stato proprio Tito a, per così dire, "insegnarcelo". Io, prima di lavorare per il Topo, scrivevo i programmi per la fascia ragazzi di Italia 1 e anche lì il sarcasmo era l'arma migliore. La maniera migliore, o almeno più veloce, per far ridere era prendere un personaggio che sfanculava un altro personaggio. Ma alcuni personaggi - quelli Disney in particolare - certamente soffrono.
In un bellissimo romanzo di Tom Wolfe, "Io sono Charlotte Simmons", lo scrittore arriva a catalogare il sarcasmo cattivo che impera nella comunicazione moderna.
Che altro dire? È una discussione interessante.