Con permesso...
Se per celebrare i 75 anni di Topolino e i 70 di Paperino la Disney aveva edito volumi celebrativi sentiti ma tutto sommato modesti (specialmente quello dedicato a Donald non presenta alcun capolavoro, optando invece per la pubblicazione di storie buone ma misconosciute), non si può dire che il sessantenario di Scrooge McDuck non sia stato preso a cuore. Presentata infatti per l’occasione la riedizione di
Vita e Dollari di Paperon de' Paperoni, in cui nell’edizione originaria del 1968 l’introduzione di Dino Buzzati svela per la prima volta ai lettori il nome di uno dei fautori della grande epopea a fumetti disneyana: Carl Barks, di cui vengono pubblicate sette storie. Sette storie che costituiscono una compilation ideale dell’opera barksiana, ottimo punto di partenza per i neofiti che possono ritrovare condensato in queste avventure la crema dello spirito che l’Uomo dei Paperi inseriva in ogni sua creazione, dalle lunghe alle autoconclusive passando per le mitiche
ten pages.
E’ questo che rende l’albo irresistibile, tanto più se le fonti sono state rinnovate con le versioni filologicamente corrette di
Zio Paperone, se l’intero albo è curato da Lidia Cannatella e se ogni storia è corredata dai puntuali articoli di Luca Boschi e Alberto Becattini. L’unico neo può essere costituito dalla colorazione delle storie, visto che il b/n di Barks è stupendo: ma ci si deve rendere anche conto che un volume che ha già scarse possibilità di approdare presso il grande pubblico come aveva fatto il suo gemello della Mondatori attirerebbe ancora meno persone se privo dei colori. Decisamente carenti invece qualità di stampa e della carta, ma sono inezie davvero lillipuziane che si devono citare solo per onestà nei confronti di questo comunque eccelso volume.
L’onore dell’esordio è dell’ottima
Paperino e la Scavatrice (
Letter to Santa, 1949), storia natalizia che con evidenti toni farseschi e patetici esalta lo spirito intrinseco del Natale non dopo averne demonizzato il consumismo di contorno tramite le dissacranti vicende di Paperino e Paperone che peccano entrambi di esecrabile tracotanza. Il Maestro dell’Oregon intreccia le vicende dei personaggi in un climax dagli inesorabili e catastrofici risultati che raggiunge l’apice nella stupenda scena battaglia delle scavatrici (anticipata un paio di pagine prima da una zuffa a suon di milioni) omaggiata anche da Faccini in
Paperino e la Vecchia Sbuffante. E nonostante questa scena simboleggi già in modo esemplare le ipocrisie del natale commerciale Barks ci elargisce anche l’esibizione di un patetico Paperino camuffato da Babbo Natale che, insieme alla prestazione di un Paperone smaliziato ed astuto, rappresentano alla perfezione i frequenti fraintendimenti del Natale. Il quadro che emerge da questa enorme allegoria svela tutti gli inganni di una festività che ha preso tutti propri valori, senza tuttavia rinunciare a una sana dose d’ottimismo fornita dall’apparizione finale di Babbo Natale che, novello
deus ex machina, risolve la situazione facendosi portavoce (e chi altri se non lui?) della vera essenza della ricorrenza. Ma nemmeno nel finale Barks rinuncia a un po’ di sana satira, con una battuta finale di un Paperone energico dallo straordinario carattere, di cui la scuola italiana esporterà principalmente la cupidigia tralasciando invece il salubre aspetto della personalità scroogiana, riassunto splendidamente dalla massima
Cosa me ne faccio di undici ottilioni di dollari, se non ci faccio un po’ di chiasso intorno?.
Graficamente un Barks ancora lontano dalla piena maturazione e tuttavia già ottimo disegnatore: fantastici i suoi neri pieni e la vignetta di apertura, che talaltro forma un’involontaria connessione con la gottfredsioniana
Muosepotamia, connessione che segna il passaggio di testimone tra L’Uomo dei Topi e il corrispettivo collega che darà vita all’epopea dei Paperi.
Particolarissima la storia successiva,
Paperino e la Clessidra Magica (
The Magic Hourglass, 1950), che Don Rosa ha parzialmente escluso dalla sua Saga, vista la presenza di questa Clessidra Magica che svaluterebbe il ruolo della ben più celebre Numero Uno. Beh, Don Rosa certe volte è un vero gnagno dato che
La Clessidra Magica è un avventura bellissima, in cui Barks tratta il tema della vera ricchezza senza infiorettature o banalità e che anzi è contornata da una trama avvincente e scorrevole, dai toni surreali che non stonano con le componenti realistiche, accentuate dall’ottimo tratto del Maestro (memorabile la prima quadrupla) che utilizza personaggi umani al posto dei soliti cani antropomorfi al pari dell’altrettanto capolavorosa
Le Spie Atomiche.
Paperino, Paperone e il Ventino Fatale (
A Christmas for Shacktown) è invece la storia di Natale per antonomasia, che riassume in sé tutta la satira che Barks ha sempre inserito nelle sue opere (come
Canto di Natale) e idealmente conclude il discorso Paperone-Natale, iniziato ne
Il Natale su Monte Orso e che trova nella succitata
A Letter to Santa la sua ottima tappa intermedia. Ne
Il Ventino Fatale abbiamo infatti un Paperone notevolmente inacidito, la cui cupidigia entra in contrasto con il resto del cast che si fa in quattro per regalare un bel Natale ai bambini poveri della baraccopoli di Shacktown. La crescente empietà di Scrroge non può non passare impunita grazie alla legge quasi divina del contrappasso che regola le storie barksiane: e se la colpa è enorme non può che esserlo anche la punizione, che mette al repentaglio l’intero patrimonio paperoniano, tuttavia salvato in seguito dal simbolo di quel Natale che Paperone aveva ripudiato con tanta verve. Una gustosissima iperbole finale conclude questo indiscusso Capolavoro che non ha certo bisogno delle spiegazioni alquanto irritanti fornite anni dopo da Don Rosa ne
La Prima Invenzione di Archimede.
E nonostante
Il Ventino Fatale e
Paperino e la Scavatrice ci forniscano un ampio ritratto del Paperone barksiano, c’è una storia che ancora maggiormente lo descrive, assumendo anzi i principi di questi come cardine fondamentale della trama stessa. La storia in questione è
Zio Paperone e la Disfida dei Dollari (
Only a Poor Old Man, 1952), che sublima il personaggio di Scrooge McDuck. Non a caso questa avventura introduce importantissimi concetti che saranno poi ripresi a ampliati da Rosa nella Saga: a partire dalla fondamentale onestà che anima Paperone, onestà non avulsa tuttavia da qualche sano trucchetto insegnato dall’esperienza a finire dalla celebre sequenza in cui il papero sguazza nel denaro, ci scava gallerie e se lo getta in testa in una pioggia aurea. Il tutto delinea alla perfezione il carattere di Paperone e pur facendolo implicitamente non sminuisce la potenza del personaggio stesso: come lo stesso Don Rosa ha dichiarato, nell’ultima, fantastica tavola Barks riesce ad esprimere più di quanto l’autore del Kentucky abbia fatto in 212 tavole di
Life & Times. Non ci sono parole per descrivere questo indiscusso caposaldo della tradizione disneyana, che probabilmente è una delle più belle storie a fumetti mai concepite, questo Capolavoro che insegna che non si è un povero vecchio finché si riescono a realizzare i propri sogni e ad assecondare le proprie passioni, senza mai fossilizzarsi ma cercando sempre di ampliare i propri limiti, spronandosi alla perpetua ricerca di sé stessi che è poi la vera differenza tra
vivere e
vegetare.
Notevoli le scelte grafiche, come la leggendaria quadrupla con la cascata di dollari.