Per certi versi Enna e Perissinotto sono da ammirare: prendere carta e penna e affrontare Reginella, per due persone che fanno il loro lavoro, è come per Klaus Dibiasi tuffarsi in una piscina infestata da squali. Il rischio, enorme, c'era sin dall'inizio: ripescare un personaggio che va ben oltre l'essere storico e riprendere un discorso interrotto venticinque anni fa e - purtroppo - non riprendibile ormai dall'autore-ideatore.
Enna e la Perissinotto avrebbero potuto fare come Bronn, rinunciare al duello contro la Montagna, e risparmiarsi l'inevitabile valanga di commenti che il confronto con Cimino-Cavazzano avrebbe originato. Non l'hanno fatto. Hanno combattuto, senza perdere.
Il confronto era impari, e non perché Cimino-Cavazzano sono più bravi/più belli/più simpatici/più fighi. Molto semplicemente Reginella è una figlia di Cimino, la sua creatura più peculiare. Noi lettori conosciamo questa fanciulla/sovrana che abbiamo conosciuto, amato, interpretato nel corso di una ventina d'anni, aspettando il suo ritorno per analogo periodo di tempo. Cimino se ne è andato, i due racconti sono rimasti nel cassetto, eravamo tutti consapevoli che una Reginella di ritorno non sarebbe stata più la stessa (pur sognando tale riproposizione) e che avremmo provato una certa delusione.
Ma non perché Enna sia un pessimo autore. Enna è un meraviglioso autore con una sua poesia interiore di altissimo livello, ma non è Cimino. Non è peggiore o migliore di Cimino, semplicemente è diverso da Cimino. Probabilmente non avremmo apprezzato le saghe paperottiane se Cimino si fosse "intromesso" dopo la Strada per Quacktown a scriverne partendo dall'idea e dalla poesia di Enna. Perché Cimino non è Enna e Paperotto è la modulazione dell'arte di Enna.
Tutto qui. Avrei personalmente evitato di commissionare tale ritorno e continuato a sperare che Reginella, la nostra sovrana, facesse il suo ritorno nelle due storie che attendono da anni che qualcuno apra quel cassetto.