La storia che apre l'albo è senza difficoltà la migliore del numero, pur non essendo priva di qualche difetto. Con
Una amica da rottamare Vito Stabile firma infatti una sceneggiatura che parte da uno spunto buono per un'avventura leggera ma con un tocco di malinconia, e riesce a portare a termine questo obiettivo. Il legame tra Topolino e la sua auto, la 113, è infatti esplorato in modo tanto sentito quanto scanzonato, alternando e talvolta mixando i due registri in modo riuscito. Ma la lettura risulta eccessivamente frammentaria e di conseguenza poco scorrevole: la struttura a episodi, nei quali Topolino incontra diversi amici con i quali rievoca alcuni flashback legati alla sua vettura, per quanto ben scritti risultano scollegati l'uno dall'altro se non fosse per il comun denominatore della macchina, e questo spezza molto l'avventura. Anche il
vicolo cieco in cui incappa Topolino sospettando il suo amico d'infanzia di essere implicato nel guasto della 113
risulta gratuito, quasi ad allungare ulteriormente una storia che avrebbe potuto svolgersi in meno pagine.
Altro lato positivo, oltre all'atmosfera gradevolmente leggera e al legame affettivo tra Topolino e la sua auto, è la figura del protagonista stesso. Il Mickey messo in scena da Vito recupera infatti in modo vincente un carattere più sbarazzino di quello solito, in grado di buttarsi anche con un pizzico di incoscienza verso nuove prospettive - come nella scena con l'astronave di Eta Beta - e sostanzialmente meno ingessato di quanto troppo spesso lo si vede. Un Topolino vivo e libero da certe sovrastrutture che negli anni gli si sono accumulate sulle spalle. Questo risultato viene raggiunto anche grazie ai disegni di
Massimo De Vita, che presta il suo tratto fluido e dinamico al servizio di questa storia, con un'ottima caratterizzazione grafica di Topolino, concorde con quella espressa nella sceneggiatura e citata poco sopra. E anche con gli altri personaggi e con le ambientazioni l'artista riesce a rappresentare nel modo migliore l'essenza di questa storia.
Un'altra storia che mi è molto piaciuta è quella di
Giorgio Salati.
Qui Quo Qua e l'allergia di Battista dal titolo potrebbe sembrare una scematina senza pretese, invece l'autore scrive una trama piuttosto solida, dimostra di saper muovere benissimo i nipotini, che risultano credibili e non antipatici, e infila un paio di trovate originali e davvero niente male come la trovata surreale e divertentissima della maratona di animali, l'inatteso plot twist finale e l'idea di sfruttare le gaffe di QQQ come elemento di rilievo.
Tocco di stile, il meme internettiano del "sono giapponese"
Sempre di alto livello è poi il
Pk Tube di
Alessandro Sisti.
Missione di (sub)routine offre uno scorcio meno sconvolgente di quanto avvenuto nei due episodi precedenti, ma fornisce comunque un "dietro le quinte" interessante a quello che avremmo poi visto in
. Mi piace poi che venga ripresa la cornice del primo episodio di questa miniserie, con Uno che riguarda vecchi filmati mentre è da qualche parte con Everett, e mi piacciono particolarmente i disegni di
Alberto Lavoradori, in questa occasione li trovo ancora meglio riusciti.
Zio Paperone e lo sciopero paradossale è una storia... paradossale, tanto da essere degna di nota solo per i bei disegni di
Roberto Vian (di grande effetto il suo Deposito della prima vignetta), mentre
Paperino e i criminali cromatici è la danese di turno, sequel di un'altra danese, entrambe evitabili per la solita trama sgangherata e poco incisiva. Anche qui si salvano i disegni, ad opera di
Giorgio Cavazzano, che pur senza spiccare o eccellere offre delle tavole degne dei suoi standard medi, quindi più che buone.
Discorso a parte per
Pippo e l'estro pittorico, una breve che fa acqua da troppe parti. Pippo si improvvisa pittore e diventa un grande artista in pochi giorni? E come? Come fa Pippo ad essere "fuori a riflettere", dopo che è stato scoperto il furto del suo quadro, se nella pagina prima è nella sala con Topolino e gli altri? Come ha fatto a dipingere Gambadilegno se questi si stava dando alla fuga, e di certo non ha posato? E anche per una mente "particolare" come quella di Pippo vedere Pietro portare via un suo quadro sarebbe stato sospetto. E come ha fatto Gamba a non vedere Pippo? E perché la storia si deve concludere con una battuta del genere, che non diverte o non chiude in modo efficace il racconto?
A completare il... quadro, ecco i disegni di
Sergio Asteriti, il cui stile purtroppo si dimostra ormai poco efficace. Se con le ambientazioni l'artista non se la cava affatto male, è nel dettaglio dei volti dei personaggi che emerge un'estetica mai ben riuscita, risultando questi spesso con gli occhi chiusi o spiritati. L'exploit si raggiunge con la rappresentazione di Trudy e con l'ultima vignetta, dove un primo piano frontale di Pippo rende la faccia del personaggio irriconoscibile e sfigurata, cose di cui proprio non mi capacito e per le quali mi dispiaccio, considerando che vengono da un artista il cui tratto barocco era molti anni fa interessante ma che ormai da tempo si è andato modificando.