La tua citazione da Sherlock Holmes dovrebbe spiegarti i vari "per quanto ne so" etc.: dato che conoscere TUTTI i fatti e' impossibile, riconoscere che le nostre teorie (cui non possiamo rinunciare, se vogliamo in qualche modo tentar di pensare) sono costruzioni basate su una conoscenza incompleta e' un metodo per evitare la trappola indicata da Holmes. Spero di essere stato chiaro su questo punto.
Per cominciare: quello che volevo far notare (cercando anche di far chiaro che stavo esponendo idee non mie, quindi idee che conosco solo parzialmente, ma che per il poco che ne so mi sembrano ragionevoli) era quanto fosse problematico cio' che tu indicavi come "fisiologico".
E su cio' che scrivi ora: quando dici
indichi una sola possibile spiegazione per il minor numero di donne impegnate in politica, e cioe' che sia dovuto ad una "percezione sociale" della politica come cosa da uomini. Fermo restando che questo minor numero e' un'ipotesi che noi due non siamo in grado di controllare, ti faccio notare che non mi e' chiaro cosa tu intenda dirfe con "percepita come una cosa da uomini". E' molto diverso, ad esempio, se le donne decidono di non impegnarsi in politica perche' hanno altri interessi (che so, la fisica nucleare), o se vengono distolte dall'impegnarsi perche' gli uomini intorno a loro ritengono che (per usare l'espressione piu' grossolana) "dovrebbero starsene ad accudir la cucina e la stanza dei bimbi".
Come ho appena cercato di illustrare, in mancanza di dati certi tu hai riassunto sotto un'unica etichetta (il "percepita come una cosa da uomini") tutto un fascio di possibilita' che a me paiono molto diverse tra loro. [Stavo per aggiungere "posso sbagliarmi, ma vorrei che mi spiegassi dove"; mi e' pero' sovvenuto il dubbio che tale spiegazione potrebbe non essere possibile, per il semplice motivo che stiamo esaminando i fatti (fatti che, ne conveniamo, conosciamo entrambi solo in modo parziale) usando cornici intellettuali incompatibili, sicche' l'unico modo perche' uno accetti i ragionamenti dell'altro sarebbe il buttar a mare il proprio paradigma. In soldoni: per quanto a te possa parer convincente una spiegazione del mio errore, io non riuscirei proprio a seguire la tua logica. Se cosi', l'unico beneficio che possiamo ottenere da questa discussione e' il prendere atto che si sono altri modi di vedere le cose.]
Vero; ma mi sembra l'assunto piu' neutro possibile. Se un partito attira molti piu' uomini, o molti piu' incapaci, mi aspetterei che non sia un caso. Ed essendo gli elettori grosso modo ugualmente distribuiti tra maschi e femmine, dovrebbe essere nell'interesse di ogni partito cercare di pescare ugualmente nei due generi.
Ragionamenti corretti, ma mi sembra non abbiano relazione col mio intervento. Io mi ero limitato a indicare come (a parer mio - lo dico perche' sia chiaro che non pretendo che il mio ragionamento sia una dimostrazione) l'obiezione di Gasparri sia basata su un argomento fallace.
Per cominciare: credo ci sia stato un certo fraintendimento. Prima di discuterlo (lo faro' fra un po'), cerco di analizzare la tua frase (non sono sicuro di capire quel che vuoi dire):
1) e' impossibile stabilire a priori il rispettivo livello dei candidati;
2) a posteriori possiamo giudicare solo le capacita' dei candidati vincitori;
3) non abbiamo nessun modo di sapere se gli sconfitti fossero di livello superiore o inferiore rispetto ai vincitori.
E' un'interpretazione corretta? Se si', dove sta il problema nell'imporre che tra i candidati (di merito ignoto) ce ne siano alcuni che soddisfano certi criteri? Alla fine, se avremo gente capace sara' solo una questione di fortuna (o di abilita' degli elettori nell'arte di indovinare a casaccio).
Quello che si sa discutendo e' se ci siano queste disuguaglianze e, se si', come combatterle. E questa per la mia coscienza civica non e' una questione oziosa.
Se "poche donne in politica" e' causa delle disuguaglianze, sembrerebbe sensato cercar di aumentare il numero delle politicanti; se e' conseguenza, meglio pensare ad altre azioni.
L'hai letto nel mio intervento? Un poco me ne stupisco: non mi sembrava di averci inserito un sistematico disprezzo per la meritocrazia. Ma ne sono fiero: odio e disprezzo il termine "meritocrazia" per come si e' imposto in Italia.
[Tanto per cominciare, a quanto vedo si vuole imporla solo in certi ambiti: e personalmente giudico pagliacci coloro che lodano la "meritocrazia" senza al tempo stesso insistere per l'imposizione di pesanti tasse sull'eredita'. Poi, in genere chi ne tesse le lodi sembra del tutto ignorare come non sia affatto semplice stabilire chi siano i migliori (e spesso da' l'impressione di intendere "me e qualche mio amico").
la meritocrazia, considerata come qualcosa "che tanto non c'è",: questo proprio non l'ho detto. Forse ti riferisci a "il piu' delle volte e' il contrario: ci sono molte persone piu' o meno dello stesso valore tra cui scegliere". E visto che sembri non averlo capito, lo spiego: la mia esperienza e' che di solito tra i candidati ad una posizione ce ne saranno alcuni immediatamente da escludere perche' di livello chiaramente inferiore a quel che si cerca; e talvolta, se si ha fortuna, ce ne sara' uno chiaramente superiore agli altri. Ma in genere capita che per un posto ci siano almeno tre candidati tra cui e' pressoche' impossibile (e probabilmente insensato) giudicare chi sia il migliore.
Tornando alle liste elettorali: in base a quanto ho detto, mi aspetto che tra i candidabili disponibili per un partito ce ne saranno alcuni decisamente migliori degli altri, e alcuni che sarebbe decisamente meglio non presentare; ma il grosso del gruppo disponibile sara' di persone di livello piu' o meno simile e a questo punto qualsiasi criterio e' buono per scegliere tra costoro. (Poi e' possibilissimo, come indicavi sopra, che un partito decida di candidare solo i peggiori; ma questo e' un problema loro e di chi li vota, non della legge elettorale.)
No, temo che tu non sia stato chiaro affatto. O che non abbia capito parti specifiche del mio intervento.
Per essere chiaro, la parte in cui contesti il mio ragionamento sulla "fisiologicità" del minor numero di donne che fanno politica, sembra rispondere più al mio primissimo post, che non a quello che citi. In quest'ultimo, infatti, sono abbastanza sicuro di aver scritto:
La questione è molto più semplice: cioè se ci siano un mucchio di donne che si impegnino in politica, ma rimangano a livelli di responsabilità bassini, ed esclusivamente-o quasi-per ragioni discriminatorie; oppure se di donne impegnate in politica-perché percepita (erroneamente) nella nostra società, come una cosa "da uomini" -ce ne siano di meno, e dunque è, per certi versi "normale" trovarne proporzionalmente di meno anche in posizioni di potere. Ti prego di notare le due alternative che pongo sono: SE le cose stiano in un modo, e subordinata a questa un'ipotesi sul POSSIBILE motivo; OPPURE SE stiano in un'altro modo, e di nuovo tra trattini una POSSIBILE spiegazione. Il che, a livello grammaticale prima ancora che semantico, significa che tu hai contestato la possibile spiegazione n°2, per dimostrare che non poteva essere vera, anzichè la dicotomia generale che cercava di esporre i termini del problema. Ma le spiegazioni possibili possono variare, i termini del problema no. E questi tu NON LI HAI contestati. Hai un po' eluso la questione.
Il punto ancora più fondamentale è quando dici che i miei ragionamenti, che definisci corretti, non hanno relazione col tuo intervento. Diamine se ce l'hanno!!! In pratica era proprio e tutto ciò di cui si parlava. E rispondeva PROPRIO al tuo post predcedente. Se non siamo d'accordo su quello, stiamo parlando della forma delle nuvole, e possiamo finirla qui. Od hai semplicemente ragione quando dici che, partendo da modelli di pensiero differenti, siamo quasi destinati a non capirci. (spero tu non intenda il tono del mio post, qui ed in precedenza, come sgarbato, in realtà sono tranquillo e, semmai, piuttosto stupito)
Dopodiché, mi pareva abbastanza chiaro che il mio ragionamento sul poter valutare la competenza dei candidati riguardasse non già gli elettori, ma i partiti che li candidano. Loro sì che possono farlo, meglio di noi di sicuro, ed è a questo che mi riferivo, ricollegandomi appunto alle dichiarazioni di Gasparri "se un partito ha/non ha...e deve candidare...". Chiaramente con "noi possiamo valutare solo dopo, in base a quello che fanno..." mi riferivo invece a noi elettori. In soldoni: un partito può sapere se, tra i propri candidati, ce ne sia uno più di altri meritevole, l'elettore può solo valutare l'operato,
ex post, del candidato che alla fine avrà vinto. Quindi non ha alcun senso dire, come fai tu, che grossomodo la maggior parte dei candidati sono sullo stesso livello, che è impossibile valutarne
ex ante le capacità, e che quindi tanto vale che vengano candidati sulla base di altri criteri. Un partito è perfettamente in grado di valutare se un candidato ha seguito, in passato, un certo percorso, e fatto bene il suo lavoro, oppure se è candidato per nepotismo: il fatto che candidino comunque spesso il secondo va a loro discredito, ma non è mica una buona ragione per farne una regola.
Nel mio intervento ho scritto che è difficoltoso stabilire se la minor presenza delle donne in politica ed altri campi causi disuguaglianze, oppure se le disuguaglianze, meglio da chiamarsi discriminazioni, causino una minor presenza delle donne in vari campi. E questo sì, è un cane che si morde la coda. Cosa è la causa di cosa? Se non lo si stabilisce prima, non si posson decidere gli interventi da adottare, o da non adottare. Dare per scontato che l'unica e sola ragione per cui ci sono meno donne in politica è la discriminazione, o supposta tale, operata nei loro confronti, significa decidere una relazione di causa-effetto senza darne la prova. Sartori nel suo
Homo Videns spiega bene come associare fra loro due fatti non significa che fra essi ci sia un rapporto di causa-effetto, potrebbero essercene altri, e bisogna provarli. Io posso ben ipotizzare, e sottolineo ipotizzare, una ragione, come tu la ragione opposta, ma che sulla base di un'ipotesi non dimostrata (o di una convinzione ideologica, che poi è la stessa cosa) si faccia una legge, mi pare un po' grossa.
Dopodiché, no, non hai proprio scritto che disprezzi la meritocrazia. Difatti io ho scritto che da quello che scrivevi, traspariva un sistematico disprezzo per la meritocrazia. Un'altra ipotesi, basandomi sugli elementi a mia disposizione, ovvero i tuoi scritti. Cosa che peraltro mi confermi di persona, ovvero, almeno in quel caso, ho fatto centro di certo.
Dopodichè (bis) sì, non credo proprio che i tuoi colleghi che parlavano di meritocrazia e lavoravano meno di tutti fossero sinceri. Ma questo è un problema dei tuoi colleghi, non del concetto di meritocrazia in se'. Peraltro il tuo riferimento al "lavoravano meno" fa abbastanza capire la tua affermazione precedente sul "per come è stata applicata in Italia". Lascia che ti dica che se una parola viene, concedimi il termine, sputtanata, perchè usata a sproposito da chi intende tutt'altro che il suo significato (potrei citarti anche Pace, Libertà, Democrazia, Giustizia, Equità, Uguaglianza, ecc, ecc), questa non è una buona ragione per smettere di difenderne il suo significato più vero. Od affossarlo del tutto.
Ps: che poi, Gasparri sarà un cretino, ma non generalizziamo, anche quando parlava dei collegi, si riferiva al fatto che in ogni collegio si dovessero candidare il 50% di uomini e donne, il che è un po' diverso dal dire che il suo partito, o qualunque altro, "non è in grado di attrarre abbastanza donne, e quindi peggio per loro" (ragionamento invero rozzo, sbrigativo, e che di nuovo sostituisce l'effetto con la causa), ma bensì che puoi anche essere in grado di garantire la parità-e se possibile la competenza-in vari collegi, ma non necessariamente in tutti i collegi d'Italia, come avrebbe voluto la legge poi non approvata.