Sul
Topo #3095 giganteggia la seconda puntata dell’
Isola del Tesoro turconiana, c’è poco da fare.
La trasposizione disneyana ad opera dei coniugi prosegue in modo brillante, continuando a seguire piuttosto fedelmente la trama del romanzo. Long Pete Silver, che la scorsa settimana abbiamo visto poco in azione per ovvi motivi, qui ha modo di farsi ammirare appieno: molto buono è il lavoro che
Teresa Radice compie nella caratterizzazione del pirata che, fedelmente all’opera originale, riesce ad essere assai credibile nel suo animo allegrone anche quando dimostra di essere un personaggio pericoloso.
Stefano, dal canto suo, interviene su pose e sguardi di Silver per bilanciare adeguatamente questi aspetti della sua personalità, riuscendo ad essere calzante anche nelle espressioni di Jim Topkins, specie quando si rende conto del tradimento.
In attesa di godersi il gran finale dell’avventura, una menzione la merita Ben Goof, vero elemento di novità dell’episodio: il Ben Gunn originale non poteva che essere interpretato da Pippo, e Teresa e Stefano mettono in pratica tutta la loro esperienza di caratterizzazione del personaggio per renderlo irresistibile, un folle selvaggio che soffre di sdoppiamento della personalità. I continui cambi di umore, la sua serafica filosofia di vita, la sua innata bontà lo rendono adorabile, e il disegno di
Turconi completa il quadro visto che, tra l’abito che indossa e la folta capigliatura, il risultato finale è quello di un personaggio sopra le righe e memorabile.
Il resto del numero, comunque, non è affatto male.
Zemelo scrive una storia interessante, lo schema ricalca quello delle classiche sfide di appalti tra Paperone e Rockerduck, ma la sceneggiatura permette che un plot ormai usurato riesca a dire ancora qualcosa di interessante. È la prova meno convincente del giovane sceneggiatore, ma resta pur sempre una storia solida.
Anche
Jacopo Cirillo scrive un racconto a mio parere riuscito. La premessa da fare è che il microcosmo che l’autore ha creato è forzato, purtroppo: Paperino, Paperoga e Gastone che fanno le serate assieme nei pub regge poco. Non tanto per Paperoga (per quanto, anche lì), ma soprattutto per il cugino fortunato, con cui non so quanto Paperino possa aver piacere ad uscire, considerando tutto quello che gli ha fatto e i decenni di odio esistente tra i due. Dopo la premessa, però, devo ammettere che questa concezione mi affascina, e infatti tutte le storie precedenti che afferiscono a questo “filone” mi sono sempre piaciute. In questo caso, poi, si parla di un argomento molto reale e concreto, vicino all’esistenza dei ragazzini (e pure di persone più grandi, lol), mi ci sono ritrovato, mi sono divertito un sacco e mi è piaciuta la morale finale. Cioè, quella
dell’uscire tutti assieme
; avrei invece reso più sfaccettato il giudizio sull’abitudine delle telefonate assillanti: Cirillo la difende una volta dimostrato che
non è un’imposizione di un solo membro della coppia, ma in realtà anche se viene spontaneamente da entrambi
oltre certi limiti è patologica comunque
I disegni di
Luca Usai contribuiscono al clima fresco e giovanile della storia, con delle tavole veramente piacevoli
Parlando di situazioni reali, la storia di
Marco Bosco vede Paperino e Paperina che vorrebbero riuscire a mangiare una pizza in pizzeria ma non ci riescono. Niente di che, soprattutto lo spunto e la risoluzione finale sono banali, ma lo svolgimento intrattiene abbastanza.
Sul Super Pippo di
Mazzoleni c’è poco da dire: diciamo solo che se l’uso di Super Pippo in questo tipo di avventurette impedisce di farlo con Paperinik, ben venga il suo ripescaggio. La trama comunque è una variante (neanche tanto) di una dinamica già vista più e più volte in storielle di questo tipo.
Chiude il numero un
Macchetto che non è male: rendere protagonisti i comprimari è solitamente una pratica infausta, ma Battista è un personaggio così oppresso e umano che vederlo una volta tanto elogiato fa piacere . Si sbadiglia un po’ nelle scene in cui è al servizio della famiglia borghesotta, purtroppo, ma l’obiettivo del racconto si avverte e non è condannabile. È condannabile il tormentone dei “croccantini?” nei pensieri del cane, invece
Sul finale, invece, non sono molto persuaso: ci sta che Battista sia legato a Paperone anche da un sentimento di affetto, ricambiato dal magnate, ma
non mi pare molto in character.
Marco Palazzi disegna la storia in modo efficace.