La cosa bella è che lì la scuola "si vive", ti offre le possibilità, nei sistemi europei molto spesso la scuola toglie lo spazio ad altro, e viceversa.
Vero. Ma non c'è confronto tra i programmi. In gran parte dei casi, laggiù (lo so sia per averlo letto sia, in un caso, perché me l'ha raccontato un mio compagno di scuola che fece la quarta in California) la scuola superiore non forma più di tanto, semplicemente ti mette in testa un po' di nozioni con le quali potrai intraprendere questa o quell'altra carriera. Quindi è vero che c'è molto meno conflitto tra dentro e fuori, ma è vero che (non ovunque, ma in media) c'è anche molta "acqua di rose".
Attenzione, questo non vuol dire che unire le due cose in Italia non sia possibile: ma la direzione di "adeguamento agli standard europei" non è quella giusta, in questo momento: so da insegnanti tedeschi che questo "adeguamento" è una scusa buffissima per abbassare gli standard dappertutto, millantando che negli altri paesi si studia meno teoria e si applica di più.
Ecco, quello che ho appena citato è un principio
perverso. Davvero, avrete notato dai miei post che io sono sempre molto conciliante su tutto, ma su questo punto non transigo: risolvere il problema scuola-lavoro o scuola-casa con la banalizzazione dei contenuti (
basta vedere i libri di testo: le eccezioni ci sono, ma combattono corpo a corpo con i "libri facili" con tante figurine, schemi concettuali, che illustrano molto e non dicono niente. Parlo di Letteratura, Matematica -non avete idea-, di Filosofia, di Storia, di tutto.) è un errore di civiltà.
Il "mito della prassi" è assolutamente nocivo: non possiamo rinunciare alle verità e agli insegnamenti che ci vengono dal pensiero passato e dal pensiero astratto per essere "competitivi" (parola tanto di moda!).
Un documento ministeriale a inizio anni 2000 (non sto scherzando) parlava tranquillamente di adeguare la scuola alla necessità di avere "forza lavoro competitiva spendibile sul mercato". Mah. Per me siamo già in una situazione di emergenza culturale (l'ultimo pensatore di rilievo in Italia per me è Calvino), se tronchi anche la possibilità di farsi una cultura solida siamo messi ancor peggio.
Poi è chiaro, bisogna trovare un compromesso: se avessimo mantenuto i vecchi programmi forse gli altri paesi ci avrebbero sorpassato sul piano della competitività (già lo fanno); piano del quale a me personalmente può importare assai, ma insomma bisogna essere realisti. Quindi ben venga (anche per i motivi, quelli sì
sacrosanti, citati da feidhelm) la riduzione delle ore. Meno necessario, secondo me, l'incremento dei laboratori negli scientifici, per dire, visto che per esperienza so che non servono a nulla, o quasi. Ma posso sempre sbagliare.
La questione internet/livello di attenzione: io l'ho vissuta in pieno nella sua crescita, considerando che sono del '94. Per me è nociva, poco da fare. Ti dà x e ti toglie dieci volte tanto in termini di tempo, microassuefazione, distrazione. E lì spesso "ci colpano" i genitori, incapaci di porre un freno al pargolame. Per carità, compito tutt'altro che facile, manca proprio una cultura in questo senso, ma non so quanti siano disposti a crearla...
Infine, i risultati: com'è messa la mia generazione? Molti miei compagni di Università (e badate che Pisa si vanta di essere la crème) sono piuttosto ignoranti, tranne che nel loro ambito. Probabilmente lo sono anch'io, eh, non voglio fare dello snobismo; però penso di aver avuto una formazione non da buttare. E sopratutto la media degli studenti, almeno qui, non ha un progetto, non dico nel senso privato, di carriera, ma una visione del mondo, se non dogmaticissima: una di quelle cose, insomma, che quando uno è giovane ha l'obbligo di avere. Sennò che ci stiamo a fare?
Quindi in conclusione: più tempo per giocare (ma non per spalmarsi di fronte al computer), meno asfittici compiti meccanici e ripetitivi, meno crocette nei compiti in classe (alimenta la bestiaccia che si chiama nozionismo), quindi più freschezza, più infanzia, più libertà di pensare con la propria testa, e convincere i ragazzi che quello che si studia a scuola
è importante ed è bello: non perché è applicabile in laboratorio, no no, sto parlando di Montale, di Kant, di Orazio, ma anche di Keplero, della scienza vera, quella che vuole capire il mondo, capirlo davvero, nient'altro; e sto parlando della matematica, che non è solo conti e parabole, né solo cervellotici problemi delle Olimpiadi...
Ah, sullo sport: mai andati d'accordo, io e lui.
Diciamo che ci tenevamo a reciproca distanza. Ogni tanto devo darmi un po' da fare per non finire come Leopardi, ma se non fosse per quello... Però credo che se ne avessi fatto (oltre a farmi bene) mi avrebbe portato via del tempo e non avrei avuto l'esperienza scolastica meravigliosa che ho avuto, alla quale sono orgoglioso di aver dato tutti i miei anni di scuola. Però questo riguarda solo me, lo sport, tranne il calcio ormai, è un'attività che non ha niente da invidiare a nessuno. Così come non ce l'ha il fruttivendolo, il medico, il falegname, e tutti i mestieri snobbati dalla gente che pur non avendo interesse per l'Università (e infatti trova molte difficoltà) ci va comunque perché sì!