Finalmente letto anch'io!!! Ecco la mia personale recensione.
E anche per I Maestri Disney è arrivato il canto del cigno. Eggià, perché questo numero 37 è l’ultimo di questa serie di volumi monografici che in 12 anni ci ha allietato con interessanti approfondimenti sugli autori più rappresentativi (soprattutto italiani) del fumetto Disney, pubblicando anche storie spesso inedite in Italia o molto rare e poco stampate. Un fiore all’occhiello, una testata per collezionisti che ben figurava a fianco di Zio Paperone, che guardacaso è morto l’estate scorsa. Ma la chiusura di queste due storiche testate per collezionisti aprono le porte a due riviste pensate per la stessa tipologia di persone (noi nerdacci, insomma), Tesori Disney che uscirà fra poco, a metà gennaio, e una prevista per la prossima primavera, Disney Anni d’oro, come ci informa la Cannatella nell’editoriale.
Entrando nel merito di questo numero dei Maestri, è dedicato a Luciano Bottaro e si apre molto bene. Un dotto e lungo articolo di Boschi ci introduce alla Grande Parodia Paperin di Tarascona, che io non avevo mai letto. Una storia di Martina molto divertente e movimentata, che parte come molte storie martiniane (Paperone che cerca di procacciarsi un guadagno e usa come cavia/schiavo il nipote, che finisce regolarmente nei guai) e anche in questo caso il meccanismo funziona egregiamente, regalando ai lettori una storia gustosa e ben disegnata da un Bottaro ancora giovane. L’articolo di Luca Boschi riesce bene a tratteggiare analogie e differenze tra la storia e l’opera originaria del Tartarin di Tarascona.
Dopo, il numero subisce un leggero crollo qualitativo. Uno striminzito articoletto di una facciata corredato da tre immaginette, sempre ad opera di Boschi, ci introduce alle successive 5 storie del volume. Lo fa in maniera veloce, raffazzonata e senza riuscire ad andare a fondo di curiosità anche interessanti. E d’altro canto introdurre così tante storie diverse tra loro in una pagina non poteva che dar di questo risultato, perfino al re della sintesi. Comunque, anche le storie in questione non sono poi niente di così straordinario. Paperino e il carrubo dei Caraibi di Pavese è una storia simpatica su una caccia al tesoro inusuale di Paperino, che poi si rivelerà del tutto inutile. Paperino e i chiodi di Mago Pampero di Martina è un gradino più simpatica della precedente, con un Paperone molto martiniano e con un antenato di Scrooge che Don Rosa non si sognerebbe mai e poi mai. Paperino e i selvaggi verdi è invece una storia dello Studio Disney della quale poi Bottaro ha riadattato il testo secondo le sue corde, come spesso avveniva in quegli anni 60-70. Simpatica, carina, divertente.
Insomma, un trittico di storie che per quanto belle da leggere, non rientrano in quelle rarità che ci si aspetterebbe di trovare in un numero dei Maestri Disney.
Il numero si chiude con due storie di dieci anni fa: Pippo e il virus in soffitta e La sindrome di Pippo, entrambe con Bottaro autore completo. Quello che fa storcere il naso è che sono appunto molto recenti rispetto a quello che di solito I Maestri pescavano (penso sia record delle storie più recenti mai apparse in 37 numeri, inedite escluse ovviamente), che sono state ristampate nel 2005 nei Classici, che vengono presentate nell’articolo come due parti di una sorta di bilogia non dichiarata ma vengono stampate al contrario, prima la seconda e poi la prima (perché?) e che se proprio si voleva mettere Nocciola allora si poteva ristampare Pippo e il video-esame. I pregi sono quelli di vedere i magnifici disegni di queste due storie nel formato più ampio di questa rivista, che le valorizza rispetto alle versioni che ho io su Topolino. Sarebbe stato un altro pregio un articolo dedicato solo a queste due, mostrando più bozzetti dell’autore e spiegando qualcosa in più su alcune particolarità, come il fantomatico quadro dei Paperi e i personaggi della Silly Simphony "The Cookie Carnival", giusto accennati nelle due righe complessive ma che avrebbero meritato più spazio. Ma vabbè, è andata così e ce lo teniamo così.
Un modo sottotono, dunque, di chiudere una testata che ha saputo dare tanto in questo decennio abbondante, e che nonostante cambio di foliazione e di periodicità (da bimestrale a quadrimestrale e poi la tramutazione in uno strano semestrale uscendo a gennaio e a marzo) è sempre riuscito a tenersi su un buon livello, spaziando anche a due sceneggiatori e con l’esperimento (per me infelice) dei quattro numeri delle Scuole.
Adesso starà alle nuove testate che sbandiera la Cannatella non far rimpiangere il ricordo di ZP e dei MD, ma temo che sarà un compito assai arduo.