Non si può proprio definire un gran
Topolino, quello di questa settimana.
Gli G.N.A.M. non mi mancavano affatto, e se da un lato la scelta di ripescarli in occasione di una storia sulla sofisticazione alimentare ha perfettamente senso, dall’altro ritroviamo quella situazione un po’ stramba di Ciccio nei panni di agente di una divisione della polizia. Oltretutto la trama impostata da
Riccardo Secchi non risulta molto centrata: anche volendo accettare, per amore dell’assurdo, l’esageratissimo illecito perpetrato dal criminale, risulta più… indigesto vedere la modalità con cui Ciccio viene arrestato (!) e soprattutto la parentesi carceraria, che si approfondisce per alcune tavole salvo avere poi ben pochi influssi sul resto della trama, restando avulsa dall’insieme.
Alessandro Perina molto buono alle matite, piacevole il suo Ciccio bel rotondo
e buono il lavoro sui comprimari.
Anche
Augusto Macchetto in chiusura d’albo non colpisce nel segno: la storia ha una tematica non banale, quella dello sfruttamento degli interessi della gente per la vendita di prodotti, ma viene condotta in maniera poco brillante, piuttosto piatta, e tirando in ballo Rockerduck senza nessun vero bisogno, tanto che la sfida tra loro quasi manco si vede. La sensazione a fine lettura è che non sia successo nulla. Strappa un sorriso l’idea del robot consolatore, anche se lo sceneggiatore non resiste e rende anche quello un tormentone che stanca alla svelta.
Maurizio Amendola realizza tavole poco riuscite, con un Archimede inspiegabilmente grasso e un Paperone che in una vignetta diventa addirittura strabico!
Macchia Nera e lo scoop compromettente presenta un bel colpo di scena subito all’inizio; sarà per quello che poi la storia scorre sui binari del già visto, concludendo la storia nell’esatto modo che si poteva immaginare. La caratterizzazione del villain risulta poi indecisa, in bilico tra la sua classica crudeltà e degli esiti decisamente più all’acqua di rose nell’applicazione dei suoi propositi e nelle conseguenze delle sue trappole. Sempre meglio la resa grafica di
Giuseppe Zironi, che qui realizza ottimi sfondi e un ottimo Macchia.
Le due storie migliori dell’albo sono dunque
Quattro nella tenda e
Minni, Topolino e l’impeccabile Mary Lou. La seconda è il motivo per cui ho acquistato l’albo, ma non è quella che preferisco tra le due!
Già, perché il nostro
Vito stavolta ha realizzato una storia che sì, intrattiene e si fa leggere, ma che rispetto alle sue prove del passato, compreso il suo unico precedente alle prese con i Topi, risulta poco originale tanto nello spunto quanto nello svolgimento. L’idea che una nuova vicina possa diventare la reginetta del quartiere e mettere in ombra Minni è carina, ma rappresenta un topos fin troppo classico nella narrativa di questo genere “urbano”, tipico della sit-com. Lo svolgimento riserva poi poche sorprese, visto che risulta ovvio al lettore che la misteriosa ladra non sia Mary Lou, e l’unico piccolo colpo di scena è l’identità della criminale, rivelazione che però ai fini della tematica del racconto serve a poco.
Forse la storia ne avrebbe guadagnato se non si fosse voluto inserire il risvolto sulla ladra di gioielli, che ha portato la trama su binari fin troppo noti a chi bazzica certe dinamiche. Si salvano la caratterizzazione di Minni e Topolino, che risulta centrata, e la pagina con la gag dell’appostamento, decisamente divertente.
Marco Mazzarello ai disegni non contribuisce, ahimè, ad un maggior gradimento della storia.
Massimilano Valentini con
Quattro nella tenda riesce invece a portare sul libretto una comicità sia dialogata che fisica, partendo da uno spunto considerabile sciocco che si rivela invece foriero di gag e situazioni irresistibili. L’interazione tra Paperino, Paperoga, Gastone e Ciccio viene descritta in maniera credibile – qui meno forzata di quella messa in scena da Cirillo nelle scorse settimane, che pur non mi disturbava – e i dialoghi appaiono spigliati e veloci, riuscendo ad essere davvero divertenti ed efficaci. Quando sembra che lo sceneggiatore insista troppo su alcuni cliché, specie con Gastone, ecco che una battuta meta-narrativa muta il fastidio in ironia.
Alessandro Gottardo offre un’ottima prova in una storia che anche dal punto di vista grafico risulta anomala, non ritraendo mai i personaggi ma solo la tenda e il paesaggio: l’abilità del disegnatore si nota quando i Paperi spingono contro i bordi della loro “dimora”, mostrando le loro riconoscibili silhouette