Sono cresciuto con Paperino Paperotto, con le sue trovate geniali e il suo genuino entusiasmo per le cose semplici; era il personaggio più vicino a me quando leggevo Topolino da bambino, anche se erano gli anni in cui le sue storie migliori erano già state probabilmente scritte (dal 2004 in poi), eppure risplendeva ancora come stella di prima grandezza sul settimanale. Delle mitiche avventure del primo lustro del Paperotto ho solo avuto qualche assaggio sporadico, ed è per questo che sono corso in edicola a comprare il Classico di Aprile per recuperarne ben otto in una volta; ci ho messo un po' a leggerlo a causa di impegni vari e altre letture concomitanti, peraltro non volevo fare le cose di fretta, quindi ho finito giusto da un paio di giorni, e sono più che soddisfatto dell'acquisto.
Quelle di PP8 non sono avventure grandiose, non raccontano di tesori nascosti o enigmi indecifrabili o indagini mozzafiato; sono semplicemente i bei momenti di un'infanzia ormai tramontata; non significa che siano storie semplici da scrivere, anzi probabilmente ci vuole una cura maggiore nel raccontare il tempo regalato dei bambini, nel dipingere il romantico affresco della Quack Town che fu, che a narrare l'ultima impresa di Paperone o Paperinik; l'infanzia di Paperino si è compiuta in un periodo storico imprecisato, a causa delle numerose versioni discordanti di donrosiani e vecchia scuola italiana, dei decenni che passano anche per il fumetto Disney e del periodo in cui la serie è nata - gli anni '90, in cui vigeva una libertà narrativa relativamente maggiore rispetto a quella odierna, e probabilmente si consideravano ancora Elvira e Scrooge fratelli; è vero che oggi leggiamo storie di Fantomius che fanno riferimento al ritorno di Paperone a Paperopoli negli anni '30, e dunque l'infanzia di Paperino sarebbe da ricondurre a un'epoca decisamente estranea ai lettori, ma la serie di PP8 rimane beatamente aliena da ogni riferimento temporale specifico (anche se, da diversi particolari potremmo ragionevolmente escludere i remoti anni '30).
I disegni non sono un aspetto da sottovalutare: il Paperotto è stato sicuramente ritratto in tutta la sua carica dirompente innanzitutto dal mitico Alessandro Barbucci, mentre la versione di Stefano Turconi si distingue per una dolcezza e una cura particolari (e come dimenticare il suo Battista giovane?). Per quanto riguarda gli sceneggiatori, le storie più memorabili le scrive, manco a dirlo, lo stesso curatore del Classico, che ha sempre avuto la capacità di imbastire trame non scontate e articolate, e un coro di personaggi perfettamente calati nel proprio ruolo, pur mantenendo atmosfere di assoluta leggerezza tipiche di un racconto per bambini; ma sono molto belle anche le storie di Davide Catenacci e Gaja Arrighini, per citarne due, mentre Augusto Macchetto è naturalmente calato nella realtà a lui congeniale dei racconti d'infanzia, e a Diego Fasano va riconosciuto il merito di aver scritto la storia "big bang" della gloriosa epopea. La frame-story si inserisce in modo credibile tra un'avventura e l'altra e sullo stesso piano temporale, come se l'autore volesse sottolineare con quanta semplicità si possa tornare al magico mondo di Quack Town anche dopo tanti anni; i disegni di Andrea Malgeri sono molto curati e gradevoli, e, anche se (de gustibus) risultano i più "frecceriani" e "classicheggianti" di tutto il volume, benché siano i più recenti, portano a casa il risultato.
Mi sono rimaste impresse tante cose, in particolare gli splendidi scorci silvestri in
Paperino Paperotto e i sentieri dell'altro ieri, di un Turconi in stato di grazia; i semplici ma elegantissimi
outfit della Witchcraft in
Paperino Paperotto e i malaffari di cuore, la danza della pioggia dei paperotti, le torte della nonna, gli occhioni dolci di un paperotto arruffato in
Paperino Paperotto e un vaso di guai, il caldo, il sudore, la polvere, la fatica e il refrigerio di
Paperino Paperotto e il giorno più duro; fotogrammi anche della mia infanzia, scatti che mi aiutano a ricordare quello che ero anche io e i valori, i sogni che mi animavano; sono cresciuto, e guardo a molte storie del settimanale dell'epoca Muci con disinteresse per l'eccessiva ingenuità e banalità; eppure Paperino Paperotto continua a piacermi al punto da comprare un classico che lo riguarda, e a farmi sospirare di serenità quando lo leggo