Un “
Topo” coi fiocchi, questo
#3155!
Non solo viene reclamizzato come numero di una certa importanza sotto un comun denominatore di pregio (l'inno alla lettura a 360° in occasione del Salone di Libro di Torino), ma viene caratterizzato alcune storie veramente belle e significative.
Su tutte quella d'apertura, il primo tempo del
Don Pipotte di
Fausto Vitaliano e
Claudio Sciarrone, che parte veramente bene! 37 tavole gestite veramente bene, con grande capacità da parte dello sceneggiatore, che riesce a introdurre degnamente la vicenda con uno spunto molto buono, dimostrando da un lato grande aderenza all'opera originale – basti vedere la citazione in seconda tavola – e dall'altro la capacità di mettere in scena un adattamento “laterale”, cogliendo l'occasione per omaggiare a sorpresa anche la narrativa a fumetti in modo naturale.
E anche quando inizia l'avventura, il racconto continua ad essere pulito e scorrevole, con un approccio consapevole e riuscito ai personaggi in scena e con un certo gusto verso la narrativa “folle” dell'autoconvintosi cavaliere
Sciarrone ai disegni fa un lavoro egregio: se si pensava che il suo stile ipercinetico e digitale potesse funzionare ormai solo su storie con temi tecnologici o in
PK c'è da ricredersi, perché il suo tratto si sposa perfettamente anche con le atmosfere più classiche di questa storia. Molto belli i suoi Topolino e Pippo, sia standard che in versione “cervantesca”, a parte qualche espressione un po' troppo sopra le righe che ogni tanto appare, specie sul volto di Mickey. Ottimi gli sfondi e bello l'escamotage che distingue le vignette della realtà da quelle delle visioni di Pippo.
Insomma, prima parte promossa con convinzione, e non vedo l'ora di vedere come prosegue.
Anche
Giorgio Fontana fa un gran bel lavoro. Zitto zitto, e dopo alcune recenti prove ben poco brillanti dopo un esordio di medio livello, il romanziere prestato al fumetto scrive una storia davvero riuscita, osando raccontare in
Alla ricerca del tempo perduto le origini della macchina del tempo di Zapotec e Marlin. Ma pur osando, dimostra di saper gestire tale compito, da un lato dimostrando grande attenzione nel rispettare quelle poche notizie che si sanno sul passato dei due studiosi (l'università e la compagna di Marlin), dall'altro scrivendo delle pagine davvero profonde e dall'alto valore etico verso la fine della storia, con frasi che potevano facilmente scadere nel retorico ma che appaiono invece solide e sensate.
Giorgio Cavazzano torna finalmente a disegnare una storia italiana, e direi che l'esordio è più che buono: il look giovanile dei due protagonisti denota il buon estro del disegnatore, che ha potuto lavorare su una sceneggiatura decisamente valida.
Tito Faraci scrive una semplice breve, ma questo non è un difetto, visto che nel fertile terreno delle 5 tavole l'autore riesce ancora a dare il meglio di sé: le battutine sarcastiche, la “scemenza” di un personaggio come Paperoga, la strizzatina d'occhio metafumettistica non stonano come potrebbero fare, dopo 15 anni di utilizzo, in una storia più complessa, ma anzi rendono
Paperoga e il capolavoro mancato una delle brevi più divertenti degli ultimi mesi.
Alberto Lavoradori è mooolto meno estremo del solito, ma comunque riconoscibile: paradossalmente, visto il suo stile squadrato, lo apprezzo di più quando osa di più rispetto a quando rientra quasi perfettamente nei canoni come stavolta. Apprezzabile, ad ogni modo.
La piacevolezza dell'albo è smorzata solo dalla storia finale, in due tempi:
Riccardo Secchi, per esplicita ammissione, decide di parodizzare tante istanze e temi presi dalla vasta produzione di racconti di Edgar Allan Poe, ma così facendo a mio avviso crea una storia con uno spunto banale che trova poche chiavi di interesse, dato che le citazioni narrative risultano troppo random e annacquate all'interno della trama. Inoltre anche l'atmosfera stessa della storia non riesce a comunicare le sensazioni che ci si aspetterebbe da un'opera ispirata a Poe. Non è una brutta lettura, ma risulta comunque insipida e con poco mordente.
Belli i disegni del bravo
Libero Ermetti, puliti e morbidi, che raggiungono qui più che mai una mimesi stilistica con Cavazzano. Il che è sicuramente sintomo di abilità, ma mi auguro che presto l'artista possa trovare il suo stile, che lo caratterizzi in maniera più marcata e personale. In alcuni disegni che condivide su Facebook ogni tanto intravedo qualche guizzo che vada in quella direzione, e le capacità le ha tutte per farcela