Io ve lo dico in punta di dita: può darsi, ripeto, può darsi che- trattandosi di una storia on the road- i personaggi alla fine della stessa possano imparare alcune lezioni di vita; può darsi che il viaggio serva loro proprio per crescere/migliorarsi rispetto a come sono ora, a come li abbiamo fin qui conosciuti.
Magari capendo quali sono i veri scopi della vita. O forse comprendendo quant'è prezioso avere qualcuno che ti ami, così come sei. Forse afferrando l'effimera illusione dettata dal miraggio del successo, ed imparando che le cose più belle che tu possa ottenere, anche se più 'piccole', son quelle che ti guadagni con l'impegno e il sacrificio.
Poi certo, il viaggio finisce. Ma te ne torni a casa con un bagaglio culturale e umano che ti servirà per il futuro. Che ti ha cambiato, ma senza snaturarti.
Perché se sei già perfetto, e se hai già tutto, che viaggi a fare? Cosa vai a cercare, di migliore?
Chi parte ha sempre qualcosa in meno di chi torna. E tornare non significa non dover più ripartire. Ecco perché i tre protagonisti, più o meno volontariamente, partono: perché allo stato attuale delle cose, non sono felici. Non si piacciono e non ci piacciono. E non è detto che la felicità consista per forza nel raggiungere gli scopi per cui si sono messi in viaggio. Anzi, forse quegli scopi saranno solo meri pretesti.
Può darsi che alla fine del viaggio loro saranno diversi, migliori. E può darsi che anche noi, alla fine del viaggio, anzi della storia, saremo diversi. Forse avremo anche una diversa opinione di loro.
Può darsi.