Io non so voi, ma per quanto mi riguarda ho adottato una lettura "alternativa" per questo numero, data anche la particolare costruzione dell'albo stesso, con le due brevi e le due lunghe ben bilanciate. Come da un po' di anni a questa parte i film Disney e Pixar vengono anticipati al cinema dalla ritrovata produzione di corti, leggendo questo numero di
Topolino ho voluto abbinare la breve di Vito e Faccini al
Passaggio del Tor Korgat e quella di Gianatti e Guerrini alla straniera. Il risultato (oltre all'aver anteposto l'opera seconda del nostro autore "novellino" al lavoro di due grandi autori :
) è che ho maggiormente apprezzato la storia di apertura come fosse un vero e proprio classico cinematografico, immergendomi totalmente nella lettura e riemergendone assolutamente soddisfatto. Tutto fila praticamente alla perfezione, con un Mickey grande protagonista grazie a dei testi particolarmente ispirati e ai disegni che regalano dei veri e propri virtuosismi da parte di Cavazzano - penso non solo alla doppia già elogiata di pag. 10-11, ma anche alle vignette di pag. 22-23 o alla tavola di pag. 42. Quello che però avvicina, secondo me, questa lunga avventura a un vero e proprio lungometraggio è la verosimile recitazione sia grafica che psicologica dei personaggi sulla scena, con un'ottima caratterizzazione sia dei comprimari che, soprattutto, dei tre protagonisti: se i dialoghi di Pippo sull'essenza stessa della scalata (come fosse
una sorta di Ulisse dantesco che, però, si accontenta saggiamente di fermarsi, rifugiandosi nel senso di meraviglia e curiosità davanti a un ignoto che deve rimanere tale, anteponendolo alla fine sterile e "inconcludente" dell'avventura una volta conquistata la vetta) e la sequenza con Topolino
immerso nel dubbio dei suoi soliloqui restano memorabili, credo che il massimo della recitazione sia offerto dalle vignette in cui il dialogo
viene sostituito dai pensieri incrociati di Topolino e Gambadilegno, sospesi ad alta quota sui loro lettini. Qui, a parer mio, Gagnor è riuscito a presentare perfettamente i caratteri più intimi dei due eterni antagonisti, collegandoli poi ai momenti che ho appena menzionato: "la montagna rivela chi sei veramente, Topolino!", commenta l'infreddolito sherpa Tunztunz... In tutto ciò, ovviamente, i disegni di un Cavazzano davvero motivato rendono perfettamente giustizia a tutta la costruzione recitativa (guardate quel Pietro della seconda vignetta di pag. 50: sono rimasto a contemplare quell'espressione colma di odio per un bel po'!).
Aggiungo poi, che, in molti passaggi, la storia mi ha ricordato non poco
Tintin in Tibet: Roberto, hai preso qualche ispirazione da Hergé?