Numero dedicato al compleanno di Paperino. Non può essere meno evidente che in realtà il tutto è un pretesto per pubblicare un altro po’ di Gottfredson e soprattutto Paolino Paperino e il Mistero di Marte (Pedrocchi), che nel 1937 inaugurò Donald come qualcosa di più che semplice macchietta da gag elevandolo a protagonista di più corpose avventure. Un’innovazione internazionale, seconda solo al favolistico Donald and Donna, dell’inglese Ward, visto che all’epoca Paperino era solo in procinto di diventare il protagonista delle pur ottime strisce di Al Taliaferro: Barks avrebbe iniziato a lavorare sul personaggio, reinventandolo, solo nel 1942. Ovviamente questo implica che il Paperino protagonista di questa storia è ancora pieno di ingenuità, è il personaggio che per quanto simpatico nella sua frizzante esuberanza è alquanto piatto e stereotipato. Va detto anche che in certi punti Pedrocchi riesce a mitigare questa acerbità, coniugando il personaggio che tutti si aspettavano di vedere a situazioni un attimino più complesse per quanto sgangherate. La trama, per la quale Pedrocchi attinge al repertorio fantascientifico da lui sempre amato, è infatti zeppa di ingenuità, astrusità ed arcaismi. Anche i disegni sono ricchi di ingenuità, assai evidenti nella trasferta nello spazio e poi su Marte dove gli stilemi Disney anni ’30 vengono mescolati con quelli del fumetto fantascientifico dei medesimi anni, da Saturno contro la Terra, con i testi dello stesso Pedrocchi, allo statunitense Flash Gordon.
La storia si fa comunque apprezzare, ovviamente dopo averla adeguatamente contestualizzata: è un’avventura pura e semplice, con molti elementi rurali ed una trama poco valorizzata dalla sceneggiatura ma non poi così male. E’ vecchiume, sì, ma invecchiato assai meglio di altro vecchiume illustre come Il Cobra Bianco o Il Satellite Artificiale, che strappa sempre un sorriso e che aumenta il fascino per una storia di un’epoca così distante eppure così vicina, in quanto fondamento essenziale dell’attuale approccio al Fumetto e alla narrativa.
Il resto dell’albo ci offre un’ampiamente trascurabile La Chioccia Saggia fa da Sé (???/Eisenberg), sorta di remake di The Wise Little Hen, una simpatica per quanto sconclusionata storia del duo Kinney/Hubbard, Paperoga e la Guida Intemerata, e una robetta dello Studio Disney, l’insipida Zio Paperone e la Grande Bicchierata (Studio Disney/Scarpa), cui è dedicata la poco significativa copertina.
Di ben altro interesse Topolino e il Mistero dei Cappotti (Osborne/Gottfredson): semplice ma gradevole storiella di tavole settimanali che vede Topolino affiancarsi al primo Paperino (deliziosamente burlone, come dimostrano le prime due tavole), di cui ci viene presentato lo zio Amos (Non è proprio mio zio, ma io vivo assieme a lui). La storia si conclude in un susseguirsi alquanto gustoso di gag (l’incompetenza dell’Ispettore Grillem, versione ante litteram di Manetta, su tutte) dando vita ad un piccolo gioiellino ingiustamente poco celebrato.
Ad accompagnare questa bella breve, una simpatica autoconclusiva che vanta uno dei titoli più brutti e lunghi della storia, Paolino Paperino trova che i dolci di Clarabella siano indigesti (Osborne/Al Taliaferro).
Carine le tavole di raccordo di Van Horn, titolate Paperino e la Ronfata del Compleanno, nonostante l’insolita colorazione (l’originale?).
Poco azzeccata la pin-up di Don Rosa, che non coglie lo spirito di Paperino Re del Circo, bella invece la quarta di copertina di Rota, che tuttavia non rievoca immediatamente Paperino Pendolare cui si ispira.