Letto anch'io Metopolis e mi accodo ai pareri entusiasti.
Inizio col dire che mi sono "preparato" vedendo prima il film Metropolis e procedendo poi con la lettura del fumetto, ed effettivamente l'esperienza è senza dubbio migliore, più completa e più soddisfacente. È vero che, per impianto stesso della storia originale, l'avventura è godibile anche a sé stante, ma allo stesso tempo trovare le sfumature, le corrispondenze e le (minime) differenze tra la pellicola del 1927 e l'opera di Francesco Artibani offre un quid in più.
Metopolis ha una trama semplice, come semplice era quella dell'opera originale, ma dalle tematiche importanti e incisive, che lo sceneggiatore romano è riuscito a trasporre su Topolino in maniera altrettanto marcata: la lotta di classe, lo sfruttamento operaio per il bene di un'elite, la consapevolezza del proprio ruolo e la ricerca di una società più equa e giusta per tutti i suoi componenti sono messaggi che ancor oggi risultano attuali e di rilievo, e trovarli in una storia con protagonisti Topolino, Pippo e Minni non è banale, a riconferma comunque che davvero si può raccontare tutto con questi personaggi.
La trama scorre fluida e fedele a quella del film, e i dialoghi - vera differenza con la pellicola muta - non sono invasivi e si mettono al servizio della storia.
L'atmosfera pesante, cupa e vagamente distopica viene riportata fedelmente da Artibani, ma a renderla ancora più oppressiva ci pensano le ispiratissime tavole di un Paolo Mottura in stato di grazia. Non sto qui a valutare se sia questo il suo lavoro migliore, piuttosto che Moby Dick, piuttosto che On the road, basti dire che negli ultimi anni abbiamo sul "Topo" un disegnatore che era già bravo 15-20 anni fa ma che continua di volta in volta a fornire prove di grande prestigio e a creare un immaginario grafico di impatto difficilmente paragonabile ad altro che si vede ultimamente sul settimanale, forse assimilabile a Fabio Celoni per la resa estetica, pur con le dovute differenze.
Qui Mottura replica l'estetica del film di Fritz Lang con linee squadrate, palazzi imponenti e sfondi industrial e quasi cyberpunk, infondendo la giusta atmosfera alle tavole, spesso anche grazie alla costruzione della griglia stessa.
Resta il rammarico per il fatto che storie del genere si vedano al 90% solo in occasione di omaggi di questo tipo: se dal punto di vista grafico capisco che la serialità imponga altre vie, meno complesse, sotto il profilo narrativo sarebbe bello puntare a certi temi e sviluppi anche senza pretesti di questo tipo: qualcosa si sta facendo in tal senso, grazie ad alcuni autori come Artibani stesso, ma un incremento non guasterebbe.
Il resto del numero offre, Wizards of Mickey a parte che non commento perché non sto seguendo, una storia della PIA. L'ennesima, perché nonostante ultimamente il filone non sia così presente su Topolino, resta una serie dalla lunga storia e che ha da tempo smesso di offrire varianti degne di nota, imprigionata in un meccanismo fatto di tormentoni ripetitivi che non intrattengono più. Nella fattispecie, Paperino e Paperoga agenti lievitanti di Matteo Venerus non è neanche tra i peggiori esempi di questa serie, offrendo un paio di gag riuscite e alcuni dialoghi ben scritti, ma l'impostazione generale smorza comunque il buono che lo sceneggiatore riesce ad immetterci.
Alberto Lavoradori alle matite mantiene il suo stile, con tutti i pregi (sperimentazione, originalità) e i difetti (eccesso di cubismo, personaggi troppo squadrati) che gli ho sempre riconosciuto.