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Conciliare studio e sport

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Giona
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    Conciliare studio e sport
    Martedì 15 Set 2015, 11:45:35
    Questo articolo su La Repubblica http://www.repubblica.it/scienze/2015/09/11/news/sport_migliora_rendimento_scolastico-122663345/ mi ha dato lo spunto per aprire il topic. In particolare mi chiedo se un analogo studio fatto in Italia darebbe i medesimi risultati. Parlando in via assolutamente generale, il sistema scolastico nordamericano *dovrebbe* essere meno impegnativo per gli studenti rispetto al nostro. Ergo, per ottenere un elevato rendimento scolastico in Italia è necessario dedicare molte più ore allo studio, cosa che necessariamente riduce il tempo da dedicare all'attaività sportiva.
    Quando io andavo alle scuole elementari e alle medie, tra gli anni '80 e i '90, c'era un fiorire di attività sportive dedicate ai bambini/ragazzi, direi molto più di adesso, e le frequentavano (con risultati ovviamente commisurati alle "doti naturali") quasi tutti i miei coetanei. Io smisi in terza elementare a causa di certi problemi di salute e dell'introduzione del tempo pieno nella mia classe. Poi entra anche in gioco un fattore caratteriale: io ho sempre preferito crearmi da me i miei passatempi, piuttosto che lasciarmeli imporre dagli altri.
    Tra gli altri ragazzi del mio paese, notai che la maggior parte smise di praticare sport a livello agonistico, o comunque nell'ambito dei corsi organizzati dalle società sportive, nei primi anni delle scuole superiori, proprio per la difficoltà di conciliarlo con le attività scolastiche e con la necessità di studiare parecchio per mantenere una media sufficiente (o per mantenere alti voti). Alcuni ripiegarono su attività da palestra, le cui finestre temporali erano più facili da "incastrare".
    Aggiungiamo pure che, siccome abitavo in un centro medio-piccolo, la maggior parte dei miei compaesani frequentava le scuole superiori da pendolare, cosa che significava, nei casi più disagiati, dover prendere il treno alle 6,50 di mattina per tornare alle 15 sei giorni su sette.
    Per ritornare allo studio effettuato dai canadesi, una mia interpretazione dell'associazione tra attività sportiva e buon rendimento scolastico potrebbe essere che i ragazzi più sportivi, passando più tempo in ambienti "controllati", siano meno dediti ad attività nocive o potenzialmente tali, come il gironzolare in gruppi e l'azzuffarsi con gang rivali, l'uso di tabacco, alcol e droghe, oppure l'abuso di strumenti informatici come i social network che a lungo andare possono provocare deficit dell'attenzione.
    E voi, che cosa ne pensate?
    « Ultima modifica: Martedì 15 Set 2015, 11:54:53 da giona »
    "Coi dollari, coi dollari si compran le vallate / Così le mie ricchezze saran settuplicate" (da Paperino e l'eco dei dollari)

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    ML-IHJCM
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      Re: Conciliare studio e sport
      Risposta #1: Martedì 15 Set 2015, 12:21:04
      [...] Parlando in via assolutamente generale, il sistema scolastico nordamericano *dovrebbe* essere meno impegnativo per gli studenti rispetto al nostro.
      [...] Per ritornare allo studio effettuato dai canadesi, una mia interpretazione dell'associazione tra attività sportiva e buon rendimento scolastico potrebbe essere che i ragazzi più sportivi, passando più tempo in ambienti "controllati", siano meno dediti ad attività nocive o potenzialmente tali, come il gironzolare in gruppi e l'azzuffarsi con gang rivali, l'uso di tabacco, alcol e droghe,
      Notevole come di tutto cio' non ci sia traccia nell'articolo su Repubblica (che sembra limitarsi ad intervistare un ortopedico nostrano, senza preoccuparsi se cio' che dice questo tizio abbia un minimo di attinenza con la ricerca di  cui dovrebbe trattare  l'articolo).
      Per andare nella direzione della tua interpretazione, aggiungerei che per quanto ne so almeno negli Stati Uniti (e crederei anche nel Canada) molte borse di studio universitarie sono date per meriti atletici, cosa che suppongo abbia l'effetto di motivare gli sportivi piu' promettenti a studiare un minimo; in Italia, temo che l'eccellere nello sport abbia spesso l'effetto di disincentivare dallo studio (o e' un mio pregiudizio?).

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      feidhelm
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        Re: Conciliare studio e sport
        Risposta #2: Martedì 15 Set 2015, 12:28:08
        oppure l'abuso di strumenti informatici come i social network che a lungo andare possono provocare deficit dell'attenzione.
        E voi, che cosa ne pensate?

        Per mia esperienza d'insegnante, la maggior parte dei ragazzini risente di questo fenomeno. Ciò tra l'altro li rende particolarmente irrequieti: è praticamente impossibile ottenere che restino seduti per ore a seguire le lezioni.
        La tendenza negli ultimi anni è stata quella di aumentare le ore di lezione, anche con l'introduzione del tempo pieno, riempirli di compiti per le vacanze... non mi sembra che il livello culturale si sia alzato, dai tempi in cui ero studente io, anzi pare sia il contrario.
        La soluzione proposta per aumentare la produttività (già odio questa espressione, specialmente se applicata ad ambiti culturali [smiley=sm.gif] ) è sempre la stessa: lavorare di più.
        Ma non sempre è così. Se i ragazzini avessero più tempo per star fuori, giocare, correre e consimili attività, riuscirebbero a lavorare meglio, ottenendo migliori risultati. C'è speranza che qualcuno dei nostri egregi governanti lo capisca? Manc'una.
                 
        In memoria di chi ci ha "cucinato" tante storie memorabili...

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        ML-IHJCM
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          Re: Conciliare studio e sport
          Risposta #3: Martedì 15 Set 2015, 12:41:18
          La tendenza negli ultimi anni è stata quella di aumentare le ore di lezione[...]
          lavorare di più.
          La mia esperienza da studente e' stata che il lavoro (lo studio) aumenta con il diminuire delle ore di lezione. Per semplificare: piu' ore in aula alle medie che al liceo, e molte piu' al liceo che all'universita'.

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            Re: Conciliare studio e sport
            Risposta #4: Martedì 15 Set 2015, 17:31:54
            Personalmente non sono mai stato capace di conciliare le due cose.
            Mi piaceva il basket ma la squadra era distante da dove abitavo io e ho rinunciato, il pomeriggio sarebbe stato riempito. Quando ho cominciato con il calcio tornavo dall'allenamento e lo stesso di fare i compiti non ne avevo la più minimi voglia. Smettemmo tutti di giocare quasi, e chi continuò a scuola ne risentì, chi più chi meno.
            Alle superiori ho fatto un po' di palestra ma anche qui le cose erano alternative: se avevo da studiare stavo a casa, viceversa andavo in palestra ma spesso i compiti per il giorno dopo non li facevo o li facevo male.
            Bisogna essere capaci, come tutte le cose. La ragazza più brava in classe mia praticava Judo e a scuole i risultati erano esaltanti.
            L'impressione, ma di impressione si tratta, è che il sistema scolastico nordamericano incentivi non solo lo sport, ma "l'impegno extrascolastico", un momento dove ognuno possa praticare (e condividere) la propria passione all'interno del mondo scolastico, perciò chi la recita, chi il giornalismo, chi gli scacchi, chi i fumetti addirittura...
            La cosa bella è che lì la scuola "si vive", ti offre le possibilità, nei sistemi europei molto spesso la scuola toglie lo spazio ad altro, e viceversa.
            « Ultima modifica: Martedì 15 Set 2015, 17:32:59 da Rockerduck87 »
            Il radical chic è l'esempio più sporco e osceno di chi finge di perdere il proprio ruolo sociale per mantenerlo
            (G. Testori)

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              Re: Conciliare studio e sport
              Risposta #5: Martedì 15 Set 2015, 18:23:24
              La cosa bella è che lì la scuola "si vive", ti offre le possibilità, nei sistemi europei molto spesso la scuola toglie lo spazio ad altro, e viceversa.
              Vero. Ma non c'è confronto tra i programmi. In gran parte dei casi, laggiù (lo so sia per averlo letto sia, in un caso, perché me l'ha raccontato un mio compagno di scuola che fece la quarta in California) la scuola superiore non forma più di tanto, semplicemente ti mette in testa un po' di nozioni con le quali potrai intraprendere questa o quell'altra carriera. Quindi è vero che c'è molto meno conflitto tra dentro e fuori, ma è vero che (non ovunque, ma in media) c'è anche molta "acqua di rose".
              Attenzione, questo non vuol dire che unire le due cose in Italia non sia possibile: ma la direzione di "adeguamento agli standard europei" non è quella giusta, in questo momento: so da insegnanti tedeschi che questo "adeguamento" è una scusa buffissima per abbassare gli standard dappertutto, millantando che negli altri paesi si studia meno teoria e si applica di più.
              Ecco, quello che ho appena citato è un principio perverso. Davvero, avrete notato dai miei post che io sono sempre molto conciliante su tutto, ma su questo punto non transigo: risolvere il problema scuola-lavoro o scuola-casa con la banalizzazione dei contenuti (basta vedere i libri di testo: le eccezioni ci sono, ma combattono corpo a corpo con i "libri facili" con tante figurine, schemi concettuali, che illustrano molto e non dicono niente. Parlo di Letteratura, Matematica -non avete idea-, di Filosofia, di Storia, di tutto.) è un errore di civiltà.
              Il "mito della prassi" è assolutamente nocivo: non possiamo rinunciare alle verità e agli insegnamenti che ci vengono dal pensiero passato e dal pensiero astratto per essere "competitivi" (parola tanto di moda!).
              Un documento ministeriale a inizio anni 2000 (non sto scherzando) parlava tranquillamente di adeguare la scuola alla necessità di avere "forza lavoro competitiva spendibile sul mercato". Mah. Per me siamo già in una situazione di emergenza culturale (l'ultimo pensatore di rilievo in Italia per me è Calvino), se tronchi anche la possibilità di farsi una cultura solida siamo messi ancor peggio.

              Poi è chiaro, bisogna trovare un compromesso: se avessimo mantenuto i vecchi programmi forse gli altri paesi ci avrebbero sorpassato sul piano della competitività (già lo fanno); piano del quale a me personalmente può importare assai, ma insomma bisogna essere realisti. Quindi ben venga (anche per i motivi, quelli sì sacrosanti, citati da feidhelm) la riduzione delle ore. Meno necessario, secondo me, l'incremento dei laboratori negli scientifici, per dire, visto che per esperienza so che non servono a nulla, o quasi. Ma posso sempre sbagliare.

              La questione internet/livello di attenzione: io l'ho vissuta in pieno nella sua crescita, considerando che sono del '94. Per me è nociva, poco da fare. Ti dà x e ti toglie dieci volte tanto in termini di tempo, microassuefazione, distrazione. E lì spesso "ci colpano" i genitori, incapaci di porre un freno al pargolame. Per carità, compito tutt'altro che facile, manca proprio una cultura in questo senso, ma non so quanti siano disposti a crearla...

              Infine, i risultati: com'è messa la mia generazione? Molti miei compagni di Università (e badate che Pisa si vanta di essere la crème) sono piuttosto ignoranti, tranne che nel loro ambito. Probabilmente lo sono anch'io, eh, non voglio fare dello snobismo; però penso di aver avuto una formazione non da buttare. E sopratutto la media degli studenti, almeno qui, non ha un progetto, non dico nel senso privato, di carriera, ma una visione del mondo, se non dogmaticissima: una di quelle cose, insomma, che quando uno è giovane ha l'obbligo di avere. Sennò che ci stiamo a fare? :)

              Quindi in conclusione: più tempo per giocare (ma non per spalmarsi di fronte al computer), meno asfittici compiti meccanici e ripetitivi, meno crocette nei compiti in classe (alimenta la bestiaccia che si chiama nozionismo), quindi più freschezza, più infanzia, più libertà di pensare con la propria testa, e convincere i ragazzi che quello che si studia a scuola è importante ed è bello: non perché è applicabile in laboratorio, no no, sto parlando di Montale, di Kant, di Orazio, ma anche di Keplero, della scienza vera, quella che vuole capire il mondo, capirlo davvero, nient'altro; e sto parlando della matematica, che non è solo conti e parabole, né solo cervellotici problemi delle Olimpiadi...



              Ah, sullo sport: mai andati d'accordo, io e lui. :P Diciamo che ci tenevamo a reciproca distanza. Ogni tanto devo darmi un po' da fare per non finire come Leopardi, ma se non fosse per quello... Però credo che se ne avessi fatto (oltre a farmi bene) mi avrebbe portato via del tempo e non avrei avuto l'esperienza scolastica meravigliosa che ho avuto, alla quale sono orgoglioso di aver dato tutti i miei anni di scuola. Però questo riguarda solo me, lo sport, tranne il calcio ormai, è un'attività che non ha niente da invidiare a nessuno. Così come non ce l'ha il fruttivendolo, il medico, il falegname, e tutti i mestieri snobbati dalla gente che pur non avendo interesse per l'Università (e infatti trova molte difficoltà) ci va comunque perché sì!
              « Ultima modifica: Martedì 15 Set 2015, 18:46:27 da A.Basettoni »

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                Re: Conciliare studio e sport
                Risposta #6: Martedì 15 Set 2015, 19:30:15
                ...

                Ho letto con attenzione e mi trovo d'accordo in parte. E' evidente che la tua esperienza scolastica è stata brillante, se non esaltante, in pratica goduta a pieno e questo penso ti porta leggermente fuori strada su alcuni punti.
                Le ore di lezione e di studio da proporre ad uno studente dai 6 ai 16 anni sono ababstanza inferiori a quelle che ci stiamo ostinando a mantenere.
                Ci sono ragazzi che non sono fatti per studiare, e per questi ragazzi la scuola diventa un incubo, io avevo delle esperienze in classe, diventa per loro un'esperienza mortificante e negativa.
                In secondo, ci sono ragazzi totalmente disinteressati ad una sequenza di attività che vengono barbaramente somministrate con obbligo quando nella loro vita l'unica cosa che vogliono è distanziarsi da quelle attività, e utilizzare quelle ore in modo diverso.

                Andiamo nel concreto, sono uno di quelli a cui la teoria non piace.
                A me le ore di artistica hanno fatto soffrire moltissimo: non sopportavo disegnare, non sopportavo dipingere, portarmi i lavori da fare a casa mi faceva stare male fisicamente. la domanda è: perché obbligare? Io non voglio e non ho mai voluto disegnare, mi è stato imposto con la coercizione.
                La scuola deve andare verso questo modello: imporre il necessario e proporre il gradito, con il "gradito" intendo quelle materie che sono al limite con la passione personale. Nel concreto potrebbero essere artistica, le lingue al di fuori dell'inglese, la musica, l'educazione fisica, la musica,la religione (sul quale dovremmo fare un discorso a parte).
                Sulle altre materie: limitare l'enorme e mastodontica teoria cui siamo soliti e incrementarla (anche drasticamente) quando il ragazzo ha già scelto che avvenire vuole costruirsi. In soldoni: non ti addentri nella chimica e nella fisica davanti a ragazzi che l'anno dopo faranno i tornitori, che andranno a studiare contabilità o quant'altro. La spieghi all'acqua di rose, poi ti addentri, quando il ragazzo ne ha effettivo interesse perché è ciò che vuole fare.
                Io ho fatto ragioneria alle superiori, i primi due anni nel programma avevo 2 ore di fisica e chimica. Ma stiamo scherzando? Per non parlare della grammatica, della letteratura. No, io studio ragioneria? Mi fai fare Informatica, economia, matematica e inglese. STOP. Il resto è tempo buttato.
                Meno ore, meno materie: più possibilità facoltative e personalizzazione del programma, this is the way.
                « Ultima modifica: Martedì 15 Set 2015, 20:25:20 da Rockerduck87 »
                Il radical chic è l'esempio più sporco e osceno di chi finge di perdere il proprio ruolo sociale per mantenerlo
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                  Re: Conciliare studio e sport
                  Risposta #7: Mercoledì 16 Set 2015, 15:21:27
                  Ho letto con attenzione
                  Non sai quanto te ne sono grato. A volte mi chiedo se non sia una scortesia proporvi questi pipponi (terminologia zerocalcariana) che nessuno può avere il tempo di leggere. :)
                  Non credere che non ti capisca, anzi, e inoltre mi sono fatto prendere la mano, per cui voglio distinguere con precisione quello che riguarda me e quello che credo (ma mi piacerebbe discorrerne anche a costo di scoprire che sto sbagliando) riguardi tutti.
                  Ci sono ragazzi che non sono fatti per studiare, e per questi ragazzi la scuola diventa un incubo, io avevo delle esperienze in classe, diventa per loro un'esperienza mortificante e negativa.
                  Questo è vero, ed è per questo che accennavo alla fine ai fruttivendoli: e bisogna soprattutto eliminare l'ingiusta "discriminazione professionale" per cui chi ha studiato si ritiene superiore a chi non ha studiato. Non credo ci sia bisogno di esempi di casi in cui vale esattamente il contrario, almeno moralmente.

                  In secondo, ci sono ragazzi totalmente disinteressati ad una sequenza di attività che vengono barbaramente somministrate con obbligo quando nella loro vita l'unica cosa che vogliono è distanziarsi da quelle attività, e utilizzare quelle ore in modo diverso.
                  Ecco il punto: secondo me qui bisogna distinguere. :) Tu citi artistica, musica, le lingue al di fuori dell'inglese; e su queste sono d'accordo anch'io. Magari chi non le sopporta scoprirà solo dopo che gli piacciono (è successo a un mio amico con la musica), ma se anche non accadesse non sarebbe un danno per nessuno: una "sensibilità" in meno ma tempo in più per fare altre cose. Prendiamo ora spunto dall'ultimo esempio che ti prendo a prestito: al di fuori dell'inglese. Ora, a qualcuno potrà non piacere l'inglese, ma questo è necessario anche se sei ragioniere. È l'unico esempio di materia trasversale? Perché in questo caso lo studio dell'inglese, anche se duro per qualcuno, alla fine paga, e bene o male tutti lo imparano efficacemente (almeno per quel che serve loro).
                  Ecco, secondo me non è l'unico esempio. Platone diceva che la matematica serviva per formare il pensiero critico; ma della matematica in sé magari ai suoi allievi non gliene importava molto (vedi Aristotele). Ecco, io voglio dire solo questo: che lo stesso piccolo sacrificio che si fa per l'inglese e per la grammatica, e che Aristotele fece per la matematica, secondo me va fatto per il senso critico.
                  Le idee vanno coltivate, confrontate, soprattutto sviluppate. È solo questo che intendo con formazione culturale di base: non l'arte, non la musica, non la filologia fenicia. È solo questa la necessità che rivendico al pensiero astratto.
                  Ora, questo non significa dieci ore di materie astratte a ragioneria. Tre, quattro ore forse basteranno per far capire l'importanza del pensiero, nient'altro. Poi personalizzazione, etc.; mi verrebbe da aggiungere che per specializzarsi c'è già l'università, ma è vero che il mondo del lavoro è spietato e quindi prima ti specializzi meglio è (non è bello né giusto, secondo me, ma per ora è così).
                  Meno tempo dedicato a certe cose, ma veramente dedicato, porterebbe a sentirle più lievi, più amichevoli, e a capire veramente a cosa servono.
                  Quindi più che insistere sulla vastità dei programmi, come ho fatto prima, vorrei parlare della necessità di una formazione completa, anche se non approfondita: semplicemente far capire ai ragazzi che il mondo è grande, difficile, pieno di menzogne, e che solo un pensiero critico ed esperto può aiutarci; vero, l'esperienza arriva con l'età, ma a volte troppo tardi: e quindi perché non approfittare di ciò che "è già stato pensato" ed evitare sempre gli stessi errori? Purtroppo (e dico purtroppo) a volte l'educazione a casa non basta o non funziona!
                  E poi badate che il mio punto di vista non è quello dello studente di lettere o filosofia, semplicemente perché io non studio né lettere, né filosofia, né storia :P.
                  Infine, mi direte: sì sì, ma se uno vuole farsi da solo, senza rompersi l'anima con lo studio, magari facendo tanti errori ma senza dar noia a nessuno, perché non lasciarlo fare? È un sacrificio in meno per lui, e un bel risparmio per tutti, no?
                  Vero. Ma siamo in una situazione difficile, e quello che sarebbe vero nel mondo perfetto non lo è più se rapportato al contesto; e se tutti i ragionieri imparassero solo a far di conto, se tutti i fisici imparassero solo il muone del tau, se tutti i letterati imparassero solo le glosse all'Almagesto, beh, allora non dovremmo proprio stupirci sentendo dell'omertà, della mafia, dell'incapacità di uscire da certe situazioni di ottusità assoluta, né di un Heisenberg che presta il suo genio al demone della bomba atomica tedesca. Sto esagerando? No, purtroppo no: leggete i resoconti di Camus sulla Francia collaborazionista e vedrete quanti "onesti padri", non per salvaguardare la propria vita, ma solo per incapacità di capire, facevano cose che tacere è bello. E lo stesso nell'Argentina del '76-82, di cui ho esperienza diretta in famiglia; eccetera eccetera... La necessità di giustizia, di umanità, di mancanza di pregiudizi deve essere un convincimento dall'interno, non dall'esterno; altrimenti non funziona, non ha mai funzionato :)


                  Però, siamo un pochettino off-topic, non è vero? ;D
                  « Ultima modifica: Mercoledì 16 Set 2015, 15:39:29 da A.Basettoni »

                   

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