I recenti problemi tecnici del forum han fatto sparire una breve disamina che avevo dedicato alla questione dell'
usucapione per come rappresentata in
Il matrimonio di Zio Paperone.
Per quanto ricordo, provo a ricostruire il post perduto...
Brevemente, questa la trama: Zio Paperone è intenzionato ad edificare un centro commerciale seguendo il consiglio di un famoso esperto di marketing ma, una volta individuato il terreno idoneo, sorge un problema mica da poco: una piccolissima, ma centrale, porzione di tale terreno appartiene a Brigitta! Paperone teme che la bionda papera possa chiedere cifre esorbitanti per quel fazzoletto di terra, cosi tenta di approfittare della "predisposizione" (cit. Paperino) della stessa nei suoi confronti per averlo in regalo; Brigitta, tuttavia, riesce a scoprire le vere intenzioni di Paperone (grazie all'aiuto di Filo Sganga) e, potendo giocare a carte scoperte, lo ricatta: se vuole il terreno dovrà sposarla! Quando è ormai quasi rassegnato a compiere il grande passo, tuttavia, Paperone intravede una possibile via di salvezza di tipo
"legale": un avvocato lo informa che potrebbero esserci gli estremi per invocare l'
usucapione del terreno, poichè parecchi anni prima proprio Paperone aveva smarrito una pallina golf proprio sul quel fazzoletto di terra. Da qui in poi la storia si sviluppa per lo più in divertenti gag, alla fine delle quali Paperone riuscirà a far valere l'istituto dell'
usucapione e dunque ad impadronirsi del terreno.
Questa storia si caratterizza per far di un istituto giuridico realmente esistente uno degli elementi principali della vicenda e lo fa, come vedremo, con un certo tasso di verosimiglianza.
Innanzitutto cos'è l'
usucapione: si tratta di una particolare modalità di acquisto della proprietà
a titolo originario (nel senso che il diritto si acquista in maniera indipendente dal diritto del precedente proprietario) per effetto del possesso continuato ed ininterrotto per determinati periodi di tempo, stabiliti dalla legge.
L'art. 1158 c.c. recita:
"La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni."Il
"possesso" in diritto civile non è un diritto, ma una situazione di fatto nella quale chi la esercita si comporta come se fosse il proprietario (o il titolare di un altro diritto reale), dunque per usucapire un bene è necessario che il soggetto interessato abbia posseduto quel bene, per un certo lasso di tempo, comportandosi come il proprietario dello stesso (o comunque come il titolare di un altro diritto); ma ciò ancora non basta.
Infatti, come precisa l'art. 1163 c.c., il possesso deve essere "pubblico", cioè non conseguito di nascosto o in maniera clandestina; inoltre, per risultare idoneo all'usucapione, deve pure essere continuo (nel senso che il bene non viene abbandonato) e non interrotto da azioni giudiziarie di altri soggetti (ad esempio un'azione di rivendica da parte del proprietario).
Se vengono rispettate queste condizioni, per usucapire un terreno servono 20 anni.
Resta da precisare che l'istituto non opera automaticamente, poichè serve comunque una pronuncia di un giudice che la accerti, vale a dire una sentenza in esito ad una regolare causa civile intentata da chi è interessato a far valere l'eventuale usucapione.
Veniamo ora alla storia.
L'avvocato
Bido De' Truffis cita un articolo del codice civile paperopole che recita:
"Chiunque abbia occupato per vent'anni (con la propria persona o con cosa che gli appartiene) un terreno o altra proprietà lasciata abbandonata, ne diventa legittimo proprietario". Si tratta di uno dei pochissimi esempi di norma di legge citata in una storia che risulti molto aderente alla corrispondende norma "reale": infatti, al netto del riferimento tra parentesi - cioè quello che consente di occupare "con la propria persona o con cosa che gli appartiene" - la norma non ha nulla di assurdo o particolarmente insensato, fatta salva l'ovvia semplificazione del solo riferimento alla proprietà, dunque senza citare gli altri diritti reali.
De Vita mette, dunque, in atto una sceneggiatura particolarmente realistica da questo punto di vista (magari meno nell'impossibilità di trovare altri terreni, il che avrebbe risolto tutto, ma vanificato l'idea), piegando ed adattando una norma realmente esistente alle necessità narrative solo nella parte in cui la norma citata dall'avvocato De' truffis fa riferimento alla "cosa che gli appartiene": in questo modo Paperone riesce ad invocare utilmente l'usucapione pur se il "possesso" ventennale è avvenuto mediante una... pallina da golf!
In realtà ciò non potrebbe mai accadere, proprio perchè il possesso richiede una situazione di fatto corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà, dunque Paperone si sarebbe dovuto comportare come proprietario di quel terreno, e certamente non gli sarebbe bastato dimostrare di avervi smarrito una pallina da golf venti anni prima. Peraltro, la situazione appena descritta, oltre a non integrare i requisiti del possesso, non è neppure pubblica perchè nessuno sapeva che la pallina fosse finita li; neppure lo stesso Paperone ne aveva inizialmente consapevolezza, e ciò basta per escludere alla radice ogni eventuale configurabilità di usucapione nella situazione descritta dalla storia.
Ciò nonostante, "Il matrimonio di Zio Paperone" resta una storia molto divertente e che si caratterizza per un elevato tasso di corrispondenza ad un reale istituto giuridico, avendo quindi l'indubbio merito di aver spinto tanti giovani lettori ad andare a cercare questa strana parola (neppure tanto se vogliamo, poichè deriva dal verbo latino "usucapere", formato da
"usu" e
"capere", quindi prendere appunto "con l'uso"), apprendendone il significato.