Il terzo episodio di DoubleDuck: Reboot chiude bene una vicenda tutto sommato piacevole, per un restart della serie improntato sul restituire leggerezza alla serie spionistica per eccellenza. È difficile realizzare un prodotto così, dai toni più maturi ma senza dimenticare l’ironia e il “classic Donald” ma senza ricadere nel cliché ormai svilente della PIA. A mio avviso Fausto Vitaliano ci è riuscito e si è riappropriato della sua creatura in un modo interessante. Non è tutto perfetto,e in tal senso le missioncine one-shot scollegate dalla trama principale (il treno fantasma, il golpe politico) e alcuni inserti paperineschi un po’ troppo fini a se stessi (o meglio, a ricreare troppo smaccatamente un forte legame tra Paperino e DD) non mi hanno convinto del tutto, ma il disegno generale è apprezzabile e soprattutto in quest’ultimo episodio la sceneggiatura funziona.
Bello che, nel tentativo di rimettere al centro di tutto Paperino, non si sia semplicemente provveduto a togliere di mezzo Kay K, ma intelligentemente la si collochi in un nuovo ruolo che appare alquanto affascinante.
Andrea Freccero porta nuovamente la propria linea morbida e dinamica al servizio dell’azione e della sceneggiatura: le espressioni del suo Paperino sono perfette e il character design di comprimari vecchi e nuovi azzeccato e pulito.
Anche la conclusione di Un sortilegio in sorte funziona: la puntata in sé è meno forte e divertente delle precedenti, in realtà (fatta salva l’irresistibile caricatura che Silvia Ziche fa di Tito Faraci nei panni di “guardiani degli gnomi”!), ma chiude comunque abbastanza bene la trama. Pippo superstar, ad ogni modo, e non mi dispiace affatto.
Faraci brilla però meno in Paperone e i fortunati contrattempi, una storia tutto sommato innocua, dallo spunto vagamente interessante ma non certo così accattivante o originale. Si salva qualche buon dialogo, ma temo che buona parte dell’impressione negativa sia data da un Maurizio Amendola decisamente spento, il cui tratto appare arronzato, quasi “tirato via”, con vignette poco ispirate e personaggi assolutamente anonimi. I “becchi a trombetta”, certe posture e una regia statica ammazzano qualunque tentativo di verve presente in sceneggiatura.
L’albo si chiude con una danese su Paperinik, ben poco coinvolgente e coerente nello sviluppo, e che forse sarebbe stata meglio sul mensile dedicato al personaggio. Si fa notare però per i disegni di Giorgio Cavazzano, un po’ altalenanti nel complesso ma non privi di alcune soluzioni degne di nota. Le splash-pages o semi tali, che appaiono in modo lampante come scorciatoie di sceneggiatura per allungare il numero di pagine della storia, perlomeno permettono la visione di panorami del pianeta Marte veramente suggestivi, dove la matita dell’artista diventa decisamente ispirata.
Nota a parte per la riproposta di Paperon de’ Paperozzi: l’omaggio di Massimo Marconi e Giorgio Cavazzano al Fantozzi di Paolo Villaggio è una storia che ho sempre giudicato senza infamia e senza lode, una piacevole variazione sul tema che però non fa altro che presentare in sequenza alcuni stilemi del personaggio originale. La scelta di ristamparla sul Topo di oggi ha comunque un chiaro significato e ha più senso e impatto di un normale articolo che ricordasse l’attore e la maschera. Inoltre la lettera di Marconi stesso che ricorda la genesi di questa sceneggiatura impreziosisce l’iniziativa. L’unico dispiacere è che si sia tolto uno slot a storie inedite, ma una tantum ci può anche stare.