Topolino e l'Impero Sottozero è sicuramente una delle storie più ambiziose e complesse di
Casty.
Mondo che Verrà,
Isola di Quandomai,
Marea dei Secoli,
Ombronauti... tanti kolossal di largo respiro e dalle trame ricche, ma l'
Impero Sottozero gode di una sceneggiatura ancora più raffinata e complessa, che nella seconda e nella terza parte della storia eleva la stessa al rango di
istant classic.
Dapprima l'autore si impegna a mostrarci il clima (non solo in senso letterale
) che si respira a Zerograd, quello tipico dei regimi dittatoriali. È quando ci si focalizza sulla coraggiosa sortita di Topolino, Atomino e Nataniele che la storia inizia a svelare alcuni dei misteri che ne stanno alla base. Unico neo di quest'opera è forse il modo in cui veniamo a conoscenza della verità sul popolo degli Iperborei e sulle “origini” da cattivo del Conte Dragpo, un lungo “spiegone” di Tabìa che era però necessario per dare conoscenza di quegli eventi. E comunque il discorso avviene in modo naturale, con la ragazza che parla ai protagonisti, senza soluzioni pacchiane come il cattivo che parla ad alta voce da solo
Quindi lo stratagemma è del tutto legittimo.
A questo punto tutto è pronto per il gran finale, dove si punta alto con un reale rischio di assiderazione per Topolino e amici, un'epica battaglia (drammatica nel suo sbilanciamento) tra i pacifici abitanti di Baluar e le truppe della Gelonia, l'inizio di una vera nuova glaciazione sventata per un soffio e un colpo di scena finale che ribalta in modo armonico e “dolce” buona parte di quanto appreso fin lì.
La storia si presenta quindi come un insieme di tanti elementi presi dalla realtà da leggende tramandate in vario modo, il tutto modellato all'interno di un'epica avventura densa di pericoli che prende poi la piega di una bella favola, dove
l'amore può anche pervertirsi in conseguenze ben poco positive.
Non c'è che dire, una storia densa di significati e di elementi apprezzabili
A margine: ottimo lo stratagemma del raffreddore che inibisce i poteri di Atomino, che funziona brillantemente per limitarne l'onnipotenza in grado di risolvere ogni guaio, e splendidi disegni.
Infine, mi si perdoni per la mia "insopportabile mancanza di fede"
della settimana scorsa: per quanto alcune pose di Mickey continuino anche stavolta a sembrarmi un po' troppo rigide, in queste due puntate ci sono delle vignette spettacolari, dove Casty si sbizzarrisce nel creare ambienti, edifici e sfondi davvero splendidi, esteticamente appaganti, tornando all'ottima prova che in tal senso aveva fornito con certe scene della Marea dei Secoli e migliorandosi anche rispetto ad allora. Wow.
Mi fa piacere anche il trattamento che stavolta viene riservato alla storia: tra cover, editoriale della direttrice e lungo articolo che spiega tutti i riferimenti che Casty ha preso dalla storia e da leggende esistenti, non ci si può lamentare. Resta la considerazione che a mio avviso la copertina dedicata avrebbe avuto più senso settimana scorsa, e che personalmente avrei goduto di più se le tre puntate fossero state suddivise in tre numeri (il finale del secondo episodio è da... brividi
e restare con un tale cliffhanger per una settimana sarebbe stato delizioso), me eviterò di fare il precisino della fungia
Paperina e il Viaggio Impossibile e
Paperino e il Selfie Definitivo sono due brevi molto simili: entrambe si concentrano su delle situazioni quotidiane e attuali, problemi reali in cui tutti possiamo trovarci.
Mazzoleni si concentra sulle scocciature che si possono incontrare in metropolitana, impedendo a Paperina di leggersi in pace il proprio libro durante il percorso, mentre
Cirillo parla della moda dei selfie, dove Paperino vive come un dramma il suo non essere celebre sulla versione paperopolese di Instagram. Nel primo caso l'idea è buona ed è portata avanti in modo tranquillo, senza particolari guizzi e sfruttando i topos classici di uno scenario del genere, ma il risultato è piacevole da leggere; nel secondo siamo di fronte a qualcosa di più elaborato, e lo si evince dai riferimenti reali (il selfie delle star di Hollywood agli Oscar 2014, Leonardo di Caprio – qui in versione papera – vittima del non aver mai vinto la preziosa statuetta) e dall'ironia dei nickname che i Paperi avrebbero sul social, alcuni davvero geniali, che mi hanno regalato diverse risate.
I disegni di
Asaro e
Picone non sono male: tratti interessanti, un po' strani in alcuni casi ma non male.
Chiude l'albo
Carlo Panaro, che scrive una storia viziata da due presupposti di base non molto originali né entusiasmanti: i Bassotti che rubano la Numero Uno per ricattare Paperone e la prevedibile alleanza dello Zione con Amelia per riottenere il decino. Uff, l'alleanza col nemico.
Belli i riferimenti rispettosi dell'universo narrativo paperopolese come il Castello del Duca Pazzo, la vignetta finale che ricalca l'apertura della barksiana
Disfida dei Dollari e il Consiglio delle Streghe, ormai canonizzato; bene anche la volontà di riconfermare lo spessore dello spirito combattivo e vincente di Paperone; ma la trama, quello che succede e quello che i personaggi devono fare purtroppo sono elementi che risultano poco convincenti e solidi. Sembra quasi, in alcune scene, che tutto fili come da "copione" in una storia di questo tipo, e i disegni di Baldoni non aiutano molto, ahimè.
Ricordo a tutti coloro che avessero qualche dubbio sull'Impero Sottozero che Casty risponderà alle domande postate
in questo topic della Tana del Sollazzo tra oggi e sabato