Speciale LuccaVita e Dollari di Paperon de' Paperoni - Speciale 60 AnniE' curioso che nel 2007, per sfornare un'antologia celebrativa per i 60 anni dello zione, si ricorra alla ristampa di un volume del 1968. Il fatto è che quel libro, con la sua scaletta di storie particolarmente indovinata, il suo apparato critico firmato nientemeno che da Dino Buzzati, e il suo notevole primato, che lo vuole primo Oscar Mondadori a trattare di fumetto, e primissima raccolta a testimoniare l'esistenza del grande Carl Barks, è sempre rimasto una pietra miliare delle antologie a fumetti e un perfetto esempio di quello che poteva essere un essential reading dell'autore nella prima metà degli anni 50. Che a sua volta è forse da considerarsi il suo periodo migliore, caratterizzato da una creatività sfrenata, un'arguzia impressionante e un tratto straordinariamente espressivo che probabilmente non avrebbe avuto uguali nelle opere successive. Tutto questo dando per assodato il fatto che in 700 e più storie, Barks abbia mantenuto una media qualitativa sempre incredibilmente alta, senza cadute di tono, sia nelle lunghe che nelle brevi. Ci troviamo davanti alla creme de la creme, insomma.
Certo, non è che una ristampa anastatica sarebbe stato il miglior modo di celebrare lo Zione. In fondo ne è passata di acqua sotto i ponti e di carta sotto le rotative (cit.), e, scaletta a parte, non si può certo dire che il resto di quel volume fosse proprio ciò che ci si sarebbe augurato al giorno d'oggi. L'introduzione di Buzzati, in fin dei conti, presentava una visione un po' troppo manichea dei personaggi, mediata sicuramente dal filtro martiniano, la copertina altro non era che un collage di vignette colorato in maniera piuttosto datata, e le fonti...bè le fonti erano quelle che erano. Cioè quelle di Topolino, rimontate su tre strisce, stagliuzzate e rimaneggiate quanto basta per non essere più proponibili al giorno d'oggi.
Il timore di tutti è che dietro un integralismo filologico eccessivo ci fosse la scarsa voglia di migliorare quegli elementi, un timore piuttosto infondato visto che ogni singolo problema è stato invece meravigliosamente risolto. La copertina infatti presenta adesso uno spettacolare dipinto ad olio di Carl Barks, i redazionali sono stati pesantemente incrementati grazie ai magnifici tre: Luca Boschi, Lidia Cannatella e Alberto Becattini che hanno firmato una cinquantina di pagine interessantissime, mentre le fonti sono adesso quelle assai più corrette di Zio Paperone, con una colorazione e una traduzione molto valide. Il ritorno alle quattro strisce per pagina ha inoltre reso necessario un cambio di formato, che non è più un pocket ma un preziosissimo volume da libreria.
Paperino e la Scavatrice (Barks): La prima delle sette storie in scaletta giunge dopo una trentina di pagine di testo, occupate da un editoriale della Cannatella, un articolo sui perchè e i percome di questa ristampa celebrativa, firmata da un Boschi desideroso di rendere onore all'edizione originale, una trattazione Becattiniana sui molteplici avversari di Paperone e ovviamente un articolo inerente alla storia stessa. Insomma, appassionati o meno, si giunge adeguatamente preparati ai fasti natalizi di un autore che per questa ricorrenza ha fatto tanto. E in un certo senso fa un po' strano leggere nelle introduzioni certe sue critiche a questa festività, che almeno a giudicare dal suo operato sembrerebbe aver amato tantissimo. Le storie natalizie di Barks presenti in questo volume sono ben due, sicuramente le migliori ma certo non le uniche che si ricordano volentieri di questo autore. In questa, che ci presenta un Paperone ancora acerbo ma con un lato della sua personalità (lo sbruffone di manica larga) che purtroppo sarebbe stato sempre più dimenticato dagli autori successivi, assistiamo ad una presa in giro cattivissima del consumismo natalizio, e di tutti i parenti che in questa festività fanno a gara per dimostrarsi più munifici, quando in realtà basterebbe un po' di acume e semplicità in più per capire cosa veramente renderebbe felice un bambino. Incredibile oltre al comparto grafico che scompone lo schema tradizionale delle vignette in modo sempre originale, la sequenza della lotta tra le scavatrici e la caratterizzazione dei due finti babbi natale Paperone e Paperino, incapaci di capire che ciò che i nipotini vogliono davvero altro non è che una scavatrice giocattolo. Lo capisce invece Babbo Natale, che nella sua apparizione finale da vero deus ex-machina ci regala una sequenza indimenticabile: un dissacrante e al tempo stesso bonario elogio della semplicità.
Paperino e la Clessidra Magica (Barks): Forse meno bella delle altre nel volume, ma con certi mostri è facilissimo sfigurare. La scarsa fortuna di questa storia è spesso stata determinata dal solito Don Rosa, che nella sua Saga ha deciso di ignorarne ogni riferimento. E in effetti, oltre a presentare una sorta di doppione ante litteram della Numero Uno, il racconto fornisce anche un messaggio diametralmente opposto a quella che sarebbe poi diventata la regola ufficiale e cioè che la ricchezza di Paperone non si basa su un portafortuna ma sul duro lavoro, e che la Numero Uno altro non è stata altro che la sua fonte d'ispirazione per far fortuna in America. Ma a Barks di certe minuzie di continuity fregava proprio poco, se a monte c'era un messaggio assai più forte da trasmettere, e il messaggio in questione, dato ancora una volta con humor e senso del paradosso, e senza didascalismi eccessivi è proprio quello dell'inutilità della ricchezza. Capolavorose alcune particolarità grafiche, come ad esempio il peschereccio trainato dagli squali, e i predoni del deserto di razza umana (e quindi non cani antropomorfi), ma la scena che sicuramente rimane più impressa è quella dell'attraversamento finale del deserto, dove i paperi avranno modo di riconsiderare il vero valore della ricchezza, scoprendo come di fronte ad un sorso d'acqua ogni uomo sia uguale ad un altro.
Paperino, Zio Paperone e il Ventino Fatale (Barks): E siamo di fronte a quella che insieme alla Stella del Polo si potrebbe tranquillamente definire la miglior storia del volume. Nonchè l'apice di qualsiasi altra storia Disney di argomento natalizio. Se ci si pensa in questa storia c'è proprio tutto: un ruolo ben definito per buona parte del cast paperopolese, un avventura cittadina per Paperino e una tragedia per Paperone, voluta dal fato per condannarne la cupidigia. Che poi tanto cupidigia non è, ma solo un modo fanatico di concepire le priorità. Paperone viene punito, non tanto per aver negato la sua parte di denaro ai bambini di Shacktown (cosa che non ha esattamente fatto), ma per aver condannato il lato ludico della ricorrenza. E paradossalmente sarà proprio un trenino elettrico a salvargli il patrimonio, dopo la catastrofe provocata dal suo più grande atto di sfida nei confronti del destino: chiedere l'elemosina. E già basterebbe questo a prostrarsi di fronte a tali tavole. Ma questa storia offre di più: i metodi sempre diversi che Donald escogita per recuperare la somma necessaria in tempo per ricevere l'apporto di Paperone hanno del geniale, e ancor più bello è osservare le sue reazioni a tutto ciò che accade, con irresistibili espressioni stralunate, divertite o afflitte a seconda dei casi. I dialoghi sempre all'altezza danno vita a una girandola di scenette di incredibile modernità, che fanno ampiamente sfigurare buona parte di quanto si vede oggigiorno sulle pagine di Topolino. Insomma, non si sa se ricordare di più questa storia per la parabola Paperoniana, per i dialoghi frizzanti e pieni di verve o per il comparto grafico carezzevole e pieno d'atmosfera. Capolavoro, insomma.