Quattro storie compongo un “
Topo” con un’unica punta di eccellenza, circondata da prevedibilità e una piccola sorpresa.
La punta di eccellenza è ovviamente rappresentata da
Pippo Reporter – Il Pianista Suonato (Radice/Turconi), terzo episodio della terza serie di avventure con protagonista uno dei Pippo migliori mai visti in un fumetto. Dopo i bellissimi omaggi realizzati nella seconda serie (il baseball, il jazz e il cinema) e dopo quelli degli scorsi due episodi (il volo e il giallo) ecco che la musica torna a essere protagonista, anche se stavolta si cambia genere rispetto a
La Perla del Fiume. La premiata ditta Radice&Turconi decide di dedicare questa storia interamente a un celebre pianista russo, Sergej Vasil'evi[ch269] Rachmaninov che nella fantasia di Teresa diventa Duckmaninov e che Stefano riesce a ritrarre in modo “papero” senza scadere nella banalità estetica (notare il becco) e in questo modo rendendolo decisamente somigliante al vero pianista.
Ovviamente io dell’esistenza di Rachmaninov e del suo aspetto non sapevo nulla fino a oggi, ma l’abilità della sceneggiatrice è quella di risvegliare in me la curiosità di conoscere anche quello di cui non mi sono mai interessato, e così sono andato a indagare sull’ispirazione per questa storia
.
Ho appreso così che il vero pianista era sul serio in America negli anni in cui è ambientata la serie di
Pippo Reporter, dopo che emigrò dal suo paese natale durante la Rivoluzione Russa. Insomma, io adoro queste sceneggiature di Teresa in cui si vede che ha studiato, e che tutto è calcolato al millimetro della precisione per restituirci omaggi il più fedeli possibile alla realtà. Così come adoro lo studio che sta dietro ai disegni di Stefano, che anche stavolta riesce a restituire quell’inconfondibile sapore di anni ’20-’30 attraverso le auto, l’estetica delle abitazioni e con il bellissimo teatro che è sede del concerto di Duckmaninov. Oltre a ciò, il suo Pippo è sempre stupendo, e quando è seduto al piano ancora di più!
La storia racconta di come Pippo e Minni conoscono Duckmaninov, e di come il giornalista più scalcinato d’America riesca a entrare così in confidenza col Maestro da poter suonare con lui. Sullo sfondo, un Plottigat mai così protagonista tenta un difficile furto ai danni del pianista, ed è bello veder valorizzato in tal modo un cattivo che solitamente è sempre trattato in modo superficiale ma che qui mostra l’importanza del suo orgoglio e attraverso una maturazione personale diventa addirittura il portatore del messaggio della storia, che fa venire voglia anche a me di andare ad ascoltare la musica del celebre pianista russo.
Applausi. Ma veri. A mio personale parere la storia più bella di tutto il ciclo rimane
Dieci Piccoli Caimani, ma questa avventura si prende senza dubbio il secondo posto del podio insieme a
Scuola di Volo e a quella su Chaplin; questa nuova storia riesce a confermare ancora una volta l’altissima qualità che questa coppia di artisti sa regalare ogni volta, e ancora una volta mi trovo a dire con tutta sincerità che insieme a Casty sono la salvezza qualitativa del “
Topo”.
La sorpresa del numero è la storia di apertura:
DuckWheels - Paperina e la Permalauto (Ambrosio/Intini) è una storia molto piacevole, al di là del suo essere parte di una serie di spottoni per le macchinine allegate al giornale. Non c'è molto di nuovo nel vedere una macchina che prende vita e ne fa passare di tutti i colori ai proprietari (in questo caso Paperino e Paperina) ma in questa situazione l’avventura viene condotta molto bene, con buone battute e un discreto senso del ritmo. I disegni ottimi di Intini fanno guadagnare ulteriori punticini alla storia, che ha anche il pregio di riproporre nel cast paperopolese quella Genialina di martiniana memoria in un modo assolutamente non invasivo e coerente col contesto, senza essere una cosa fine a se stessa. Comunque, niente di imperdibile.
Le due storie prevedibili sono le ultime due.
PIA - Paperino e i Magnifici Setter (Sarda/Dalla Santa) è una storia della PIA come ne posso trovare a grappoli nella mia collezione di “
Topolino”, senza i guizzi geniali come mi aveva dato
La Notte Senza Luna. Bruno Sarda è un veterano e lo dimostra costruendo buoni dialoghi, ma alla fine la storia altro non è se non una sequenza di trabocchetti che Paperino e Paperoga devono superare per portare a termine la missione. Quale che sia stavolta, veramente non ha importanza.
Zio Paperone e la Tribù dei Sei Piedi (Cimino/Cabella) rappresenta il tocco di classicità del numero, che ultimamente noto non manca mai. Sulla carta sarebbe pure una buona cosa, ma Cimino è prevedibile per due aspetti: da una parte sai che la sua nuova storia sarà piena di fantasia, con un Paperone caratterizzato molto bene e con dialoghi mai scontati e piacevolissimi da leggere; ma dall’altro lato, è prevedibile il modo in cui questi ottimi ingredienti vengono cucinati. Stavolta la prevedibilità negativa è attenuata dal fatto che l’autore riesce a variare leggermente il modus operandi in cui succedono le stesse cose, ma è più che altro apparenza perché nonostante il buon inizio, meno scontato di altri, lo sviluppo dell’avventura ci restituisce il solito popolo misterioso, i protagonisti come al solito catturati, i soliti mezzi di trasporto inusitati… certo, l’ultima tavola sta lì a ricordarci che il Paperone di Cimino è uno di quelli caratterizzati meglio, e che lo sceneggiatore conosce perfettamente il personaggio, ma l’impianto convince relativamente poco. Belli i dinamici disegni di Sergio Cabella (la prima tavola è ottima, per esempio) anche se è vero che in alcune vignette con Paperone pecca nelle proporzioni, che si fanno strane. Ma in generale è un tratto molto accattivante.
Un numero perlopiù dimenticabile per ¾ del giornale, ma che ha una vetta artistica così elevata in
Pippo Reporter che vale l’acquisto anche solo per quello.