La questione della cronica carenza di storie di Topolino sul suo settimanale è sicuramente importante, ma anche molto semplice da spiegare. Mi sembra decisamente balzano considerarla una politica voluta, magari legata al maggiore favore dei lettori per i paperi (tutto da dimostrare, peraltro). Qualcuno ha anche parlato di storie "ordinate" dai direttori, come se si potesse sceglierle da un menu. Non è così, chiaramente. Il direttore del passato (per antonomasia, Gentilini) aveva il materiale USA a disposizione e lo utilizzava in modo equilibrato, salvo poi far produrre, in aggiunta, storie italiane, più vicine alla nostra cultura. Ma non è che ci fossero imposizioni. Anche oggi, normalmente sono gli autori a proporre le loro storie, e l'universo relativo, oggi come allora, è paperopolese o topolinese a seconda delle preferenze e dell'agio che ha il singolo autore a "muoversi" in quel dato universo. È immediatamente comprensibile - e testimoniato da più di un autore - che è abbastanza più semplice creare nuove storie ambientate a Paperopopi piuttosto che a Topolinia, stante la maggiore duttilità e varietà dei personaggi. L'universo topolinese è molto più ristretto di quello di Paperopoli, e già solo questo limita di molto l'approccio ad una sceneggiatura rispetto ai personaggi del mondo dei paperi che consentono anche storie con protagonisti i personaggi secondari. A Topolinia non abbiamo uno Zio Paperone Archimede, un Gastone, una Nonna Papera e un Ciccio, un Paperoga. E nemmeno Tip e Tap sono all'altezza di Qui, Quo, Qua. Logico, quindi, che sia molto meno immediato realizzare storie topolinesi sebbene, ovviamente, c'è chi come Casty che utilizza solo Topolinia. Ma è un caso fortuito. Ai tempi, ci furono Scarpa ed altri. Magari fra poco potrebbero arrivare altri ottimi autori innamorati del mondo di Topolinia, oppure no. Ma c'è ben poco da stupirsi, per le ragioni sopra dette, della carenza di storie topolinesi. Spiace anche a me, e ci mancherebbe altro, ma non ne faccio certo una colpa alla direzione come fosse una precisa scelta politica.
Max, non voler riconoscere che, indubbiamente, Paperino sia molto di più nei cuori dei lettori di Topolino è un po' - mi si perdono il paragone stratosferico - come non voler riconoscere che il problema del surriscaldamento terrestre è una realtà.
Tu nomini, giustamente, Gentilini, come direttore per antonomasia del passato e, anche lui, equilibrio o non equilibrio, dovette prendere atto fin da subito di quella che era una realtà già incontrovertibile fin dal tempo che fu, quando in stampa andò il
numero 70 di Topolino dove, per la prima volta, il personaggio a cui è intestata la testata - scusa il gioco di parole - non aveva alcuna storia con lui. Non solo: seguì poi il
numero 71 dove Topolino trovava spazio solo per due tavole domenicali.
Quello sarebbe stato solo l'inizio, protratto fino ai giorni nostri, di numerosi Topolino senza Topolino.
E' del tutto evidente che la scelta fu dettata non certo, per carenze di storie su Topolino provenienti dalla casa madre, ma per una chiara preferenza che già a quei tempi, decretò Paperino come vero re del giornalino.
Questa preferenza era per me già molto lampante, quando a metà degli anni 60, non potei non notare la grossa discrepanza che c'era fra il numero delle storie dedicate a Paperino e quelle dedicate a Topolino e, il notevole numero di giornalini dove Mickey non appariva nemmeno.
I confronti allora, ovviamente, non venivano fatti su internet, ma con i compagni di scuola, gli amici del cortile o della via e, sempre allora, Topolino, più o meno direttamente o indirettamente, era letto e sfogliato da tutti i ragazzi. Ebbene, la preferenza nei lettori non lasciava già dubbi: Paperin viva Paperin.
Nel 2009 - lo riscrivo per l'ennesima volta chiedo venia, ma è molto importante ricordarlo - in un'intervista al Papersera - non il giornale di Paperone ma a questo sito - la De Poli affermò che era inconcepibile fare dei Topolino senza Topolino e che lei si sarebbe impegnata a far sì che questo non accadesse più. Purtroppo la cosa non è avvenuta e ancora oggi, salvo smentite più che benvenute da parte della nuova direzione, la situazione è purtroppo invece immutata.
Ora, forse - o sicuramente - fare storie su Topolino non è così semplice come farle con Paperino e i paperi - e questo aumenta la motivazione della sua mancanza - ma ... che dirti? Io non credo molto a questa spiegazione.
E' vero che come ha detto Castellan in una recente intervista, il mondo di Topolinia è meno variegato del mondo di Paperopoli ma, non nel senso di quantità, Maximilian, ma nel fatto che la scissione della società Paperolese non comporta come in Topolinia una dualità quasi assoluta fra, buoni da una parte e cattivi dall'altra. A Paperopoli invece, i personaggi hanno insite in loro caratteristiche sia positive che negative.
Ma però, io avrei da obiettare questo: i personaggi - tutti - sono governati da cliché ripetitivi e penso che non ci sia bisogno che faccia esempi visto che li sappiamo bene.
Anche Topolino non è esente da questo ma, il cliché che lo caratterizza è, innanzi tutto, la ricerca spasmodica dell'avventura e, questa, fin dalla sua prima storia del 1930.
Ora, penso, che fra tutti i cliché di cui si può essere prigionieri, questo sia quello che dà più possibilità di spaziare nella fantasia e nella varietà. Anche perché le avventure che un personaggio poteva avere nel 1930, differiscono da quelle del 1950, del 1990 e del 2019 e questo - non solo, ma soprattutto - perché ci sono abissi storici, scientifici e tecnologici infiniti a differenziare questi decenni, come mai non è avvenuto nel passato.
In definitiva, non penso dunque che sia così difficile fare storie su Topolino, basterebbe volerlo e avere le persone giuste per farle. Fermo restando però che, a decidere tutto su tutto, rimane il gusto dei lettori. L'esempio più macroscopico di quello che affermo sta nella genesi e nell'immediata fine delle storie di
Mickey Mouse Magazine.