Ho riletto con attenzione proprio in questi giorni l’intera serie di PK2, anzi, alcuni numeri devo dire di averli letti ben più di una volta, per cercare di capire al meglio ogni singolo particolare della intricata vicenda Ducklair che si è dipanata sulle pagine di quei numeri, e per poter quindi sottoporre questa seconda serie pikappica ad una più attenta e oggettiva analisi cercando di evidenziarne sia i pregi (molti) che i difetti (indiscutibili, come ogni cosa che si rispetti).
Innanzitutto vorrei dire che per me questa serie ha significato qualcosa di incredibile, un tipo di fumetto che non avrei mai creduto poter trovare su una pubblicazione Disney (l’ho letto prima di PKNA), un utilizzo di Paperinik che mi ha entusiasmato, e per questo devo ammettere di amarla particolarmente, anche se, come detto sopra, tenterò di metterne in luce sia i lati positivi che quelli negativi.
I primi tre numeri della serie costituiscono una sorta di trilogia introduttiva, nella quale PK si vede stravolgere le abitudini da parte di Everett e dove si gettano le basi della trama principale grazie all’alone di mistero attorno a Ducklair. L’episodio debole tra questi è sicuramente il secondo, a causa di una trama un po’ vuota e dei disegni di un Pastrovicchio troppo sottotono. Al contrario il #3 contribuisce a gettare un po’ di luce sulla vicenda, presentando entrambe le figlie di Everett. I due numeri successivi sono più autoconclusivi dei precedenti. Il #4 è ancora molto legato alla trama principale e serve ad aumentare il mistero nel quale è immerso Ducklair, mentre il #5 è una storia bellissima, ci presenta una vicenda con un soggetto e un’ambientazione alla Blade Runner, molto legata alla prima serie, in cui riappaiono i viaggi nel tempo, e in cui l’esplorazione dei sentimenti di Lyla è resa in modo stupendo. Da qui in poi la qualità della serie comincerà a scendere, probabilmente perché arrivati nella fase centrale, in cui la tensione dei primi numeri può alleviarsi in luogo di storie condite con meno suspense, fase calante che si concluderà, a mio parere, con il #11. Onde Alpha è una storia banale e infantile, in cui succede ben poco d’interessante. Le due successive, Ancora un giorno e Soltanto un amico, rialzano la qualità, anche se le vicende della trama principale sono narrate più superficialmente, preferendo focalizzare l’attenzione su altri avvenimenti minori, che però non necessariamente devono essere considerati non interessanti. A questo proposito vorrei spezzare una lancia in favore del #8, Soltanto un amico, che pur essendo solo sommariamente legato alla vicenda Ducklair, ci mostra una storia molto adulta, ben sceneggiata e disegnata, pur essendo sostanzialmente un’autoconclusiva. Il # 9, Gradi di separazione, è il numero degli indizi a profusione. Si cominciano a svelare piccoli particolari che possono far intuire sviluppi futuri. La storia è però a mio parere debole sotto il profilo della sceneggiatura, troppo ostica e complicata, e soprattutto dei disegni di Barbaro, assolutamente inadatti. Il numero successivo invece è decisamente fuori luogo. Dopo un numero tanto legato alla trama principale, si torna prepotentemente alle vicende metropolitane già viste due numeri fa, con risultati però stavolta decisamente più banali e meno interessanti. La qualità della serie si rialza però improvvisamente con il capolavoro Il peso dei ricordi, sceneggiato in modo perfetto e disegnato divinamente da uno Sciarrone al massimo della forma, numero che svela finalmente l’identita dell’enigmatico Everett, che si rivela essere un alieno fuggito dal pianeta Corona portando con se le due figlie. Pur in un periodo che vedrà produrre ottimi numeri, ci si trova di fronte al #12, Blackout, altra storia piuttosto piatta e poco originale, che ha il solo pregio di mostrarci l’affiorare dell’odio di Juniper verso il padre con un certo anticipo rispetto agli ultimi numeri. Per fortuna che dopo questo passo falso arriverà una coppia di numeri decisamente belli. Tutto e niente, #13, è una storia completamente slegata dalla trama principale, in cui Paperinik si scopre imprigionato nella realtà virtuale da una strana intelligenza artificiale e costretto a compiere ripetutamente le stesse azioni. La sceneggiatura di Faraci è da Oscar, le vignette che rappresentano i pensieri di PK sono encomiabili, tutto il numero è intriso di una profonda introspezione psicologica che sembra più trattare di Paperino che di Paperinik. E dopo aver goduto questa fantastica avventura, ci viene proposto il bis con L’ultima caccia, opera dell’immenso Enna, storia matura e poetica, profonda e commovente, oltre che meravigliosamente disegnata dal giovane Rigano, che si dimostra quasi ai livelli di Sciarrone. Gli ultimi quattro numeri costituiscono la Quadrilogia finale, nella quale, esclusa la pur ottima Capitano di ventura, la vicenda si avvia alla conclusione. In questi numeri scopriamo che Ducklair non ha affatto cattive intenzioni, ma anzi vuole proteggere le figlie dalla madre, che è sarebbe disposta a barattare le loro emozioni per assicurare loro il comando sul loro pianeta. Il problema è che esse non sono d’accordo con il padre e fino all’ultimo tentano di metterlo fuori gioco, fino all’intervento di PK, su richiesta dello stesso Everett, che riesce a fermare il loro intento. La storia si conclude con il ritorno di uno sconfitto Everett su Corona, portando con sé le figlie, pur sapendo che andrà sicuramente incontro ad un triste destino.
Insomma la trama è sviluppata bene, il difetto principale è però la fretta con cui la serie è stata chiusa in favore dell’apertura dell’orribile terza serie, svolgendo troppo velocemente avvenimenti che certamente avrebbero dovuto beneficiare di altri tempi. Il finale comunque non è malvagio, è tutt’altro che banale, anzi, io penso che faccia molto riflettere il fatto che le figlie di Everett rifiutino in questo modo il gesto del padre, arrivando addirittura a tentare di ucciderlo. Il problema secondo me per cui questa serie non è stata apprezzata molto dalla “vecchia guardia” è il fatto che alle battaglie spaziali spettacolari e alle avventure avvincenti della prima serie, siano state sostituite le storie più psicologiche e riflessive di questa, provocando una certa sorpresa e una certa delusione.
A mio parere la serie è più che valida, la maturazione del protagonista e degli altri personaggi è sicuramente un aspetto positivo, certo non mancano episodi mediocri di cui si sarebbe fatto volentieri a meno, ma anche in PKNA erano presenti episodi di minor qualità. Direi quindi che non mi sembra giustificabile criticare in modo eccessivo questa serie che, nonostante tutto, ci ha offerto altre fantastiche avventure del nostro supereroe preferito.