Posso solennemente assicurare che, se hai trovato strafalcioni, quelli sono certamente farina del mio sacco. I redattori non c’entrano. Ricordatevi che io sono sempre quel tizio che ha scritto “redarre” invece di “redigere” e “fediGRAFO” anziché “fediFRAGO”.
Certo che i redattori c’entrano: non te li corressero, eh. Quindi quell'orrido "potrebbero
c'entrare" in luogo di "potrebbero
entrarci" a pagina 140 è tuo? :o
E l'evidente inversione di balloon nella sesta vignetta di pagina 132, quando è palese che "né l'uno, né l'altro..." è detto da Kranz, e "il viaggio continua!" da Indiana? Non dirmi che ce l'hai messa tu, dai, ché non ci credo.
Poi alcune possono anche essere responsabilità del disegnatore, chissà. Per esempio la scena di pagina 128 me la spiego poco: nella seconda vignetta sbuca l'anaconda e Topolino si piglia giustamente un colpo. Nella terza, Indiana lo rassicura: "tranquillo, topolino! la bisciona non ha intenzione di divorarci!", ma un Topolino ancora spaventatissimo gli chiede: "e tu come lo sai?". Però nella stessa vignetta l'anaconda non solo ha fatto marcia indietro, ma è già lontanissimo: quindi, che senso ha che Topolino sia ancora spaventato? E soprattutto, chissà come fa Indiana a sapere che non ha intenzione di divorarli, eh!
Anche nella storia di Cimino c'è una cosa del genere, quando Battista dice che lascerà il catalogo della mostra sul tavolo. Nello storyboard di Cimino, Paperone lo vede effettivamente su di un tavolo, ma Cavazzano ha disegnato il catalogo aperto su un sacco di monete. Come dire, càpita anche ai grandi. Però a quel punto avrebbe fatto meglio sí il redattore a cambiare la frase, ad esempio in un “glielo lascerò aperto sui sacchi di monete”. E invece, nada.
Detto ciò, non posso che dirmi amichevolmente in disaccordo con Zangief, sia per il merito sia per il metodo del suo ragionamento.
Quanto al merito, credo che quelli che lui segnala siano variazioni veramente minime, che non vanno a incidere in alcun modo sullo svolgimento della storia. Alcune, come sottolinea Brigitta, vanno addirittura a migliorare il dialogo.
Naturalmente discordo. È vero che
alcune vanno a rendere il dialogo piú scorrevole.
Due, sul totale, eh. Altre sono roba tecnica, come i grassetti per dare enfasi, che Cimino non mette quasi mai in realtà. E si potrebbe comunque anche qui disquisire sul fatto che i grassetti siano o meno essenziali, e se l’enfasi posta da Cimino su certe cose sia stata per evidenziare proprio quelle, e non per affogarle in un mare di altre evidenziazioni che finiscono per nullificare la singolarità delle sue. Ma sorvoliamo.
Altre però, e sono la maggior parte, tolgono parecchio all’umorismo dell’autore. Che poi diviene anche una questione di coerenza: se non si possono fare riferimenti all’età di Paperone, com’è che nella tua storia di quattro numeri fa hanno bellamente lasciato il tuo scherzo sui “centoventisei anni”?
Quanto al metodo, il ragionamento è più o meno sempre il solito: c’è chi pensa che una redazione debba fare sostanzialmente da passacarte e chi ritiene che i redattori debbano lavorare sui testi che ricevono. Il fatto è che un editore che pubblica senza “toccare” un testo non è un editore, ma un tipografo. Tutt’altro mestiere.
Mai detto. Io stesso lavoro per redazioni, e le mie traduzioni sono supervisionate piú volte; e giustamente, anche. Nel mio caso però, anche perché gli adattatori e i proofreader non sanno il giapponese, si premurano di
chiedermi se ciò che ritengono meglio sia una totale castronata che magari andrebbe contro il senso dell’originale - a cui magari posso essere stato troppo fedele, con gran nocumento della sintassi o di un buon stile italiano. Una volta mi capitò pure di trovarmi una frase, giudicata troppo insultante la religione, censurata. Anche in quel caso mi chiesero consiglio, e io declinai lavandomene le mani e lasciando a loro il compito di sostituire la frase: ma me lo chiesero. Non mi risulta che abbiano mai chiesto a Cimino se fosse il caso di cambiare una sua frase, tuttavia. E dire che in molti casi sarebbe bastato semplice buon senso, mica sapere il giapponese...
Aggiungo una postilla. Tutti sono pronti a stigmatizzare l’intervento redazionale quando esso viene ritenuto lesivo (chissà per quale bizzarra ragione, poi) della dignità dell’autore. Ma avete idea di quante volte una minchiata scritta da un autore venga corretta da un redattore?
Tantissime. Anche nelle mie traduzioni faccio strafalcioni.
Avviene anche che la cosa corretta scritta dall’autore diventi una minchiata scritta dal redattore, eh. Poi però la storia porta il nome dell’autore, mica del redattore. Vedasi la parte che già ho citato di Paperino incavolato con lo zione. Se l’ha già indennizzato, perché dovrebbe ancora volersi rivalere su di lui? Un lettore attento se ne esce con un WTF?, ma la colpa diventa di Cimino, mica del redattore.
Non parliamo poi di questioni di stile, che per un autore (uno come Cimino, poi) è tutto. La gran parte dei cambiamenti che ho riscontrato, censure dovute ai paletti a parte, è una vera e propria riscrittura di stile, che trasforma il redattore in autore
tout court.
Tant’è vero che anche prima che li puntualizzassi col listone c’è stato chi s’è accorto del decadimento dello stile, eh.
Secondo me questo ragionamento è importante anche per chi - magari tra i lettori di questo forum - avesse il desiderio di diventare autore (di fumetti, libri o altro). Leggendo taluni interventi si sarebbe portati a pensare che l’intervento redazionale sia illegittimo e sbagliato “a prescindere”. Non è così.
Ma infatti sottoscrivo. Come ti ho già spiegato, però, discordo sui metodi. Un redattore che mi correggesse un “io ho stato” in un “io sono stato” sarei scemo io a bacchettarlo, anzi dovrei solo ringraziare di avere ancora la fortuna di lavorare con loro dopo essermi fatto beccare un erroraccio del genere.
Gli autori (quelli veri, almeno) sono perfettamente consapevoli dell’importanza di avere un redattore che legga i suoi testi. Certo, poi ci sono quelli che si credono Shakespeare. E ci sono interventi di “cucina redazionale” che stravolgono del tutto i testi. Ma queste due fattispecie, secondo me, qui non sono date.
Della prima ancora devo avere alba. Credo che nemmeno Martina si considerasse al di sopra di tutto. Ma di
redattori che si credono Shakespeare, almeno uno mi pare di averlo beccato...