Cos’altro aggiungere su Topolino in L'Ultimo Caso che non sia già stato detto? Innanzitutto un sentitissimo grazie a Faraci e Cavazzano (come al solito in uno stato di grazia, come sempre quando lavora su sceneggiature che lo appagano e lo esaltano) per questa splendida storia e per l’amore che provano per il mondo Disney e per il personaggio di Topolino. Si amore, e non trovo termine più adatto per definire quanto traspare da ogni singola vignetta della storia.
Una storia che si svolge in un unico tempo, e questo mi aveva inizialmente indotto a pensare che una narrazione in due tempi sarebbe stata più adatta, memore dell’ottimo risultato di Topolino e il Fiume del Tempo e della recente La vera storia di Novecento. Poi ad una rilettura successiva mi sono accorto di quanto, benché in numero inferiore rispetto a quelle delle succitate storie, ogni singola vignetta riesca a trasmettere al lettore; e questo veicolare così tanto in relativamente poco spazio non compromette assolutamente la lettura, che anzi grazie ad una sceneggiatura realizzata con rara maestria risulta sempre fluida, comprensibile, coinvolgente e appagante.
Bellissima la trama della storia che si ricollega, omaggiandola, direttamente al “Topolino poliziotto e Pippo suo aiutante” di Gottfredson e De Maris. Ma aldilà della trama, quello per cui questa storia vale l’acquisto dell’albo (e anche di più) sta nel suo valore e nel messaggio che veicola, che a mio avviso si esplicitano nelle tavole iniziali con Pippo e Topolino che ritornano nella loro vecchia agenzia, nella quotidianissima scena al bowling in compagnia degli amici e nelle due tavole conclusive, che fanno della presente una storia simbolo.
Si una storia simbolo, perché di questo a mio parere si tratta; una storia che si pone come un punto di equilibrio tra le varie anime di Topolino che si sono succedute in questi decenni: da quella di Gottfredson e Scarpa, passando per quella infallibile e saccente di Martina e soci, sino ad arrivare alla new age che vede autori "storici" come Artibani, Casty, Cavazzano e Faraci, e "nuove leve" come ad esempio Vitaliano, partire dalle origini e dal vero Topolino per riproporlo in chiave attuale seguendo quel “innovare nel rispetto della tradizione” tanto caro al nostro Tito, senza scordare quello straordinario spin-off che è MMMM – Mickey Mouse Mistery Magazine e la sua storia simbolo Anderville (e come non pensare a questa serie leggendo le due tavole conclusive?).
La storia non nega l’epoca dell’infallibile Topolino martiniano, che giustifica con “una buona dose di fiuto e fortuna”, ma nel contempo ridefinisce e ribadisce, attingendo alle origini, il vero carattere di Topolino: quello di simpatico curiosone che si ritrova, volente o nolente (“saranno i guai a trovare me”), a vivere avventure straordinarie in compagnia di un migliore amico tanto strambo quanto geniale. E tutto questo avviene in una maniera tanto esplicita e commovente che non ha eguali nella produzione faraciana (e in generale in quella disneyana attuale).
Una storia, quindi, che rappresenta un punto di arrivo per Tito, certo, ma anche per tutti quegli autori che da più di un decennio hanno veicolato i loro sforzi per sdoganare Topolino dall’immagine di antipatico saccente che gli venne, suo malgrado, affibbiata. Un punto di arrivo che io spero possa essere anche un punto di inizio per quella che sarà la produzione topolinesca d’ora in poi.
Se c’erano tanti modi per festeggiare l’ottuagenario di un personaggio immortale e che non invecchia mai, questo è indubbiamente uno dei migliori. Grazie Tito, grazie Giorgio, e buon compleanno Mickey.