Con un ritardo di ben due settimane, trovo finalmente tempo di commentare questo numero di
Topolino, importante perché ospita la conclusione del
Marchio di Moldrock.
L'epica storia di
Artibani e
Pastrovicchio si conclude col botto... e pure senza. Già, perché in un'avventura dove le mazzate non sono certo mancate, non me l'aspettavo un confronto
tra Everett Ducklair e Moldrock basato sul... dialogo!
Mi ha piacevolmente stupito, quasi una frenata dopo un'accelerata di 3 episodi che può disorientare, può lasciare basiti, ma che connota bene come mai finora il personaggio di Moldrock, dittatore tiranno e crudele ma che comunque è dotato di una complessità caratteriale, data anche dalla moltitudine di presenze dentro di sé.
Il botto "metaforico" è ovviamente da attribuire al
tanto atteso ritorno di Everett e addirittura Uno
, che mi ha emozionato: è vero che viene gestito in modo forse leggermente asettico, ma c'è anche da considerare il contesto in cui avviene, che certo poco si prestava ad un maggior coinvolgimento emotivo da parte di Pikappa. Sotto questo punto di vista sono un lettore semplice: mi basta rivedere
la bolla verde interagire nel presente con Paperinik
per essere contento
Vista nel suo insieme,
Il marchio di Moldrock non appare perfetta, tra evoluzioni narrative che concordano poco, un Paperinik che appare forse poco protagonista in un'avventura più intesa a fare da raccordo - sacrosanto - tra quanto accaduto alla fine di PK2 e oggi e un'intensa iniezione di "steroidi" al ritmo narrativo, che come osservavo per l'episodio precedente si mantiene sempre altissimo e senza respiro, forse addirittura eccedendo.
In quest'ottica, io ribadisco che è forse questo l'elemento di "rottura" che il PK del XXI secolo poteva portare nel fumetto Disney: negli anni '90 era sì l'approccio da comic book ma anche una certa maturità e profondità nel trattare certe tematiche, difficilmente rintracciabile su Topolino; oggi che invece anche sul settimanale non è difficile trovare storie di un certo spessore sotto quel punto di vista, PK può "rinfrescare" il fumetto Disney con una dose di combattimenti ed effetti speciali massicce, aiutato da un comparto grafico come quello della premiata ditta Pastro/
Monteduro che regalano effettivamente alcune delle tavole più cinetiche ed entusiasmanti viste in tutta la storia di PK. E se non vi sembra, vi ricrederete quando sarà ristampata in
De Luxe, ne sono certe
Tenendo conto di queste considerazioni, del lavoro di "collante" che si è accollato Artibani, di alcune scene e battute e del finale davvero molto buono, nel complesso promuovo questa quinta storia di
PKNE, pur con riserva per alcune cose che mi hanno convinto meno. Trovo comunque che siamo di fronte a una storia migliore del pur buon
Raggio Nero, e mi aspetto il meglio con la storia del 2018
Il resto del numero offre cose su cui val la pena soffermarsi
Innanzitutto la storia di
Edgar Allan Paperoe, ce ho gradito più della precedente uscita un anno fa:
Secchi scrive una buona storia e muove bene Paperino/Paperoe e Pico/Duckpin. Certo, alcuni passaggi deduttivi appaiono un po' troppo fantasiosi, e soprattutto la risoluzione finale sul caso dalla pasticceria mi ha fatto cadere le braccia ad essere onesti, ma la trama nel complesso scorre bene e anche i piacevoli disegni di
Ermetti aiutano.
Topolino e la biblioteca infinita è invece l'ambiziosa storia di
Zemelo, che non se la cava male. Avendo puntato in alto con una trama articolata e avvincente non riesce purtroppo a svolgerla in modo sufficientemente approfondito e ad esplorarla come avrebbe meritato, ma premio sicuramente l'impegno e la fantasia. In altre parole: l'esistenza di una biblioteca fuori dal tempo, per non propriamente innovativa, funziona ed è intrigante, ma lo spazio a disposizione è troppo poco per sviluppare al meglio uno spunto del genere, ed è un po' un peccato. È una storia che avrebbe meritato un respiro di (almeno) due puntate. Anche così lo sceneggiatore riesce a scrivere delle pagine interessanti, soprattutto nelle prime mosse dell'indagine di Mickey e Eta Beta e nel finale, ma la sensazione è quella di occasione mancata.
Luca Usai non mi ha convinto molto, a 'sto giro: i motivi si trovano nella corporatura e nelle espressioni di Topolino, principalmente, ma anche in alcuni sfondi.
Infine la breve di
Tito Faraci fa sorridere, anche se è priva della carica comica che avevano le storielle che scriveva un tempo. Qui la fa da padrone la sua tanto amata metanarrativa, che trova ancora il suo senso di esistere in alcune battutine simpatiche, ma nel complesso la breve è più autocelebrativa del fumetto Disney che altro. Ben disegnata dalla
Castellani, comunque