Questa settimana avrei voglia di stringere tra le mani un’alabarda spaziale (per chi non lo sapesse, è una doppia alabarda lunga 18 metri, le cui lame, più dure del diamante, sfondano lastre di titanio di 8 metri per solo effetto del loro peso), ma non perché il Topo abbia storie brutte: solo che per me, e credo per tutti coloro per i quali Topolino è stato un riferimento culturale e vogliono che il giornaletto continui ad esserlo, è assolutamente intollerabile che nella prima storia si scriva “avresto” invece di “avresti”, e nell’ultima “vece” al posto di “vede”. Intollerabile, ribadisco, per non usare altri eufemismi (vocabolo del quale conosco perfettamente il significato, e che non sto usando a casaccio come potrebbe sembrare ad un lettore poco attento). Ovviamente, la suddetta alabarda andrebbe sperimentata sugli autori dello scempio del quale ho appena accennato… Se Valentina De Poli o chi per lei fosse in lettura, tenga conto del fatto che non è la prima volta in cui ci lamentiamo di codesti barbari sfondoni, che si potrebbero evitare con un poco d’attenzione. Sempreché si richieda questa attenzione ai letteristi: ma scrivere una storia con simili strafalcioni mi pare quasi offensivo per gli sceneggiatori, che si vedono macchiare il lavoro in modo praticamente indelebile…
Vabbé, passiamo al resto del commento:
Doubleduck: Codice Olimpo, quarta parte, Artibani-Gervasio: finale pirotecnico per una saga splendida! Ora posso dare il commento definitivo: Artibani ha costruito un vero gioiellino per tempi comici, per suspense, per scorrevolezza dei dialoghi e caratterizzazione dei personaggi. Come sapete, io non amo DD, che considero un inutile clone delle PKNA, ma storie come questa sono oggettivamente favolose: ti invogliano a leggerle anche se il protagonista non ti garba più di tanto! Applausi e giù il cappello, ragazzi: così si può scrivere una storia Disney, ed un giovane Maestro come Francesco nostro ce lo ha saputo ricordare nel migliore dei modi. Gervasio si supera ai disegni, migliori della sua già stratosferica media. Si vede che la storia è piaciuta anche ai quattro artigiani della matita, perché tutti hanno sfoderato il loro repertorio migliore, per la gioia visiva di noi lettori! Saga veramente da urlo. Rovinata da una sola, stupida, evitabilissima, deprecabile, insopportabile castroneria di rara dabbenaggine, non riconducibile allo sceneggiatore…
Zio Paperone e la crociera delle astuzie, C. Panaro-Held: cambiamo Maestro, cambiamo registro di narrazione. Ma la storia è godibile in ugual misura, perché Carlo Panaro continua nel trend delle sorprese che contraddistingue la sua ultima produzione. Anche stavolta niente è ciò che sembra, quindi, ed il più classico dei cliché sullo Zione, ossia una corsa all’affare contro Rockerduck, si traduce in una storia piena di divertenti intrighi, dove le gag spassose non mancano mai e dove l’ultimo ribaltamento di fronte capovolge tutto ciò che ci aspettavamo. Altro stile narrativo, dicevo, ma il risultato non cambia: se una storia è bella e scorre via bene, non ci sono santi che tengano, nel senso che è oggettivamente bella e basta. Held molto carino, in netto rialzo rispetto ad altre sue ultime prove; molto classico ma non di certo “rudere” nel modo di disegnare. Applausi ancora!
Andiamo al cinema: l’horror, Bosco-Gervasio: divertente riempitiva che prende in giro tutti gli stereotipi dell’horror! Bosco si conferma re di queste storielline senza pensieri, ed un Gottardo in buona forma rende al meglio le espressioni dei personaggi! Quattro sane risate non vi saranno tolte da nessuno, fidatevi!
Cuordipietra Famedoro ed i rischi del business: Erickson-Andersen: premetto di non essere un fan di Cuordipietra, al quale ho sempre preferito Rockerduck. Ma la storia, nella sua “semplicità” danese, non è male affatto. Non tanto negli ostacoli a Paperone, davvero stereotipati, o nei colpi di fortuna gastoniani, più banali che mai, ma nel finale che ancora una volta ribalta tutte le prospettive e rivaluta tutta questa storia. Andersen, se disegna più “tranquillamente”, non è malissimo: anzi, sta facendo passi da gigante nel migliorare il suo stile, pur restando anni luce lontano da quelli di casa nostra, s’intende!
A cena con Indiana: Indiana Pipps e i frutti di cristallo, Figus e Sarda-Meloni: non trascendentale storia di Indiana, ma superiore alla deriva che il personaggio stava prendendo. Godibilissima, quindi, per una divertente indagine dove il ladro non è poi così cattivissimo come si potrebbe essere portati a pensare! Meloni regge tranquillamente: non ha picchi enormi, ma almeno non ha cadute di tono o vignette inguardabili. Però può e deve fare moltissimo di più.
Vorrei dire che questo è un gran bel numero, con ottime storie a contorno del fulcro DD. Vorrei. Vorreo, direi quasi… Detto tutto, va’, che è meglio…
PS: Scusate il ritardo. Ero al mare, e col blocco della scorsa settimana non ho postato in tempo!