Ecco le mie impressioni su questo numero che, inevitabilemente fornirà argomenti di discussione in quantità.
Premetto che, per mio limite (o forse dovrei dire per mio essere esigente), apprendo sempre con diffidenza gli annunci di nuovi reboot o remake, specie per quanto concerne la dimensione cinematografica, anche se tendo comunque a valutare con maggior benevolenza i
remake, che quantomeno si prefissano di tener ferme struttura ed intreccio dell'opera originale, rispetto ai
reboot, che tentano solo di sfruttare la fama di un qualche personaggio/situazione/ciò.che.vi.pare rimescolando le carte e proponendo un'opera spesso molto lontana dall'originale. Naturalmente questa mia leggera preferenza verso i meri remake si scontra comunque con la valutazione del risultato finale, perchè non è assolutamente scritto da nessuna parte che la realizzazione riesca effettivamente a portare all'effetto immaginato/sperato.
Questo genere di operazioni sono, oramai da un po, abbastanza comuni nel mondo della cinematografia, dove comunque possono trovare alcune ragion d'essere nella possibilità di riproporre soggetti ormai datati applicando nuove tecnologie ed effetti speciali, ovviamente anche nuovi volti, e magari il risultato può anche essere gradevole: cito ad esempio il remake della saga di Star Trek, che dopo tre episodi si conferma come un'operazione riuscita, almeno secondo il mio modestissimo parere di semplice appassionato delle vicende dell'Enterprice.
Tempo addietro scoprii che i remake/reboot potevano anche essere applicati al fumetto Disney: di certo l'esempio più - ahimè - noto, il famigerato Pikappa, non ha certo contribuito a mutare la mia impressione, tanto più che trattavasi, in quel caso, di un assurdo et insensato reboot traditore di tutta la pluridecennale epopea del papero mascherato. Ma questa è un'altra storia.
Veniamo dunque a
"Topolino e la banda dei cablatori"(Faraci/Pastrovicchio).
La risonanza data all'evento, in uno con i nomi degli artisti implicati nel progetto, sicuramente hanno destato la mia curiosità e contribuito a mitigare la mia avversione ad operazioni del genere, quantomeno posso dire di non aver iniziato la lettura prevenuto.
Ciò nonostante, man mano che scorrevano la pagine tutto il credito anticipato andava via via esaurendosi, e a fine lettura ero alquanto sconcertato ed allibito (ok sono esagerazioni, ma servono solo a rendere l'idea).
La storia innanzitutto è breve: le 30 tavole appaiono davvero troppo poche per riuscire a mettere in scena una vicenda credibile e ben costruita, ma in realtà i problemi sono ben altri.
Tutta la vicenda scorre via senza riuscire a trasmettere al lettore neppure in mimina parte quella tensione e quel senso di dubbio/angoscia che attanagliava il topolino degli anni '30: forse è una considerazione banale, eppure sembra davvero tutto già scritto... forse perchè lo è.
Nell'operazione di adattamento/ammodernamento si perde tutto il "sapore" che rende particolare e godibilissima ancor oggi la sceneggiatura di Gottfredson: ok Topolino cerca un lavoro, ma mentre ciò ha perfettamente senso nel periodo in cui è ambientata la storia originale (crisi economica negli usa) e con un personaggio praticamente sconosciuto, oggi risulta meno realistica, quantomeno per il Topolino dei giorni nostri, tutt'altro che carneade (volendo quindi paragonare la crisi attuale a quella dell'epoca). Ed ancora, i nomi dei personaggi non hanno più nulla del fascino vintage che ammanta i loro omonimi originali: in primis Tubi, italianizzazione dell'originale Joe Piper, che non per nulla faceva l'idraulico, ma perchè dovrebbe chiamarsi cosi un tecnico di infrastrutture informatiche? Ok, ciò da adito ad una battuta, ma resta assolutamente fine a se stessa. E Rosolio e Spinosetti? I loro nomi sono figli degli anni '30/'40 e dei traduttori dell'epoca, ma oggi hanno poco senso, seppur ciò sia in buona parte dovuto al rimbambimento imperante che vuole ogni nome contenere un prefisso topo- o paper-. Restiamo su Spinosetti: egli è un ispettore edile incaricato di controllare la correttezza dei lavori sugli impianti idraulici, ma che c'entra con la cablatura della fibra? Queste sono solo alcune delle incongruenza relative ai personaggi, singolarmente sono di certo piccolezze, ma nell'insieme danno un senso di inadeguatezza.
Veniamo poi alla trama: se la storia originale ha una sua fortissima coerenza interna, anche grazie al suo sviluppo attraverso 139 strisce, qui sembra tutto scorrere secondo un copione prefissato - cosa che in effetti è - e non vi è traccia di quella tensione che era uno dei punti di forza della storia originale, come anche della ottima caratterizzazione dei personaggi componenti la Banda Tubi, qui appena accennati.
Graficamente Pastrovicchio si riconferma un grandissimo artista, riuscendo ad rendere uno stile che strizza l'occhio a quello della storia originale pur nella modernità di un tratto attualissimo e convincente.
Concludendo, la storia non mi ha convinto per nulla, quali che siano le ragioni che han portato alla sua realizzazione ritengo che un esperimento simile poteva benissimo essere tralasciato a favore di una riprosizione dei personaggi, magari con flashback e ricordi vari, in una storia originale ed innovativa; di fatto, questa, della grandezza dell'originale non ha proprio nulla, ed apprendere che in redazione vi è una forte spinta circa la realizzazione di altre storie del genere non mi entusiasma per nulla (evito di dire che mi sembra quasi una minaccia, cosi non dovrebbe offendersi nessuno :
)
Le altre storie...
Il mistero delle tre medaglie: le GM argento vivo (Marconi/Mazzarello): poco o nulla da aggiungere, in termini di commento, a quanto detto per l'episodio precedente. Graficamente non cambia nulla, e quanto alla trama credo sia opportuno avere una visione complessiva prima di sbilanciarsi in un giudizio.
W lo sport: il ciclismo (Bosco/Baldoni): stesso discorso del mistero delle medaglie; si tratta di un'altra breve che si risolve in una serie di gag concatenate e divertenti.
Paperoga e il superfrullato tonificante (Faccini): puro intrattenimento con 90 minuti applausi finali per l'Autore che più d'ogni altro riesce a rendere la stranulata e folle caratterizzazione di Paperoga. Ho riso dall'inizio alla fine.
Doubleduck agents of the Agency: trappola per Jay-J (Panini/Pastrovicchio): sulla falsariga dei precedenti episodi, storie brevi, ben disegnate che si inseriscono senza problemi nella continuity di DD.
Topolino in giallo: intrigo sul set (Bosco/Camboni): la migliore del numero assieme alla facciniana. Ricorda tantissimo l'analogo giallo uscito lo scorso anno, naturalmente solo in termini di qualità del lavoro di Marco Bosco. Da estimatore dei gialli classici, non posso che apprezzare tantissimo storie del genere, che dimostrano come la caratterizzazione da detective abbia ancora una sua ragion d'essere. Neanche a dirlo, quanto mi piacerebbe vedere più spesso storie del genere.
In conclusione, un ottimo numero se ci si limita alle due brevi, alla facciniana ed al giallo finale, peccato che il remake lasci più dubbi che altro.