PKNA Speciale 97 – Missing Speciale per davveroCominciamo con una domanda. Se doveste valutare le atmosfere e lo stile di un’intera serie a fumetti da un solo volume, quale scegliereste? Il numero uno? Poco probabile: troppo introduttivo, troppo legato agli esordi per essere rappresentativo. Il numero finale? Nah, assurdo. Sarebbe un colossale harakiri con una katana fatta di spoiler. Un numero centrale, allora? Forse. Ma quale? Come sceglierlo, come capire le dinamiche precedenti della storia, come approcciarsi a sottotrame e personaggi già avviati?
Ed ecco il deus ex machina, ecco la killer application: gli speciali. Un numero speciale, per sua stessa natura, è speciale. Si nutre degli stimoli della serie, delle sue suggestioni, dei suoi stilemi. Li espone senza freni, per quanto possibile, per cercare di toccare tutti gli ambiti, senza lasciare fuori nulla. Li ripropone in una sorta di baule tutto stipato, a rischio esplosione. Così si finisce, inevitabilmente, per assistere a una lettura-buffet, fatta di stuzzichini numerosi e variegati, anche se non esaurienti. Uno spizzico qua e un assaggino là: questo è un buon modo, forse il migliore, per fare un’immersione veloce ma completa nello stile di un mondo che non si conosce ancora.
Io PKNA lo conoscevo, eccome. Ma non ne possedevo nemmeno un numero. Li avevo letti tutti varie volte, sotto prestito di amici. Partecipavo a tutte le riunioni del PK Club della mia scuola media (ambiziosamente chiamato: “Tutti per Uno e Due per nessuno”). Però leggevo solo a scrocco, complice un edicolante smemorato che rispose “Certo!” alla domanda “Mi metteresti da parte il primo numero di quel nuovo fumetto che esce?”, salvo poi fare l’opposto. Quell’evento fu destino. Un po’ come se si fosse trattato di un segno divino, scelsi di non acquistare i numeri successivi, anche se li divoravo sotto intercessione, senza ritegno. Andavo avanti così, sfogliando senza possedere.
Ma arrivati al primo numero speciale di PKNA, in uscita nell’agosto 1997, e pubblicizzato come una specie di messia, dovetti capitolare. Almeno quello, lo dovevo avere. Come una sorta di sigillo, di “riassunto”, di ampolla contenente lo spirito della serie; concetto peraltro già evocato. Giunsi a desiderare tanto quel numero, dal proibitivo (all’epoca lo era seriamente!) prezzo di 5.800 lire, che sfidai mio babbo a una gara di corsa, per averlo in premio. Era una gara mattacchiona, ovviamente, e mio babbo mi fece vincere, bontà sua. Oggi lo posso dire: una delle migliori vittorie pilotate della storia.
Così posai gli artigli su quella copertina a specchio, argentata e in rilievo. Riconobbi subito il disegno degli occhioni con mascherina: era lo stesso della copertina di “
Paperinik e altri supereroi” numero 6: il primo che acquistai prima di diventare collezionista di quella testata. Un Paperinik apripista, in pratica. I conti tornavano.
Piano piano, con l’attenzione e la reverenza che si attribuiscono a una reliquia, iniziai la lettura nel salotto di casa, barricato per essere insensibile a stimoli esterni. Il mio supereroe preferito, nella sua veste migliore, nel suo nuovo universo, tutto condensato in un solo numero. Il mio acquisto primigenio. Slurp! Prima il consueto editoriale introduttivo, stavolta su evocativo sfondo nero, per farmi venire l’acquolina. Poi, la storia. Anzi, le storie! Sei, per l’esattezza, con cinque episodi e un filo conduttore. Ognuna realizzata da un tandem creativo differente. Cosa si poteva chiedere di più? Ero in giubilo.
Non durò.
Lo Speciale ’97 di PKNA si intitola
Missing, cioè scomparso. Mancante. Non pervenuto. Come Paperinik. Il mio supereroe preferito, nel suo nuovo universo eccetera eccetera, non c’era. O meglio, c’era l’universo ma non c’era il supereroe. Non c’era il protagonista. E dov’era? Boh. Non pervenuto, appunto. E tutti i comprimari si dannano per cercarlo, per capire dove sia, perché sia scomparso, semmai tornerà. Amici, nemici, nemiciamici: tutti ruotano attorno alla figura di Pikappa, ma Pikappa non c’è. Eresia! Sacrilegio! Terminai la lettura deluso fin dentro le ossa. Mi sentivo quasi tradito, defraudato. Avevo atteso quel numero con un’apprensione smisurata e il risultato era un’insoddisfazione cocente.
Che diamine! Tutti quei viaggi mentali sullo spirito di una serie, sul valutare l’insieme dal singolo elemento, sul baule stipato di roba… e poi mi capita un numero senza protagonista! Spirito della serie un corno! Stuzzichini e assaggi dei miei stivali!
Scambiai il numero con un amico il mese dopo, ottenendo in cambio “
I Classici” numero XXX. Era spiegazzato e privo di copertina, ma conteneva la storia
Topolino e l’Enigma di Mu (ho sempre avuto un debole per gli esordi interessanti!).
Come sempre succede nei casi della vita, la ruota gira. La mia tornò a girare più avanti. Dopo qualche anno, infatti, iniziai a recuperare tutta la serie di PKNA, partendo dal numero 23:
Vuoto di Memoria. La moglie dell’edicolante sbadato di cui sopra me lo regalò per il compleanno, in una sorta di cosmica riparazione di torti passati. Karma, si direbbe oggi. Lo interpretai come un segno dopo il segno. Un errata corrige ineluttabile. E da lì iniziò ufficialmente la mia “reconquista” pikappica: assalti a mercatini, bancarelle, fumetterie, amici stufi dei balloons. Lo Speciale ’97 ritornò a me proprio da uno di questi, da un compagno di classe che invertì la rotta. Arrivò segnato dal tempo e dall’uso, con qualche sfregio e un pezzetto di quarta mancante. Non feci storie. Non ne avevo il diritto. Non dopo l’
Enigma di Mu semidistrutto.
Oggi rileggo quelle pagine acquistate, scambiate e poi recuperate e capisco quanto può mutare la percezione delle cose, nel tempo. Sfioro quella copertina argento sbiadita in un grigio fumo di Londra un po’ malinconico e mi rendo conto di quanto, paradossalmente, un numero senza protagonista possa risultare rappresentativo per il suo protagonista. Paperinik non c’è in
Missing, è vero, e questo la dice lunga. Provate a immaginare una storia di Topolino senza Topolino. Una storia di Zio Paperone senza Zio Paperone. E’ difficile figurarsele. Forse, chissà, uno scarno filler con Battista e Lusky, o una follia faraciana con protagonista Manetta. Ma in entrambi i casi, la figura assente spicca, appunto, per la sua mancanza.
PKNA va oltre.
Missing va oltre. E riesce a essere davvero quella summa Pikappica, quel baule in procinto di scoppiare, senza mostrare mai, o quasi mai, il papero mascherato. Anche se dell’eroe scorgiamo praticamente solo il nome, tutto e tutti ruotano intorno a lui, in quella veste grafica e stilistica che ha giustamente reso PKNA un fenomeno editoriale. Un universo in sei storie. Un genere reso in sei esempi, tra loro diversi quanto compatibili. Sei mini bocconi che se non costituiscono una scorpacciata, di certo come antipasto funzionano alla perfezione. Oggi lo capisco. Oggi guardo
Missing e sento come tutto fosse presente, altro che non pervenuto.
E allora diamo uno sguardo a COSA esattamente c’è nello speciale. A quanto, per usare una freddura molto british, non è missing, in
Missing.
Il titolo dello speciale è anche quello della prima storia. Come nei leggendari prologhi de “
I Classici”, anche qui la vicenda è spezzettata in più “tavole di raccordo” utili per legare assieme gli altri mini episodi dell’albo. Proprio per questa sua insolita natura frammentaria, è difficile dare un giudizio alla storia in sé. Di certo non è scritta o disegnata dai primi che passavano! Al timone, infatti, troviamo LO sceneggiatore di PKNA, ovvero Sisti, coadiuvato da un Mastantuono in grande stato di forma. Tutto sommato, gli autori sono bravi a creare una serie di “corridoi” narrativi tra le stanze principali dell’albo. In questo primo corridoio,
Missing (Sisti/Mastantuono), incontriamo l’agente PBI Mary Ann Flagstarr, che riceve l’ordine di indagare sulla scomparsa di Pikappa. Non capiamo altro, o quasi, perché dopo appena 3 tavole si assiste già al primo (e appena appena straniante) cambio di rotta.
Punto di rottura (Faraci/Lavoradori). Comincia la danza di stili e generi che permea tutto l’albo. Dalle vicende introduttive, passiamo al demenziale allo stato brado. Il protagonista è quasi scontato: Angus Fangus, becero kiwigiornalista d’assalto, molto a suo agio nell’assaltare poltrone e nel farsi assaltare da robottoni giganti. Anche lo scrittore non poteva essere altri che lui: Tito Faraci, qui impegnato in una sorta di preludio personale, di riscaldamento grottesco, prima di esplodere il proprio folle genio in memorabili frammenti di follia successivi; nei migliori, guarda caso, c’era sempre il buon Angus.
Il disegnatore, viceversa, è una “quasi” sorpresa: Alberto Lavoradori aveva inaugurato l’epopea con
Evroniani, ma poi si era eclissato. In queste dieci tavole si diverte a piegare il suo tratto roboante alla linea comica della vicenda, sacrificando una agile leggibilità per ricercare, piuttosto, un estro quasi sporco, adattissimo sia ad Angus che a Tito. Il risultato di tutto ciò sono puri, irrefrenabili sghignazzi.
La storia è una semplice digressione di Angus su un incontro/scontro avuto con il suo “Pikappero” e su una sorta di debito d’onore che ha contratto con lui. Geniale, peraltro, la trovata di mostrarci il giornalista più ostile e attaccabrighe di 00 Channel in un momento di debolezza e sensibilità d’animo. Più che di lirismo si parla di comiche, ma l’insieme funziona alla grande.
Quindi, altre due paginette di raccordo, by Masta e Sisti.
SPOILER NERD: Proprio qui posiamo gli occhi su Ziggy, fattorino di 00 Channel e, scopriremo in futuro, fratello della stessa Mary Ann! Peccato che tra i due non vi sia nemmeno un cenno d’intesa (possiamo interpretare la cosa come un vicendevole tacito accordo), ma soprattutto, peccato che il colorista dipinga di bianco il piumaggio di Ziggy (possiamo interpretarlo come uno scivolone nella candeggina?).
Attraverso queste poche vignette, arriviamo al punto di vista di un altro personaggio importante, Lyla, e ad un altro filone: i viaggi temporali.
Time 0 (Cordara/Barbucci) è scritta da quello che è forse lo sceneggiatore del team meno incline a sfornare capolavori e picchi di stile, e disegnata splendidamente da un Barbucci capace di sdoganare la sensualità nel mondo Disney. La sua Lyla che esce dalle acque, osservata da un paperozzo allupato, a sua volta fulminato dall’occhiataccia della fidanzata, è destinata a rimanere negli annali (e ad animare gli sproloqui di uno dei topic più voyeuristici del Papersera!).
La storia è più che altro una storiella: il droide 5Y viene avvisato da Fangus della scomparsa di Paperinik e decide di recarsi direttamente alla base della Tempolizia per scoprire se i suoi colleghi cronauti tengano recluso il suo amico biologico. Un terremoto cronale renderà solo più movimentato il buco nell’acqua della signorina Lay (e di Cordara?).
Di nuovo, due tavole flagstarriane (questa volta moooolto gustose per raggranellare input riguardo un personaggio un po’ outsider ma assai interessante: Camera Nove) ed eccoci ad un nuovo intermezzo:
Memo (Sisti/Mottura). Qui, finalmente, incontriamo Uno, consapevole dell’assenza del suo socio biologico. Il problema è fermare l’ennesima incursione del buon vecchio Razziatore senza supereroi a portata di chip. L’intelligenza artificiale più verde che ci sia ne inventerà una delle sue (ringraziare il sempre valido Sisti per questo!) e la storia ne risulterà appena ingarbugliata, ma tutt’altro che insipida. Semmai, sono i disegni a lasciare parecchio a desiderare (ringraziare il sempre altalenante Mottura, per questo!). A tratti efficaci, ma per larga parte sproporzionati e dinamicamente esasperati, i tratteggi del già disegnatore di
Invasione! non convincono nemmeno i coloristi (il barista di inizio storia doveva avere i baffi!), e in alcuni punti risultano proprio sgradevoli (guardare pagina 37 per capire: oltre alla divisione inconsulta delle vignette, e ai balloon che passano dal rotondo al quadrato, sono le stesse pose dei personaggi a rivelarsi incomprensibili, con quel Razziatore-Nureyev della vignetta numero due.)
Lo stacco e il ritorno al tratto pulito del Corradone nazionale ci giunge in soccorso. Tanto più che incontriamo Paperon de’ Paperoni in penne e piume, in una delle sue rarissime apparizioni pikappiche. Il vecchio cilindro è impegnato nelle mansioni di custode della Ducklair Tower, le stesse che toccherebbero a Paperino ma, guarda un po’, il nipote non c’è. Come Paperinik. Ma non come Xadhoom!
La mutante xerbiana arriva dal cosmo, seguendo la scia del suo nome irradiata nello spazio. Ce la mostra Stefano Intini, già all’opera su Xadhoom (sotto pseudonimo) nel numero 0/3. Ce la canta Mr. Francesco Artibani, anch’egli in uno stato di grazia quasi inconcepibile per menti normali. La storia riesce a fondere il lirismo e la tragica epicità che da sempre contraddistinguono uno dei personaggi meglio riusciti dell’intero universo pikappico, con un umorismo semplicemente perfetto. Si esulta, si ride,… si balla! Dopotutto, senza
Xarghon (Artibani/Intini) che festa è?
MEGA SPOILER NERD: Al di là della bellezza della storia, c’è però un nonsense di fondo, se allacciato con la
Trilogia di Xadhoom ancora ben lungi dall’arrivare. Quando la fu dottoressa Xado verrà catturata dagli Evroniani, ella dissimulerà la sua appartenenza alla razza xerbiana, invano. Ma il bluff andava tentato: non c’è più nulla, in lei, che rammenti alla vista la sua passata natura. Tuttavia, in
Xarghon, la provenienza di Xadhoom viene data per scontata, come se fosse ovvio, come se fosse evidente. L’incongruenza dei due capitoli pikappici vede pendere la bilancia dal lato della trilogia, anche se temporalmente successiva. Potere e potenza per Artibani in ogni caso! Se da piccole sviste nascono piccoli capolavori, viva le sviste!
Ancora una breve apparizione “on the road” per Mary Ann, prima della più ghiotta sorpresa del numero: un “certo” Giorgio Cavazzano ai disegni dell’ultimo filler:
Blu Botte (PK Team/Cavazzano). E l’intero PK Team al suo servizio, come si confà a un pezzo da novanta quale il Cavazza. Incredibile (o meglio, ovvio!) a dirsi, ma la matita dell’artista si approccia all’universo pikappico con una destrezza e una pertinenza inusitate (tanto che questa non sarà l’unica puntata da piker del big veneziano). Il tono comico della vicenda si sposa perfettamente alle atmosfere spaziali di fondo e Cavazzano domina e dirige il tutto come solo lui sa fare (c’è spazio anche per un cammeo di Urk!). La storia ruota intorno a due scagnozzi evroniani che più stereotipati non si può (lo scagnozzo per eccellenza è alto e magro, o basso e grasso, ma comunque irrimediabilmente idiota). La coppia di mentecatti, Ludron e Orkon (due nomi, due programmi!), è stata spedita sulla Terra alla ricerca di Pikappa. Ebbene sì, lo cercano anche loro. Troveranno invece un sacco di legnate, e un sacco di risate (nostre) nel vederli trattare così. E pensare che le mazzate di percorso sarebbero quasi carezze, se paragonate alla fine che attende i due Evronincapaci.
La fine che attende noi lettori, invece, vede ancora una volta Mastantuono e Sisti impegnati per tre paginette conclusive. In esse, Uno sembra assai più consapevole della situazione, rispetto a prima. Scopriamo da chi è partito l’ordine PBI (poi ritirato) di rintracciare il papero mascherato. E scopriamo anche DOVE CAVOLO si nascondeva il nostro eroe. Dovremmo anche intuirne il perché. In realtà, la soluzione dell’enigma è meno limpida del previsto, e lo spazio all’interpretazione del lettore viene più che mai concordato. Siamo a pagina 66 e leggiamo la parola FINE, dopo una lettura a singhiozzo, dopo un puzzle visivo e stilistico che non aveva precedenti pikappici; ma che avrà, in compenso, notevoli eredi.
A rendere meno traumatico il distacco, ecco una profusione di pagine della posta, leggendarie e strepitose come al solito. “Amo Lyla” “Lei no” è solo un esempio della meravigliosa sagacia di un appuntamento diventato imprescindibile per ogni vero fan. Un simpatico (quanto probabilmente inutile) excursus sulla grammatica evroniana anticipa l’ennesima trovata speciale, anzi, meta-speciale, del PK Team: una rubrica per votare la copertina preferita dei numeri di PKNA finora usciti. Cosa c’è di speciale? Una copertina fake. Che sarà fonte di rivoluzioni, spedizioni di soldi anticipate, mobilitamento pikeristico nazionale. Fino a sbocciare in uno Speciale. Un altro.
Tanto per fugare qualche eventuale, rutilante dubbio su quanto PKNA fosse speciale. Tredici anni fa come oggi.
Enigma di Mu o non
Enigma di Mu. Frittole o non Frittole. Perché quando qualcosa è speciale, speciale davvero, te ne accorgi eccome. Ogni dubbio scompare. Non pervenuto. Mancante. “Missing”.
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MarKeno (special guest per lo Speciale 97, che si ringrazia per il contributo)
PKNA # 9 – Le Sorgenti della LunaSi chiude con questo numero la tetralogia delle spore, continuando in contemporanea la sottotrama dell’esercito che esordì proprio con
Spore.
Le Sorgenti della Luna (Cordara & PK Team/Guerrini) rimette in scena Xadhoom, alla ricerca delle due famose navi xerbiane esuli nello spazio. Peccato che poco dopo di quest’obiettivo ce ne si dimentica, per concentrarsi invece nel trovare altri luoghi dove sono presenti spore evroniane. Le troviamo in Centro Africa, nella regione dei Grandi Laghi. Qui c’è una nidiata intera di spore, e quando Pikappa e Xadhoom arrivano sul posto si preparano ad ingaggiare una dura battaglia contro gli Evroniani che le controllavano, aiutati anche dall’esercito che dà una grossa mano sul finale.
La storia non mi ha mai preso più di tanto, e per la trama con alcuni buchi e per una storia non eccessivamente esaltante. Il tutto non è aiutato dai disegni di Guerrini, il quale se da una parte sa essere forse il più sperimentale tra i disegnatori pikappici – riuscendo a costruire tavole eccellenti per come sono strutturate, una in pratica con struttura a striscia, le altre senza quasi mai rispettare la rigida griglia classica – dall’altra è spesso caotico, difficilmente digeribile e la sua Xadhoom non mi pare certo tra le più riuscite. Pollice alto invece per le espressioni e la figura in generale di Paperino/Paperinik.
Menzione speciale alla copertina d’effetto di Celoni.
La breve dell’albo è
Angus Tales – Rumori di Fondo (Faraci/Ziche), secondo episodio della serie dei racconti di Angus. E’ questa però la prima storia del ciclo scritta da Faraci, che firmerà tutte le prossime e che ne è il vero e proprio padre ideale. Infatti questa storia e le prossime in generale conterranno tutta l’ironia e il sarcasmo tipico della più belle sceneggiature di Tito, quello tipico anni ’90, e rende il ciclo decisamente gustoso e divertente. In questa storia esordisce Billy Paganino, “l’unico gangster che nella custodia di violino… teneva un violino!”, impareggiabile partner anche delle prossime avventure. La storia in sé è divertente, con Angus che cerca di eliminare ogni rumore molesto con esiti comici e con le cause dei rumori sempre più assurde e quindi divertenti. Perfetti i disegni della Ziche.
- Bramo