Con netto ritardo dico anch'io la mia.
Ho letto le storie in ordine crescente di interesse, cosa che bene o male ho sempre fatto.
Per cui, non essendo un fan né di Pk né di Lavoradori, ho cominciato da qui. Evito di emettere i miei giudizi perché non voglio provocare guerre puniche, comunque il dente è stato tolto subito, dopo una decina di pagine al termine delle quali non ho capito niente.
Non sono d'accordo con tutti quelli (e sono tanti) che hanno definito
I colori della città la ciofeca del numero. Vabbè, non è quel che si dice un capolavoro epocale, ma l'idea in fin dei conti non era da buttare: anzi, il messaggio anti razzista è sempre da sottolineare. Nell'ambito topolinesco non è argomento facile da trattare, e trattarlo metaforicamente come è stato fatto è atto proditorio.
Concordo su chi dice che il salvataggio finale sarebbe impossibile fisicamente; in realtà anche questa è una specie di metafora: una sorta di gesto di solidarietà collettivo, con la mutua collaborazione che abbatte le barriere irrazionali create dall'uomo. Non male, per una storia a fumetti "per bambini".
Magari si poteva fare di più e meglio, ma non tratteggio la storia in modo così negativo come avete fatto.
Piuttosto, ho notato un'affettuosa citazione (voluta? involontaria?): le pagine sulla città rossa recuperano atmosfere a cavallo tra gli anni '50 e i '60... infatti allora non si era ancora raggiunta la totale colorazione di tutte le pagine, per cui alternavano pagine a colori con altre in monocromia. Su
Topolino il colore era una specie di arancione, e il risultato non era molto dissimile da quello che si nota nel racconto. Su altre riviste, per esempio
Il Corrierino dei Piccoli, il colore variava (l'azzurro, il fucsia, verde turchese...).
Lo scambio di Galli, in effetti, non è una vera e propria parodia, in quanto è chiaro che Topolinix e Gambadilegnix (avrei preferito un nome più francesizzante, per esempio... Jambeduboisix) NON sono le versioni topolinesche dei due galli che conosciamo molto bene, infatti. Si tratta di un omaggio, comunque divertente e sentito, e denso di citazioni anche quando non sembra (come lo spadone gettato sui piedi)... Sgrinfia poi che è una sorta di Assourancetourix parallelo è una rivelazione. Mancavano il fabbro (poteva farlo Orazio) e il noleggiatore di pesci, ma non si può avere tutto.
Il voto massimo va, meritatamente, a
Qualcosa nel buio, in cui Casty si dimostra ancora una volta a suo agio nel tratteggiare le storie inquietanti che caratterizzarono le epopee di Gottfredson/Walsh e di Scarpa, genere del quale non mi stancherei mai.
Qui Casty mostra chiaramente la varietà di schemi e di stilemi del suo arsenale. Da una parte c'è il COSA si racconta: la storia
, in soldoni; dall'altra c'è il COME si racconta, e qui sceglie la ripresa in soggettiva con la
shaking camera, esperimento mai visto sul
Topo, che sottolinea la tensione e il senso cinetico.
A mio avviso c'è una citazione che sembra essere passata inosservata: la vicenda inizia ad una festa proprio come in
Cloverfield, il paradigmatico film con la
shaking camera di ormai qualche anno fa. Direi che si tratta di una citazione voluta, infatti la vicenda poteva nascere in qualsiasi modo (una sera in pantofole, una passeggiata con Minni, una partita a briscola...) senza che il senso della storia cambiasse di una virgola.
Piuttosto, non sapevo che Orazio avesse una villa così grande...