Era mia ferma intenzione commentare solo la quarta parte di Topolino e le vacanze in fuga, ma ho poi avuto la sventurata curiosità di leggere anche il resto del numero…
La storia di Marco Bosco prosegue sui binari migliori possibili: come conseguenza della svolta alla fine dello scorso episodio, ecco che il gruppone di protagonisti torna a dividersi ma con formazioni diverse dalle precedenti. Abbiamo così le ragazze prigioniere del boss mafioso locale e i ragazzi che devono salvarle, cercando di venire in possesso dall’agendina che il criminale vuole indietro a tutti i costi.
Non c’è che dire, questa trama è gestita davvero bene, matura, avvincente e ben scritta, anche in diversi dialoghi. Molto bello anche aver creato un terzetto operativo insolito come quello formato da Topolino, Orazio e Gambadilegno, muovendo tutti molto bene. E i disegni di Claudio Sciarrone non deludono, accompagnando in maniera cinetica la trama, e realizzando forse la sua miglior prova con Mickey dai tempi di MMMM.
Ma cos’altro offre l’albo di questa settimana?
Una storia piuttosto banale e ripetitiva su Paperina che vorrebbe il proprio fidanzato su modello dell’attore del momento, con un esito altrettanto moscio, ma graziata dai disegni fantastici e ricercati di Francesco Guerrini.
La breve ironica sul team-up tra supereroi, con Paperinik e Paperbat, che cerca di far ridere giocando in modo metanarrativo con gli stilemi del genere senza accorgersi che era una cosa già vecchia 10 anni fa.
La danese di turno, che non bissa la positività classica di quella proposta settimana scorsa ma che comunque presenta un nuovo personaggio descritto e rappresentato in modo assai interessante; poi la trama si perde in un susseguirsi da pilota automatico stanco e prevedibile, e la spiegazione sull’identità dell’individuo attinge a quel solito e un po’ abusato retroterra di miti e leggende, ma di primo acchito prometteva bene. Buoni i disegni del nostro Fecchi.
E poi Papertotti, inevitabilmente.
Voglio allontanarmi subito dalla retorica della vippata di turno: non seguo granché il calcio e nonostante non sia nemmeno un grande fan di Totti non avevo l’orticaria per la sua presenza paperizzata su Topolino (si potrebbe riflettere sull’opportunità di averlo ormai reso quasi un “regular” nel cast paperopolese, ma in fondo ci sono stati personaggi anche peggiori che hanno popolato queste pagine nel corso degli anni…).
L’orticaria a me è venuta leggendo una storia sconclusionata, incoerente con se stessa e debole nello spunto di partenza: che il calciatore non possa più fare la sua celebre giocata, il “cucchiaio”, perché in pratica ha ripetuto la parola troppe volte impappinandosi durante uno spot per il ristorante di Paperone regge ben poco e non risulta affatto simpatica, mentre la soluzione del “ricreare le condizioni in cui il campione creò la sua mossa” è terribile non solo perché attinge ad uno dei cliché più abusati ma anche perché in questo contesto funziona anche male, scoprendo goffamente il modo forzoso con cui Riccardo Secchi pilota la trama per arrivare a quello che ha inteso come il clou della storia, cioè ripetere la partitella giovanile già vista nella prima storia di Papertotti.
Il dolo, quindi, è pure quello di basare l’avventura su un “more of the same”, visto che il nocciolo è riproporre quanto già visto in altra sede.
In questo contesto i personaggi si muovono senza verve, aderendo a comportamenti poco naturali (Paperone fortemente antipatico e arcigno, più del solito e più di quello che il contesto richiederebbe, secondo me, ma anche Archimede, Paperina e Paperoga sembrano recitare un copione abbastanza piatto) e tutti fanno sfoggio solo e unicamente dei propri stereotipi, quasi disposti in fila: l’inventore un po’ distratto, il pasticcione, il fortunato che non ne può più di ricevere premi…
L’incoerenza sta nel fatto che tutti ripetano più volte che la partita deve svolgersi con le stesse modalità e persone di un tempo, e poi Rockerduck ottiene di inserire in campo due giocatori professionisti, nell’accettazione generale. Il bello è che poi questi sono in realtà due delinquenti presi dal carcere…
Non mi soffermo sugli ipotetici messaggi che potrebbe dare Paperino che provoca un avversario per spingerlo a fare fallo su Papertotti (!!!) e mi concentro sul finale, il quale riconoscere contenere un lieve colpo di scena nell’esito della partita… peccato che nel momento in cui Papertotti deve accettare le condizioni di Rockerduck e reclamizzare il suo ristorante, non impappinandosi più fa pubblicità al locale di Paperone! Il quale ringrazia il rivale per avergli in pratica pagato lo spot. WTF?!? Il miliardario in bombetta non potrebbe semplicemente ribellarsi, visto che ha vinto la sfida e gli spettava la reclame? O lo spot andava in diretta, cosa un po' strana? E anche se fosse, e la frittata fosse stata fatta, perché dovrebbe limitarsi a mangiare la bombetta invece di richiedere i danni al rivale?
E perché Paperone ha il lieto fine quando A) ha causato lui la debacle del calciatore e B) ha perso la sfida?
I disegni di Marco Gervasio mi sono sembrati inferiori rispetto alle buone prove solitamente viste su Fantomius: tra la copertina con il braccio del protagonista in una proporzione piuttosto strana per un selfie, personaggi dalle fattezze spesso troppo squadrate e "costumi-forchetta" che sembrano guanti, il comparto grafico della storia è poco più che discreto, salvato da Papertotti che è sempre curato e da alcune vignette dove invece il disegnatore riesce a rendere meglio scene e personaggi.
Papertotti e l’impresa del cucchiaio si dimostra quindi un fastidioso esempio di storia irritante, perché punta tutto sulla stereotipizzazione del cast e su una trama facile facile ma con alcune falle, a discapito di una narrazione coerente e di una trama logica. Forse il problema non sono i vip su Topolino, forse il problema è che per dare centralità alla celebrità di turno si realizzano fumetti che non si preoccupano di tutto il resto, quando invece sarebbero proprio le occasioni per dimostrare ai casual reader che accorreranno in massa all’acquisto che il fumetto Disney è di più di quell’allegro serraglio di caratteri preimpostati, scrivendo trame ricercate e ambiziose (anche senza raggiungere l’eccellenza, ma almeno provandoci, tendendo a) senza comunque sacrificare il personaggio famoso di turno.
Ma mi rendo conto che quella attuata sia la via più facile.