Uhm, gli ultimi due racconti mi hanno lasciato un po' inquieto, soprattutto l'ultimo... Non riesco a non pensare che ci sia della malinconia di fondo, nei tuoi testi...
Be', lo scopo è anche quello di provocare emozioni al lettore, di "colpirlo", metaforicamente parlando ovviamente, di stupirlo.
Ma ecco un altro testo:
UNA MAGNIFICA ALCHIMIA
Oggi sono andato al mare. Sono in vacanza. La mattina presto sono andato in spiaggia, mi sono sistemato con la mia famiglia e via, verso la sterminata distesa d’acqua che ci sta di fronte. Mi incammino, con passi decisi ma allo stesso tempo morbidi, per assaporare al meglio la freschezza della sabbia da poco baciata dai caldi raggi del Sole. Ho quasi raggiunto l’acqua, quando una timida onda, lenta e delicata, tenta di afferrarmi il piede e, subito dopo, se ne torna da dove era venuta. Continuo ad avanzare, e mi ritrovo con i piedi completamente immersi, con l’acqua che mi arriva fino alle caviglie. Mi fermo, con gli occhi chiusi. Le sensazioni sono magnifiche: la tranquillità, la quiete sono talmente nitide che si possono prendere in mano e portare a casa, conservare. La piacevole, fresca e inebriante brezza marina accentua il senso di benessere che mi ricopre, come un magico campo di forza gigante. Il Sole accarezza il mio corpo con una tale sensibilità, che pare quasi un massaggio rilassante. Per qualche minuto io non appartengo più a questo mondo, sono in una dimensione parallela che ho creato con l’aiuto della fantasia. Il mio pensiero va unicamente lì. Il cielo, tutto azzurro con qualche pennellata di bianco corrispondente a candide nuvolette, contempla con me la situazione. Mi sento talmente bene che sto per addormentarmi. Riapro gli occhi e vedo tutto diverso. Tutto mi sembra migliore. Tutto è migliore, perché un arcobaleno ha appena attraversato questo tratto di mare.
Che bello.
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E ci aggiungo questo:
RACCOLTA DI METAFORE E RIFLESSIONI
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La timidezza è un genio che va compreso e apprezzato.
La paura è un bambino che va coccolato e rassicurato.
La malattia è un parassita che non si ferma davanti a niente, progredisce sfrenatamente fino a quando non ha terminato il suo compito, risucchiando la vita in un misterioso vortice permeato di terrore e sofferenza.
La vita è un disegno. Per alcuni è chiaro e nitido, altri non lo capiscono bene e ci mettono anni a comprenderlo, altri ancora non riescono proprio a interpretarlo. Basta strappare il foglio perché il disegno scompaia. Pertanto questo benedetto foglio va tenuto bene, senza ungerlo, stropicciarlo o far sbavare l’inchiostro, altrimenti il disegno si rovina e niente ha più un senso.
Il dolore è un profondo baratro, un pozzo senza fine. Solo superandolo se ne esce. Alcuni dolori passano, altri restano: una cicatrice dolorosa che ogni tanto torna a farsi sentire. Basta stuzzicarla. Non si fa aspettare più di tanto.
La felicità è un arcobaleno su un mare di certezze, sotto un cielo azzurro di dolcezza e serenità, in un mondo fantastico.
La vita è un libro tutto da scrivere, una maratona tutta da correre, una partita tutta da giocare. Può andare bene o male, come tutte le cose, ma l’importante è la consapevolezza di avercela messa tutta, dall’inizio alla fine, di non avere rimpianti, di avere sempre fatto la cosa giusta.
La nostalgia talvolta è giusta, sarebbe strano se non ci fosse. Ma non deve essere esagerata. Ormai i tempi passati sono finiti, non esisteranno mai più, se non con qualche strascico. Adagiarsi e ristagnare nel ricordo dei bei tempi andati a lungo andare può essere deleterio. Certo, fa sempre piacere rammentare i begli episodi della vita, della giovinezza. Ma, secondo me, se ci si concentra più sulle cose belle del passato che sul presente, quest’ultimo apparirà più brutto e ciò spingerà ad avere un atteggiamento un po’ più pessimistico nei confronti della vita odierna. E questo non deve accadere.
Il rimpianto e il rimorso sono brutti. Possono logorare l’anima. Se, poi, riguardano cose importantissime della vita, possono persino spingere ad atti inconsulti, a gesti estremi. Sono come forbici che cominciano a tagliare il fragile tessuto dell’anima e non si fermano, non si sa per quale motivo, ma continuano inesorabilmente e senza freni.
La tristezza è un deserto sterminato, disabitato. Una spiaggia di ossa secche, di corpi senza vita. Un mare completamente inquinato. Un cielo nero senza stelle. Un incendio in una foresta. E tante altre cose, purtroppo.
La sofferenza corrode lo spirito, talvolta lascia un segno indelebile che non si potrà mai rimuovere, perché, anche se non rimanesse sul corpo, continuerebbe ad esistere attraverso il ricordo, che la potrebbe far ritornare in qualunque istante, ridonandole linfa vitale, e permettendole in questo modo di continuare a svolgere il suo terribile e deplorevole compito, che è doppiamente malvagio: far male e far ritornare a stare male ogni volta che il ricordo glielo permette. Oltre al danno, la beffa, come si suol dire.
Il piacere è un’onda di acqua fresca che ti investe e accarezza dolcemente.